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Roberto Peruch

aspetti religiosi di connessione tra forgiatori e samurai

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Ma sopratutto una cosa, almeno per come la penso io, e con il massimo rispetto, il collezionista non è un mercante. Disdegna la vendita dei propri pezzi, anche quelli di valore e pregio più bassi, perché ogni singolo tassello della collezione caratterizza il suo essere collezionista e privarsene per il solo scopo economico, infrangerebbe la poesia che sta dietro al raccogliere ed amare oggetti appartenuti ad altri, che passeranno per le sue mani per il solo e brevissimo tempo di una vita.

 

Sono daccordo con la vostre visioni riguardo al collezionismo e nel rivalutare anche la figura del collezionista come appassionato d'arte. Non sono proprio daccordo sul rivendere. Secondo me anche sentimentalmente un collezionista per varie vicissitudini personali può anche in un momento non sentirsi più appagato da un opera d'arte in genere e venderla anche perchè così finirebbe nelle mani di qualcuno che può in quel momento apprezzarla più di lui. E purtroppo anche vendere una spada per problemi economici o per comprarne una che in quel momento ti ispira sentimentalmente di più io non lo disdegno. Comunque io non ho spade per e magari non posso capire...certo aborro la figura dei collezionisti arricchiti che accumulano solo per ostentare senza nessuna passione.


Le questioni di maggiore gravità vanno trattate con leggerezza

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Sono daccordo con la vostre visioni riguardo al collezionismo e nel rivalutare anche la figura del collezionista come appassionato d'arte. Non sono proprio daccordo sul rivendere. Secondo me anche sentimentalmente un collezionista per varie vicissitudini personali può anche in un momento non sentirsi più appagato da un opera d'arte in genere e venderla anche perchè così finirebbe nelle mani di qualcuno che può in quel momento apprezzarla più di lui. E purtroppo anche vendere una spada per problemi economici o per comprarne una che in quel momento ti ispira sentimentalmente di più io non lo disdegno. Comunque io non ho spade per e magari non posso capire...certo aborro la figura dei collezionisti arricchiti che accumulano solo per ostentare senza nessuna passione.

 

Per come la penso io e senza presunzione di assioma, il collezionista, quello vero, quando compra è mosso sia da motivi di "pancia", che pur sono importanti, ma soprattutto da ragioni profonde e meditate. Per tale ragione ogni suo acquisto non dovrebbe essere mai estemporaneo e perciò non soggetto in futuro ad essere messo in discussione con una rivendita dell'oggetto. Se c'è tale presupposto e se la scelta è stata, come dovrebbe essere, ben ponderata, un pezzo, anche se comprato molti anni addietro, appagherà sempre.

Vendere per problemi economici, invece, è un'altra questione. Se proprio non si può andare avanti è del tutto ammissibile. Il problema, in questi casi, è però che non si vende, ma si svende, perché costretti a capitalizzare e si è in balia dell'offerente, che novanta volte su cento, strappa un prezzo più basso, puntando sul "bisogno" del venditore. Anche quì, a meno di casi particolari, il buon collezionista prevede. Sa cosa può e non può comprare, quando farlo, ma soprattutto se potrà privarsi di una parte dei suoi soldi senza rischiare di dover un giorno tornare in dietro.

Ringraziando il cielo, finora non mi è mai capitato di dover vendere per necessità, certamente se dovessi, lo farei, ma altrettanto certamente lo farei con la morte nel cuore.

Quello a cui mi riferivo con la mia considerazione precedente è l'usanza di comprare per rivendere. Prendere pezzi, sistemarli e rimetterli in commercio. Per carità, nulla di illecito, ma svilente per gli oggetti e le persone che li hanno posseduti. Tale discorso non è riferito hai "commercianti" che per mestiere hanno scelto di far questo, ma a quei tanti sedicenti collezionisti che si improvvisano mercanti a fiere da bancarella. Secondo me è triste vedere su una bancarella, immezzo alla paccottiglia, sugli altri banchi un "mercante" che vende oggetti d'arte (lame è più difficile, viste le restrizioni di legge, ma mi è capitato di vederne). La scusa che questi signori usano sempre è: "vendo perché debbo comprare un pezzo che mi interessa", oppure "vendo perché o deciso di cambiare la mia collezione" o tante altre menate senza senso che nasconodo solo il poco rispetto verso gli oggetti comprati.

Nulla contro la vendita quindi, ma contro i collezionisti venditori si e con molta virulenza!

