La location della mostra è sicuramente suggestiva, situato nella Marmilla, alle pendici della Giara su una altura immersa nel silenzio che sovrasta il vento e il gracidio discreto di corvi in lontananza. Mi hanno accompagnato i miei nipotini di 4 e 3 anni che si sono comportati egregiamente, incuriositi dalle suggestive armature e dalle maschere da guerra. La penombra illuminava le sale espositive e le opere erano protette da teche ben illuminate. Sottofondo, una discreta musica rimandava a recenti rappresentazioni di filmografia occidentale sul Giappone e i suoi guerrieri. Forse avrebbero potuto anche tralasciare questo tocco coreografico ma i visitatori non ne sembravano disturbati.
A parte questo piccolo appunto, direi trascurabile, ho potuto notare un impegno notevole nel rimanere attinenti alla storia reale e alla sua valorizzazione con una esposizione che procedendo dal percorso creativo mitologico religioso del Giappone con la conseguente nascita della stirpe divina che avrebbe popolato le isole del sol levante, passava discretamente attraverso i vari periodi storici, Nara, Heian ed epoche successive, osservate e trasposte attraverso il succedersi delle innumerevoli stirpi guerriere, i samurai, che ne forgiarono gli eventi fino all'editto imperiale dell'ultimo terzo del XIX secolo che ne sanci la fine. Una ambientazione simile mi ha ricordato la qualità espositiva del Nezu Museum visitato a Tokyo e quindi onore al curatore e ai collaboratori della struttura museale di Sa Corona Arrubia, veramente impeccabili nella proprietà del linguaggio figurativo e attinenza descrittiva di storia, costumi e in particolare del senso profondo della via, il Bushido, costantemente presente nella esposizione delle guide. Un profondo rispetto per la storia di quel popolo è la sensazione che sono riusciti a trasmettere ai visitatori presenti.
Detto questo, passando all'analisi tecnica delle opere esposte, ho osservato delle pregevoli e ben conservate armature, splendidi kabuto, pregevoli mempo, tsube di grande qualità che tutti i visitatori dello Stibbert hanno già avuto modo di apprezzare. Quello che mi ha deluso un pò sono state proprio le lame, sia per il limitato numero che per la qualità: a parte una Kanemoto di terza o quarta generazione datata fine 1500 con un hamon sambon sugi e koshirae shinshinto, bisognosa di una politura d'urgenza, le altre lame si presentavano in uno stato di conservazione penoso per una collezione tra le più cospicue al di fuori del Giappone , quale lo Stibbert rappresenta. Manca, è lampante, una attenzione alla conservazione e valorizzazione delle spade, assolutamente non all'altezza delle restanti opere in esposizione. Il museo di provenienza non l'ho visitato e non posso dire se qui è stato inviato un campione di lame secondarie, e nemmeno mi è sembrato che durante il passaggio tra le teche i visitatori abbiano percepito lo stato di degrado, per fortuna direi, perchè non erano all'altezza del contesto. Le opere più rappresentative del bushido, erano anche quelle più modeste qualitativamente. Ruggine, abrasioni, punte spezzate, lame di ignota fattura, rimaste come furono scoperte allora da quello straodinario collezionista ottocentesco che viaggiava per il Giappone dell'epoca in cerca di tesori ancora non conosciuti in occidente.
https://youtu.be/75kq7z2imjc
https://youtu.be/LLq96Xr9WUY
https://youtu.be/e2can1CpAAk
https://youtu.be/v-5bjydwszs
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