Vai al contenuto

Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

La Branch italiana è un piccolo organismo, sostenuto dall’impegno e dalla passione di pochi, ma risulta molto importante per lo sviluppo dei nostri studi sulla token. Vi esortiamo a prendere in considerazione l’idea di far parte di questo gruppo, non solo per progredire nello studio ma anche per diventarne sostenitori attivi. Oltre ad essere economicamente vantaggioso per chi vuole essere socio N.B.T.H.K., permette di avere un contatto privilegiato con la Sede Centrale a Tokyo, dando l'accesso a canali di studio altrimenti impensabili per un occidentale, come accaduto durante l'ultimo Special Meeting.
Chi è interessato e desidera avere maggiori informazioni, che sia già Socio INTK o meno, può contattare il Presidente Gianluca Venier entro il 20 marzo direttamente via email: nbthk.italianbranch@gmail.com

paolo placidi

Problema di "lana caprina" oppure ...... no ?

Messaggi consigliati

Come noto ai più, ho realizzato - e continuo costantemente ad implementarlo - un ponderoso e probabilmente unico (nel suo genere) archivio che ha come oggetto il mondo della Nihontō e......... dintorni.

 

I caratteri utilizzati per descrivere i singoli elementi presenti nell'archivio (termini tecnici, date, lame, Tsuba, ecc....) sono sostanzialmente di tre tipi:

- caratteri della lingua italiana (con qualche "traduzione" in inglese ed in francese), utilizzati nella descrizione dei singoli oggetti (es: cosa si intende per Mokume, come è fatta una Tsuba, ....)

- traslitterazione Rōmanji del termine giapponese corrispondente, utilizzata per i singoli oggetti (es: Hada, Hamon, Nakago, Ashi, .....)

- Kanji, laddove a fronte del termine Rōmaji sono riuscito a reperire il / i corrispondenti Kanji.

 

Fino a qui tutto semplice.

Le cose cominciano a complicarsi quando si incontrano termini complessi quali: Ko Ashi, Ko Gunome, Chū Suguba, Ō Kissaki, ecc...... per non parlare di: Shinogi Zukuri, Torii Zori, Gunome Midare, ecc ..........

 

Come scrivere questi termini ?

Come li ho scritti sopra, ossia con uno spazio intermedio (Ko Ashi) oppure come li scriverebbe un anglofono, ossia con una lineetta di congiunzione (Ko-ashi) oppure come li pronuncia un giapponese (Koashi) il quale no fa una pausa tra "Ko" ed "Ashi" ?

 

A questo proposito ho interpellato l'ottimo Sandro e la sua risposta inizia con:

"La domanda che poni oggi è molto insidiosa, anche considerando che le risposte ad essa possono essere più di una............................ "

 

Voi cosa ne pensate ?

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

problematica interessante, secondo me vanno scritti (per semplicità) nella lingua dell'utilizzatore, nel senso che credo che sia opportuno rendere il più facile possibile la lettura.

da italiano che mastica pochissimo il giapponese dico che con lo spazio si ha una più chiara interpretazione delle singole parole e quindi forse una migliore comprensione del testo con magari la fortuna in futuro di poter riconoscere parole simile in altri tesi, ad esempio Ko lo posso individuare sempre se lo trovo da solo, se trovassi koashi o kogunome avrei più difficoltà a capire che si tratta dello stesso prefisso.

Sorge però con l'uso degli spazi il problema di non sbagliare terminologia ( parlando con uno straniero) inserendo pause dove non ci sono creando delle storpiature.

 

propongo una cosa, se le parole fossero scritte così: KoAshi.... ŌKissaki....ToriiZori secondo voi sarebbero comprensibili?

Si distinguerebbero le maiuscole quindi le parole e si avrebbe comunque una continuità del suono, il problema è che non è un metodo universalmente riconosciuto non vorrei che sembrasse poco serio.


Shikishima no Yamatogokoro wo Hito towaba Asahi ni niou Yama-zakura bana. [Motoori Norinaga]

Se mi chiedete cos'è l'anima della razza giapponese della bella isola, rispondo che è come fiore di ciliegio selvatico ai primi raggi del sol levante, puro, chiaro e deliziosamente profumato.

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

Io prediligo la versione anglofona, un pò per piacere di forma personale un pò perchè nello scrivere (su tastiera) mi viene più fluido rispetto all'uso alterno della maiuscola, il tipo di scrittura suggerito da Tenma.san penso che sia già utilizzato e comunque comprensibile!!!!

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

Trattandosi di termini Giapponesi legati sostanzialmente al loro mondo e che per questo non sono usati che da loro, perchè non adoperarli così come loro li usano?

Una traduzione in Italiano o in Inglese migliora la loro comprensione?

Penso di no, anche nei kantei alcuni termini rimangono tali anche con le più svariate traduzioni un pò come se si usasse l'esperanto.


"accorciati la firma". Ernst Jünger

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

Mauri, non mi è chiaro il tuo pensiero.

Se dovessi scrivere i diversi termini tecnici come li scrivono i giapponesi, dovrei scriverli solo sotto forma di ideogrammi quindi 肌 per Hada, 重ね per Kasane, 反り per Sori, 茎 per Nakago, 長さ per Nagasa, eccetera, eccetera.

Il testo diventerebbe quindi comprensibile solo per chi conosce il giapponese.

Se invece scrivo, Hada, Kasane, Sori, Nakago, Nagasa, ........ sia un italiano, che un francese, che un inglese, che un tedesco, ............. che un giapponese riescono a capire di che cosa sto parlando.