Una lama la si compra per possederla, studiarla, perdersi nelle trame dell'acciaio, sognarci mentre la si pulisce, esporla (che poi vuoli dire non esporla) in un fukuro ben chiusa al riparo dalla luce e dalla polvere, sentirne la mancanza quando l'hai mandata a far polire all'altro capo del mondo e godere della sua vista quando ti ritorna. Venderla non è e non deve essere un piacere se la si è comprata per possederla.

Almeno così e come la penso io....


"The credit belongs to the man who is actually in the arena; whose face is marred by the dust and sweat and blood; who knows the great enthusiasms, the great devotions and spends himself in a worthy cause;[...] who at the best, knows in the end the triumph of high achievement, and who, at worst, if he fails, at least fails while daring greatly; so that his place shall never be with those cold and timid souls who know neither victory or defeat"

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Tale discorso non è riferito hai "commercianti" che per mestiere hanno scelto di far questo, ma a quei tanti sedicenti collezionisti che si improvvisano mercanti a fiere da bancarella. Secondo me è triste vedere su una bancarella, immezzo alla paccottiglia, sugli altri banchi un "mercante" che vende oggetti d'arte (lame è più difficile, viste le restrizioni di legge, ma mi è capitato di vederne). La scusa che questi signori usano sempre è: "vendo perché debbo comprare un pezzo che mi interessa", oppure "vendo perché o deciso di cambiare la mia collezione" o tante altre menate senza senso che nasconodo solo il poco rispetto verso gli oggetti comprati.

Nulla contro la vendita quindi, ma contro i collezionisti venditori si e con molta virulenza!

 

Dio quanto hai ragione! E quanto mi fa piacere che a dirlo non sia io! Ho avuto a che fare con personaggi del genere, alcuni esattamente come li hai descritti. Inutile dire che abbia troncato i rapporti quasi sul nascere.

Grande Giova hai ragione in pieno. C'è gente in giro che compra pezzi devastati su ebay e poi li sgarrupano in garage con quattro mole per presentarli come pezzi di valore ad incauti acquirenti o ...ai propri...allievi.

...ed è vero c'è anche chi fa le bancarelle spacciandosi da conoscitore, o appoggiandosi a qualche referenza, o cercando in giro (mendicando viscidamente) l'appoggio di qualcuno riconosciuto come autorevole.

Pessima categoria, che fa del male a tutti coloro che operano seriamente, commercianti, restauratori, istruttori di a.m. o collezionisti che siano.

Mala tempora si diceva altrove. ;)


Mani fredde, schiena curva, odore di pietre bagnate. Questo è il togi.

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Dio quanto hai ragione! E quanto mi fa piacere che a dirlo non sia io! Ho avuto a che fare con personaggi del genere, alcuni esattamente come li hai descritti. Inutile dire che abbia troncato i rapporti quasi sul nascere.

Grande Giova hai ragione in pieno. C'è gente in giro che compra pezzi devastati su ebay e poi li sgarrupano in garage con quattro mole per presentarli come pezzi di valore ad incauti acquirenti o ...ai propri...allievi.

...ed è vero c'è anche chi fa le bancarelle spacciandosi da conoscitore, o appoggiandosi a qualche referenza, o cercando in giro (mendicando viscidamente) l'appoggio di qualcuno riconosciuto come autorevole.

Pessima categoria, che fa del male a tutti coloro che operano seriamente, commercianti, restauratori, istruttori di a.m. o collezionisti che siano.

Mala tempora si diceva altrove. ;)

 

Ad essere sincero ho descritto proprio due mie vecchie conoscenze! l'ambito era musicale, ma non fa molta differenza e l'approccio era quello che ho scritto. Uno dei due, essendo uno "stupido" ricco riesco anche a giustificarlo, poverello, non ci arriva, ma fa tanto danno comunque. L'altro era, ed ho paura che sia ancora, solo un opportunista degno al massimo di una gogna.

Ci sono però anche casi che bilanciano la stupidità di molti. Quì a Roma in un famoso e bellissimo negozio di antiquariato militare ho assistito ad una scena che no dimenticherò mai. Ero a conversare col proprietario quando entra un cliente che inizia a fare domande su qualche pezzo. All'inizio sembrava anche serio, si interessava e chiedeva spiegazioni. Si vedeva che aveva grande disponibiltà economica e voleva comprare qualcosa. L'atteggiamento però col chiacchierare del propritario del negozio, vero appassionato del genere, è modificato divenendo arrogante e saccente.

