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mauri

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messaggi di mauri


  1. Claudio, quello che l'ha trovata ha più C... di un cercatore di funghi con l'aureola, prova a smontarne l'impugnatura (sul forum ci sono articoli che spiegano come si fà) e poi fotografa la parte coperta da quest'ultima magari hai riportato alla luce una Masamune scomparsa ed a quel punto forse conviene rimetterla a posto.


  2. Per rispondere anche a Maurizio, un politore immagino che sappia riprendere almeno in modo decente uno hi e lucidarlo come si dovrebbe, altrimenti mi ritengo dei dubbi anche sul resto del lavoro.... Per inciso riprendere con le sgorbie e quant'altro un horimono complesso è un altro par di maniche, anche in Giappone questi lavori gli ho visti fare più spesso dagli tsubashi (o da kaji stessi) che dai togishi.

     

    E' appunto per questo che ti chiedevo di cosa si tratta, lo hi puo essere polito dallo stesso che ripristina il tutto, ma, non sempre un drago o altro è compito del politore, penso che Y.Y. essendo uno che su richiesta fornisce lame con questi "disegni" particolari sia in grado anche di effettuare un restauro, ma non tutti sono capaci di intervenire su un particolare che è scultura e che nella maggior parte dei casi vengono finiti a brunitoio per seguirne i dettagli.

     

    Vedi: http://www.samuraisword.com/nihontodisplay/other/kiyomaro/


  3. Purtroppo non ho conocenza della lingua Cinese, le traduzioni, a parte rari casi, mi sembrano un pò tutte uguali, si usano gli stessi termini, le sfumature che sicuramente danno sapore, sembrano dettate dallo stesso crogiuolo.

    Quando leggo un libro come questo mi limito al contenuto nudo, in questo caso lo trovo simile ad altri di autori anche Giapponesi, le storie hanno lo stesso fine ed i concetti si possono specchiare gli uni con gli altri.


  4. Qualcuno lo ricorderà per i disegni di Milo Manara, ma l'idea di base è questo libro:

     

    851629a314c0228e2476b1703c719f9a_w240_h_mw_mh_cs_cx_cy.jpg

     

    RISVOLTO

    Uno dei quattro grandi romanzi classici cinesi, Lo Scimmiotto, fu scritto dal letterato Wu Ch’êng-ên nel secolo sedicesimo, ma il materiale della storia è un immenso ciclo di leggende che si era accumulato per centinaia di anni intorno al «viaggio verso l’Occidente» – cioè verso l’India – del monaco Hsüan Tsang, poi detto Tripitaka, per raccogliervi scritture sacre buddiste e introdurle in Cina. La vicenda comincia con la nascita di una scimmia da un uovo di pietra: è lo Scimmiotto, che presto sarà eletto Re delle Scimmie. Essere prodigioso e beffardo, dalla inesauribile vitalità, Scimmiotto adopera astuzie e artifici magici per diventare immortale e, poi, per portare lo scompiglio e la guerra nel cosmo, subissando i celesti con le sue sempre eccessive trovate – ed è una delizia seguire il turbamento provocato nei cieli cinesi, affollatissimi di esseri divini, da questo indiavolato trickster. Infine, nella seconda parte, Scimmiotto, assieme a due altri compagni – Porcellino e Sabbioso, che simboleggiano due potenze dell’essere umano – si riscatterà dalle sue malefatte aiutando Tripitaka nel suo arduo viaggio.
    Tutto il libro è un moto inarrestabile di fatti e sorprese, un grande romanzo di avventure che ne contiene in sé tanti altri. Aprendosi la strada nella selva di queste vicende il lettore si renderà conto a poco a poco che Lo Scimmiotto è anche un’allegoria, un viaggio mistico, una satira sociale, e vi scoprirà un immenso repertorio di pratiche e tradizioni religiose. Il cielo e i suoi abitanti sembrano qui essere un travestimento della terra e degli uomini, la terra una continuazione del cielo: sfrontatezza e devozione, familiarità con la natura e i suoi prodigi, sapienza psicologica, diffusa ilarità convivono tranquillamente in questo mondo fondato sulla magia, in queste vicende che sembrano fatte per essere raccontate a dei bambini e insieme sono cariche di sottintesi, sicché giustamente ebbe a dire di questo romanzo il suo congeniale traduttore, il grande sinologo Arthur Waley: «Lo Scimmiotto è unico nel suo complesso di bellezza e assurdità, di profondità e insensatezza».

     

    Preso da: http://www.adelphi.it/libro/9788845900686

     

    Per chi non ricorda Manara:

     

    8651738608d6d098c2c2fd80c174df0a.jpg

     


  5. Grazie Francesco per questo articolo.

    I Giapponesi nella maggior parte dei casi, compresi tanti che ruotano attorno alle lame, non ammetterebbero mai che queste ultime siano il risultato di mutazioni non autoctone, la stessa cosa dicasi per le fornaci di produzione del loro ferro.

    Ma è ormai appurato che anche le prime loro lame in ferro di un certo valore d'utilizzo, provenissero dalla Corea e che parecchie famiglie coreane che erano dedite a questo lavoro siano emigrate in Giappone nei primi tempi in cui c'è stata richiesta di questi manufatti.

     

    E' altrettanto vero però che coloro che ad oggi hanno mantenuto le loro tradizioni più degli altri sono questi:

     

    ainu1.jpg hqdefault.jpg

    Può essere che questi siano i veri Giapponesi e gli altri siano il risultato di contatti... non solo commerciali?


  6. Sul forum in vario modo si era parlato di questo argomento, per recensione di libri o solo analogie, c'è un film che in qualche maniera anche in chiave moderna ci riporta a questa storia,questo:

    https://it.video.search.yahoo.com/search/video;_ylt=A9mSs2DavMpXnpAAfQobDQx.;_ylu=X3oDMTByZmVxM3N0BGNvbG8DaXIyBHBvcwMxBHZ0aWQDBHNlYwNzYw--?p=Ronin+Film&fr=yfp-t-909-s#id=7&vid=e29dcb798bb9446cb48dcc80e457c40c&action=view

     

    Nel forum: http://www.intk-token.it/forum/index.php?showtopic=2181&hl http

    ://www.intk-token.it/forum/index.php?showtopic=2181&hl http

    ://www.intk-token.it/forum/index.php?showtopic=3055&hl http

    ://www.intk-token.it/forum/index.php?showtopic=8115&hl

     

    Nel film, se non ricordo male, uno dei personaggi ( Jean Pierre) ricostruisce proprio il plastico dell'attacco dei 47.

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