 

 

 

Tenma.san fa una proposta che potrebbe essere presa in considerazione e comunque in linea con il mio primo suggerimento: Ko Ashi, Ko Gunome, Ō Kissaki, .........

Modificato: da Paolo

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

il giapponese è una lingua agglutinante, quindi credo che comunque abbia senso traslitterare unito tipo konie, kogunome okissaki. Certo è veramente la cosa più brutta e meno pratica da usare.

La maiuscola mi sembra una cosa solo grafica che non ha molto senso.



Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

io concorderei con Simone sull'attaccare i termini, tu ti incasini di meno e chi ha un minimo di base (e se la deve necessariamente fare) deve sapere cosa signifca ko e gunome, per esempio, per cui il significato e' chiaro. Ovviamente le parole combinate le si lascia separate (kogunome okissaki).

Non e' (sono all'estero e sulla tastiera del pc non trovo la e accentata) un grande sforzo imparare un po' di termini dai tanti glossari, ed anzi questo e' il "sacrificio" primario ed indispensabile per entrare un po' seriamente nel nostro mondo

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

Il suggerimento di Tenma.san mi pare interessante ma forse, data la mole e la levatura enciclopedica del lavoro (non circoscrivibile, a mio parere, ai soli appassionati italiani) , impiegherei lo standard più internazionale possibile: quindi l'uso della lineetta.

 

Rinnovo i complimenti e l'interesse per il tuo 'motore' !

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

Il suggerimento di Tenma.san mi pare interessante ma forse, data la mole e la levatura enciclopedica del lavoro (non circoscrivibile, a mio parere, ai soli appassionati italiani) , impiegherei lo standard più internazionale possibile: quindi l'uso della lineetta.

 

Rinnovo i complimenti e l'interesse per il tuo 'motore' !

Anch'io sono in linea (a proposito di lineette!) con quanto espresso da Jan. Per un normale testo preferirei la parola tutta attaccata, ma visto il tipo di lavoro che hai fatto la lineetta, che normalmente non amo, mi pare una buona via di mezzo per rendere le parole nella loro interezza offrendo al tempo stesso lo spunto per scomporle e riconoscerne " i pezzi" altrove.


http://beno.jimdo.com

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

Vi ringrazio per i vostri interventi ed, avendone sopra accennato, inserisco la risposta che Sandro ha dato al mio quesito.

La sua è una risposta articolata ma che lascia in definitiva la decisione finale nelle mani dello scrivente.

 

 

"...............La domanda che poni oggi è molto insidiosa, anche considerando che le risposte ad essa possono essere più di una. Dal momento che non voglio tediarti più del dovuto con disquisizioni sui vari tipi di rōmaji, è sufficiente sapere che di questi ce ne sono tre e quello ormai più utilizzato di tutti è il metodo Hepburn. Anche in Giappone si possono notare diversi modi di scrittura, questo perché le regole che la romanizzazione dei caratteri giapponesi segue sono, a volte, ambigue e contraddittorie. Il trattino di divsione (-) andrebbe applicato ogniqualvolta ci si imbatta in una parola composta. Di conseguenza avremo: Ko-gunome, Ko-ashi, Chū-aoe, Gunome-midare. Perché allora non scriviamo rōma-ji, ma bensì rōmaji? Anche questo è un idioma formato da due parti, eppure la regola applicata è diversa. Ciò accade perché in occidente siamo abituati a trasformare le parole giapponesi tenendo presente la nostra fonetica: ma anche qui non c’é una regola standard dal momento che l’inglese, l’italiano, il tedesco e lo spagnolo sono lingue tra loro differenti. Come è opportuno operare? Dobbiamo decidere una linea da seguire per tutto il testo che ci accingiamo a scrivere, in modo che alla fine l’insieme risulti uniforme.

 

Per quel che mi riguarda, invece, cerco di essere il più possibile vicino alla lingua giapponese parlata. Un madrelingua difficilmente farà una pausa tra “ko” e “gunome”, pronunciando questo composto come un unico vocabolo: dunque, Kogunome, Koashi, Chūaoe e Gunomemidare. Personalmente ritengo che questo modo di romanizzare il giapponese sia abbastanza corretto, anche se so che il mio giudizio non potrà mai essere oggettivo dal momento che io studio la lingua giapponese. I miei docenti la pensavano allo stesso modo. Molti yamatologi anglofoni preferiscono, al contrario, mettere il trattino tra le parole composte."

Modificato: da Paolo

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per commentare

Devi essere un utente per poter lasciare un commento

Crea un account

Registrati per un nuovo account nella nostra comunità. è facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Hai già un account? Accedi qui.

Accedi ora

Chi è I.N.T.K.

La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

Come associarsi ad I.N.T.K.:

Potete trovare QUI tutte le informazioni per associarsi ad I.N.T.K..
Associandovi ad I.N.T.K. accettate in maniera esplicita il Codice Etico e lo statuto dell'associazione ed avrete accesso ad una serie di benefici:
- Accesso alle aree riservate ai soci del sito e del forum;
- Possibilità di partecipare agli eventi patrocinati dall'associazione (ritrovi, viaggi, kansho, ecc...);
- Riceverete il bollettino trimestrale dell'Associazione.

"Una singola freccia si rompe facilmente, ma non dieci frecce tenute assieme."

(proverbio popolare giapponese)

×
×
  • Crea nuovo/a...

Informazione importante

Si prega di accettare i Termini di utilizzo e la Politica sulla Privacy