A quel punto aveva anche deciso di prendere una bella lama da generale di cavalleria francese del periodo napoleonico (per la cronaca costava più o meno come una Juyo!) lavorata a bulino sulla lama e con una montatura veramente notevole. Il proprietario però, visti modi, ha risposto dicendo che non era in vendita. Lui ha anche offerto qualcosa di più, ma il proprietario ha ribadito che non era in vendita e che per tipi come lui in quel negozio nulla era in vendita!

Quando è uscito (non poco stizzito) ho chiesto il perché non l'avesse venduta. Il proprietario mi ha risposto "è lì da dieci anni, altri dieci ci può stare, ma non può stare nemmeno un minuto in mano di un cazzone del genere, non la merita". Ribadisco che il prezzo era veramente alto, ma il negoziante se ne è infischiato!

Per tanti "mercanti" sfruttatori e mediocri, c'è almeno qualche commerciante appassionato e serio!!!


"The credit belongs to the man who is actually in the arena; whose face is marred by the dust and sweat and blood; who knows the great enthusiasms, the great devotions and spends himself in a worthy cause;[...] who at the best, knows in the end the triumph of high achievement, and who, at worst, if he fails, at least fails while daring greatly; so that his place shall never be with those cold and timid souls who know neither victory or defeat"

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Di certo è una visione molto interessante, spero di poter un giorno provare queste cose, allora saprò.


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Cosa si può dire, che già voi non abbiate con giustezza espresso.

 

Per come la penso e sento io la parola "collezionista" non esiste.

 

Non so, lo ammetto, quale altra parola possa definire la figura espressa da giova, ed alla quale anche io più mi riconosco, ma non riesco far a meno di collegarvi (alla parola) anche l'ombra incombente di quell'accezione che avete ben disprezzato e che, purtroppo, oggigiorno sembra essere la più diffusa.

 

Per me custodire (non detenere) un oggetto (di qualsiasi tipo, lama, quadro, peluche) o dieci non vi è differenza se quell'oggetto ti ispira una passione ed un amore molto simile a quello che proveresti per una persona.

 

Conoscenza avete detto.

 

La sensazione, ogni volta le lo osservi o tieni tra le mani di entrarvi dentro, seguendo ogni linea, ogni sfumatura, e di poter vedere oltre la materia stessa seguendo il suo tempo a ritroso, vedendone la storia, sua e di molte o poche altre persone che ad esso si sono collegate.

 

In tal senso allora può essere, per me, considerato "non-collezionista" chiunque abbia anche solo una cosa che però ha per lui un valore che va ben oltre il valore veniale, che viene praticamente annichilito al confronto: perchè l'oggetto in se può anche non "costare" nulla ma avere un valore grandissimo per chi lo conserva.

 

Continuo ad usare il verbo "conservare" perchè ritengo, forse sbagliando, che chi "non-colleziona" tende naturalmente alla conservazione dell'oggetto in questione, a far si che il suo deterioramento sia il più possibile arrestato e sentirebbe piangergli il cuore al solo pensiero di doversene separare. Pensiamo al vecchio diario di scuola, con le note dell'insegnante di italiano e le firme e i disegnini dei compagni ed amici che non vediamo e non vedremo probabilmente più, ed il cui unico ricordo (bello o meno bello) rimane in quelle pagine di cui fatichiamo a disfarci.

 

Certo l'affezione potrebbe facilmente sfociare, se non controllata dalla ragione, nel accanimento (od ossessione) ma sono casi che non ritengo degni di considerazione, visto il mio generale disappunto per gli atteggiamenti estremistici.

 

In tal senso ci si sentirebbe meno tristi, nel privarci di quell'oggetto, se spinti, per esempio, a donarlo (non rivenderlo) a qualcuno che sappiamo potrebbe apprezzarlo quanto e forse anche più di noi, sapendo di fare una cosa gradita (a chi lo riceverà) e quindi gradita anche a noi, e sicuri di aver comunque infuso un altro tassello di storia alla sua storia.

 

Vedi ad esempio la lama di thomas. La scoperta di una tale gioiello e della storia che ha portato quel gioiello nelle nostre mani può affascinarci tanto da farci passare in secondo piano qualsiasi spesa che può rendersi necessaria per un adeguato restauro così come le notti passate a studiarne ogni più piccolo aspetto od alla ricerca del più piccolo indizio storico. Inevitabilmente noi diveniamo parte di quella storia e per questo ci sentiamo ancora più legati e responsabili per esso.

 

Come disse quella dama a salotto con le amiche che le mostravano i gioelli di cui si adornavano, e che lei non poteva permettersi: "queste sono le mie gioie", mostrando i propri figli... a dire che è l'amore che mettiamo in ciò che facciamo, creiamo, custodiamo, a dargli (forse solo per noi) un valore, più che i soldi.

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Concordo in parte Sashimi. L'atto del collezionare, scevrato dall'accezione negativa che il termine spesso ha, è un atto di selezione, meditata e motivata. Il collezionare prevede una cernita di pezzi che val la pena, secondo logiche proprie o oggettive, "mettere insieme". Se non si rispetta tale principio, non si è più collezionisti, ma "accantonatori". Il valore personale che si può dare ad un oggetto è sì importante, ma non determinante per fini collezionistici. Se poi le due cose combaciano, tanto meglio. Il vecchi diari di scuola, per quanto rappresentino oggetti carico di significati, non possono essere soggetti da collezionare, così come non lo sono le stecchette dei gelati mangiate al mare con le ragazze o altri oggetti che ricordano momenti felici della nostra vita. Quello non è collezionismo, ma la rappresentazione fisica, tramite un oggetto carico di significati personali, di un momento degno di essere ricordato.

Il collezionismo è un'altra cosa, quello che descrivi tu, per quanto importante, forse anche di più, è una cosa diversa.

Un'ultima cosa: anche il collezionista (mi ripeto, quello vero) ha come principio la conservazione dell'ogetto o dell'opera, anzi direi che è un'aspetto fondamentale del collezionare.

Giovanni


"The credit belongs to the man who is actually in the arena; whose face is marred by the dust and sweat and blood; who knows the great enthusiasms, the great devotions and spends himself in a worthy cause;[...] who at the best, knows in the end the triumph of high achievement, and who, at worst, if he fails, at least fails while daring greatly; so that his place shall never be with those cold and timid souls who know neither victory or defeat"

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A volte mi sembra che non ci si voglia rendere conto che se non ci fossero e non ci fossero stati i collezionisti forse saremmo più poveri anche noi:

Nell'arte moderna i vari musei derivano da collezioni,

Arte Orientale:Stibbert ed Edoardo Chiossone di Genova e altri ancora

Musei un pò così: Poldi Pezzoli, Amedeo Lia, Uffizi, Pitti,

sono solo alcuni che devono la gran parte se non la totalità dei loro contenuti al vituperato collezionismo.

Ben venga il collezionismo quando poi diventa questo.


"accorciati la firma". Ernst Jünger

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A volte mi sembra che non ci si voglia rendere conto che se non ci fossero e non ci fossero stati i collezionisti forse saremmo più poveri anche noi:

Nell'arte moderna i vari musei derivano da collezioni,

Arte Orientale:Stibbert ed Edoardo Chiossone di Genova e altri ancora

Musei un pò così: Poldi Pezzoli, Amedeo Lia, Uffizi, Pitti,

sono solo alcuni che devono la gran parte se non la totalità dei loro contenuti al vituperato collezionismo.

Ben venga il collezionismo quando poi diventa questo.

 

Completamente d'accordo era quello che cercavo di espirmere nei post precedenti!!


"The credit belongs to the man who is actually in the arena; whose face is marred by the dust and sweat and blood; who knows the great enthusiasms, the great devotions and spends himself in a worthy cause;[...] who at the best, knows in the end the triumph of high achievement, and who, at worst, if he fails, at least fails while daring greatly; so that his place shall never be with those cold and timid souls who know neither victory or defeat"

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Per carità ci mancherebbe. :arigatou:

 

Io non sono un collezionista, posseggo alcune lame, ma solo una la considero la mia spada, questo è il mio modo di vivere la nihonto, non ho nulla in contrario al serio collezionismo, anzi è una cosa che rispetto molto se si tratta di quanto descritto da Giova.

Vi dirò di più, a parte le altre che sono polite, quella che affermo essere la mia spada non è polita bensì in "via di politura" da anni.

Un po' come le scarpe rotte del calzolaio. :)

Mi piace molto restaurare, riportare al bello. Sono rare le forme di restauro in cui si debba tendere (potendo) al ripristino totale, spesso si impone la norma del "vissuto" ...condivisibile ovviamente, mentre nella spada giapponese questo non avviene e mi affascina sempre molto questa cosa, non deve essere la patina, il sapore antico, a far riconoscere l'età di una nihonto,piuttosto come essa è fatta, come è stata costruita.

Mi piace quando vedo felicità nei proprietari di un lavoro commissionatomi, mi piace sentirli orgogliosi della propria lama, perchè credo di aver contribuito ad alimentare un sentimento di rispetto e di comprensione che temo sempre vada a perdersi nei secoli.

Mi onora riportare un oggetto al suo antico splendore, mi pare di render giustizia al suo creatore ed entrare quasi in sintonia con lui, col suo tempo.

Un tempo fantasticavo volentieri sul chi avesse brandito la lama nelle epoche passate, sul guerriero indomito (e stereotipato) che ispirava e alimetava le mie fantasie e le mie riflessioni ,soprattutto sul disprezzo della morte del bushi, vero talvolta ma anche molto mitizzato. Ora mi scopro molto più spesso a pensare al tosho, dove viveva, come pensava, come agiva, i perchè del suo agire, la passione con cui creava un oggetto per poi distaccarsene consegnandolo al committente, augurandosi che la sua lama non lo deluda, che lo protegga, che lo soddisfi anche alla vista. Che visione poetica vero? Beh come dicevo qualche post sopra c'era per lui anche il guadagno, però talvolta tanta abnegazione m ifa pensare ad un modo di vivere in cui ilguadagno era una mera conseguenza, non un puro fine.

Allo stesso tempo ho sempre trovato molto affascinante la derivazione del termina samurai da "saburau" che significa servire, abbandonare il proprio io le proprie pulsioni e condurre una vita "al servizio", una mentaltà che sarebbe utilissima in una società egoistica come la nostra; purtroppo anche volendo esportare tale concetto direi che è impossibile creare le condizioni del samurai oggigiorno. Tutti coloro che a vario titolo vengono definiti "moderni samurai", "utimo samurai" (in economia, nell'arte, nelle palestre) hanno spesso perduto irrecuperabilmente proprio quella connotazione di "servire" che tantomi affascina. Ecco dunque la mia personalissima "via", la mia personalissima (e sicuramente imperfetta) soluzione, come i tosho di un tempo, il togishi è al servizio, lavora di cuore, crea (possibilmente un opera degna) per poi abbandonare, lasciare andare. E' come il mandala tibetano , appena terminato viene distrutto e disperso, abbandonato...nel caso della nihonto preferibilmente in mani degne.

Modificato: da Kentozazen

Mani fredde, schiena curva, odore di pietre bagnate. Questo è il togi.

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Un giorno un maestro che oramai ci ha lasciati ha detto "un giorno verranno gli stranieri ha riportarci la nostra cultura" e si riferiva alla spada perchè purtroppo anche in Giappone è in disuso. Sul fatto che "saberu" nel senso di servire abbia perso di significato , dissento vista proprio la situazione che viviamo . Mi piacerebbe che tra Tosho , Toghishi e Samurai vi fosse ancora quel legame del passato, per questo ogniuno è chiamato ad un lavoro responsabile . Forse sono solo un sognatore ma anche la vita è un sogno

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Un'altra bella discussione, anche se un po' off topic rispetto al titolo :gocciolone:

E' difficile poter aggiungere qualcosa dopo tutte le cose che avete scritto, e che condivido.

In particolare la frase del grande Giova :ok:

il collezionista non è un mercante. Disdegna la vendita dei propri pezzi, anche quelli di valore e pregio più bassi, perché ogni singolo tassello della collezione caratterizza il suo essere collezionista e privarsene per il solo scopo economico, infrangerebbe la poesia che sta dietro al raccogliere ed amare oggetti appartenuti ad altri, che passeranno per le sue mani per il solo e brevissimo tempo di una vita.

Questa la quoto ancora come ha già fatto Guybrush, perchè davvero andrebbe incorniciata :numerouno:

 

Concordando sull'ombra che avvolge il nome "collezionista", posso dire che tale nome non avrebbe alcuna ombra se la frase che ha scritto Giova fosse la reloga, e non l'eccezione. magari fosse così!

Sono pienemente d'accordo quindi sul fatto che un collezionista doc, non dovrebbe mai comprare opere d'arte (in qualunque campo) già con l'idea di poterle rivenderle lucrando (a meno che lo faccia di professione, e sia quindi specializzato in questo). Ovviamente sono più che lecite le vendite fatte nel caso in cui sorgano necessità più incombenti e improvvise che impongono tale, dolorosa, scelta.

 

Concordo poi anche con Sashimi e Kento quando dicono che un collezionista doc (mi piace di più così :gocciolone: ) che vorrebbe essere degno di tale nome, dovrebbe sempre ritenere solo "in custodia" le opere che ha collezionato, e mai quindi rivendicare su di esse diritti come quello di "utilizzo" (nel caso ad esempio di spade in mano a scellerati).

 

Ci si potrebbe dilungare, ma finirei per ripetere tutte le cose dette fin'ora, anzi ormai l'ho già fatto :gocciolone:

Perdonatemi :arigatou:


Alberto

 

"Prega affinchè l'altro non sfoderi, ma alla fine, se non fosse possibile evitarlo, mettilo a morte con un colpo solo, e prega perchè riposi in pace"

"la verità, niente di più sovversivo"

 

Sempre sia lodata la funzione "CERCA"

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Grazie Alberto, ho vissuto una vita con questa convizione. Siamo di passaggio, breve o più lungo che sia poco importa. Per tale ragione tutto ciò che crediamo ci appartenga, rappresenta solo una bella illusione, che fugge via nell'istante in cui la si colgie. Grazie ancora per le belle parole.

 

Kento, che dire?

Dimostri un animo appassionato. Dalle tue parole traspare qualcosa che va oltre quello che hai espresso e fa piacere leggerlo. Seppur in campi completamente diversi, anche io quando mi approccio all'antico, a quelle opere composte centinaia di anni fa, lo faccio con lo spirito che hai descritto tu, cercando, nel mio caso senza riuscirci a pieno, di dar vita a quelle piccole macchie scure sul pentagramma che un uomo, anzi il frutto del genio divino, ha impresso in un'altra epoca.

Facciamo rivere le emozioni, che siano di spada o di nota, poco importa, perché di emozioni, sensazioni, e percezioni lontane nel tempo e di qualcun'altro, si tratta.

Servizio?... una parola ed uno stato d'animo ormai dimenticati da tempo, ma che in piccole sacche di umanità ancora resiste. E gli dei vogliano che resti così!

I miei rispetti.

Giovanni


"The credit belongs to the man who is actually in the arena; whose face is marred by the dust and sweat and blood; who knows the great enthusiasms, the great devotions and spends himself in a worthy cause;[...] who at the best, knows in the end the triumph of high achievement, and who, at worst, if he fails, at least fails while daring greatly; so that his place shall never be with those cold and timid souls who know neither victory or defeat"

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A volte mi sembra che non ci si voglia rendere conto che se non ci fossero e non ci fossero stati i collezionisti forse saremmo più poveri anche noi:

Nell'arte moderna i vari musei derivano da collezioni,

Arte Orientale:Stibbert ed Edoardo Chiossone di Genova e altri ancora

Musei un pò così: Poldi Pezzoli, Amedeo Lia, Uffizi, Pitti,

sono solo alcuni che devono la gran parte se non la totalità dei loro contenuti al vituperato collezionismo.

Ben venga il collezionismo quando poi diventa questo.

 

quoto a pieno.

 

anche alla mostra samurai di milano c'è la collezione koelliker, quindi tutt'oggi sono molto importanti i collezionisti.

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Per carità ci mancherebbe. :arigatou:

 

Io non sono un collezionista, posseggo alcune lame, ma solo una la considero la mia spada, questo è il mio modo di vivere la nihonto, non ho nulla in contrario al serio collezionismo, anzi è una cosa che rispetto molto se si tratta di quanto descritto da Giova...

 

se un collezionista ha il tuo spirito, allora il suo compito di preservare le opere d'arte che possiede non può fallire. :arigatou:

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Giova, chiedo perdono per non essermi espresso bene quanto Andrea. :blush:

Il mio non voleva essere assolutamente un dissentire da ciò che già avevi espresso ma solo un piccolo aggiungere, per come sentivo io, e sono perfettamente d'accordo con te sull'alto valore di un lavoro di collezionismo serio e responsabile, cioè fatto con dei prinicipi e modalità sane.

Diciamo che in seconda battuta Andrea (da persona di maggior cultura) ha espresso meglio quello che voleva essere il mio pensiero.

:prostro:

 

alberto: "collezionista doc" mi piace! :gocciolone::ok:

 

PS: in effetti si, siamo abbastanza OT nell'OT; nelle disussioni appasionate va sempre a finire così. :checcevofa:

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La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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