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Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

La Branch italiana è un piccolo organismo, sostenuto dall’impegno e dalla passione di pochi, ma risulta molto importante per lo sviluppo dei nostri studi sulla token. Vi esortiamo a prendere in considerazione l’idea di far parte di questo gruppo, non solo per progredire nello studio ma anche per diventarne sostenitori attivi. Oltre ad essere economicamente vantaggioso per chi vuole essere socio N.B.T.H.K., permette di avere un contatto privilegiato con la Sede Centrale a Tokyo, dando l'accesso a canali di studio altrimenti impensabili per un occidentale, come accaduto durante l'ultimo Special Meeting.
Chi è interessato e desidera avere maggiori informazioni, che sia già Socio INTK o meno, può contattare il Presidente Gianluca Venier entro il 20 marzo direttamente via email: nbthk.italianbranch@gmail.com

idk

Cosa ne pensate delle gare nelle Arti Marziali?

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Avevo aperto una discussione sul Fighting Spirit e la cosa ha preso una piega secondo me interessante: le gare.

 

C'è chi dice che le uniche vere gare siano quelle dove uno dei due avversari muoiono, io invece credo che siano occasioni stimolanti di confronto durante le quali è possibile mettersi alla prova (soprattutto per quanto riguarda il fattore emotivo :gocciolone: )

 

E voi cosa ne pensate delle gare?

Credete che sarebbe meglio se non ci fossero? Pensate che allontanino l' Arte Marziale da quello che era la loro "purezza iniziale" nella quale esisteva solo il Dojo e il Maestro, oppure che siano un modo per rafforzare quell' idea di principio?

 

Inoltre... pensate che le Arti Marziali siano praticate esattamente come prima, oppure che qualcosa sia cambiato\ andato perduto\ guadagnato?

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quella del mio amico era ovviamente una battuta in riferimento allo 'iaido sportivo' ;)

 

io sono per le Arti Marziane! :starwars: e per rimanere in tema...


"Indiana Jones e la lama perduta"

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:happytrema: Esatto! E' proprio di questo che voglio parlare! Secondo te l' introduzione delle gare nelle Arti Marziali le stanno lentamente trasformando in sport (e quindi perdendo spessore e il significato profondo che le distingue) oppure che siano qualcosa di estremamente positivo?

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Ops... posso cambiarla di categoria? Ce n'è una apposta per parlare di Arti Marziali e vorrei proprio metterla lì... come posso fare?

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quella del mio amico era ovviamente una battuta in riferimento allo 'iaido sportivo' ;)

 

io sono per le Arti Marziane! :starwars: e per rimanere in tema...

Ah ah ah, lo vidi tempo fa :marrotolo:


HAqDe6c.png

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Argomento denso di... 'conseguenze' !

 

Le considerazioni su come la pratica di gara possa influire sull'essenza di una disciplina marziale possono essere infinite. In certi casi l'evoluzione creatasi per seguire il percorso agonistico è davvero evidente e può piacere o meno. Ad esempio quello che accade nel judo olimpico.

 

Da un punto di vista 'filosofico' e non 'estetico' a mio parere il confronto in gara fa semplicemente parte della pratica stessa.

Mi ricordo infinite discussioni sull' argomento 'Kendo da gara, kendo non da gara'....

Mah... Esiste il kendo e le gare sono parte di esso.

Diversamente sarebbe come dire: " mi piace andare in moto ma faccio le curve solo a destra".

 

Poi, per carità, ognuno vive la pratica e la adatta al suo carattere. Assolutamente lecito.

Anche se pratico semplicemente pugilato posso decidere di non fare mai in incontro. Ma non posso sostenere con ciò di interpretare 'il vero spirito' di esso e farmi portavoce universale di qualcosa che appartiene in realtà solo al mio carattere .

Modificato: da G.Luca Venier

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La differenza non è il confronto , piuttosto lo spirito che lo anima. Lo sport è una cosa diversa dalle arti marziali intese come DO o Michi. Cito un pensiero di Kodo Sawaki (monaco buddista dello Zen) partecipando alla guerra Sinogiapponese , avendo in una azione ardita ucciso diversi avversari si vergogno in seguito di aver pensato , che per quella azione aveva meritato una medaglia.

Lo sport esaurisce il tutto alla medaglia . (non ditemi che l'importante è partecipare , non ci credo)

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Concordo con te-do, su tale argomento ne ho parlato anch'io con una bravissima insegnante giapponese di Nihonden Judo, Akiyama Sumiko Sensei, da cui un amico ha scritto un breve articoletto di cui vi consiglio la lettura rapportandola appunto all'argomento in questione :arigatou: :

http://www.stornaiuolo.com/junokokoro/20140611/lezioni-di-vita-e-di-judo-da-akiyama-sensei/

 

''...non fu concepito come uno sport (di forza) il cui unico fine e scopo fosse la competizione. La “Via dell’adattabilità” fu elaborata con il nobile intento di fornire uno strumento adeguato per migliorare il benessere psicofisico della popolazione, al fine di crescere e migliorarsi insieme in amicizia e mutua prosperità. .... Oggi è la forza che prevale sull’adattabilità e le gare e la prestanza fisica hanno preso il posto dello studio profondo e di un fisico armonioso. La maestra mi disse con decisione che attualmente – per la maggior parte dei praticanti – il Judo è forza, è competizione, è medaglia.''

Modificato: da Francesco Marinelli

"Indiana Jones e la lama perduta"

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Il Judo il Karatè e molta parte delle arti marziali parteciparono attivamente alla restaurazione Meiji donando modelli per lo sviluppo psicofisico della società giapponese. Quando si parla di koryu in genere si intendono pratiche che conservano usi e fini sia pratici che filosofici diversi. Lo Zen , lo Shinto (non il Koka Shinto , specifico del periodo Meiji e post) il Confucianesimo , il Neoconfucianesimo , sono stati ,in tempi diversi , le pratiche filosofiche e morali che hanno guidato le arti marziali influenzando la RYU del BUSHIDO.

Il fraintendimento più comune oggi è quello di pensare che: arti marziali è arti per la guerra , o il combattimento . Solo alla luce di questo fraintendimento si possono concepire le attività sportive nelle così dette arti marziali "moderne" . Il seitei iai , il kendo hanno assunto spesso forma di sport oggi pur in parte appartenendo a pratiche antiche.

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Era esattamente questa la discussione che volevo! Quanti bei pareri...

Allora a questo punto dico anche la mia!

Io non sono né pro né contro alle gare, perché ogni praticante le vive in modo diverso.

Sono assolutamente d'accordo con chi dice che certe cose non possono essere premiate con una medaglia. Il giudizio é sempre un po' ingiusto... Alla fine si é più portati per giudicare la tecnica piuttosto che altro, ma la tecnica non é tutto.

Come ha detto te-do, le Arti Marziali intese come DO sono più di qualche nella mossa buttata lí...

Ma é anche vero che con le gare si ha l'opportunità di conoscere più gente, far incuriosire chi ancora magari non pratica, scambiarsi idee e pareri...

Una persona una volta mi ha detto che essere troppo 'chiusi' nel proprio mondo, nel proprio dojo, nella propria realtà, senza nessun contatto con gli altri è sbagliato. Si finisce per... Per perdere qualcosa e quel qualcosa é importante.

E lo so per esperienza personale... É bellissimo quando arrivano altri Dojo dove pratico e ci alleniamo tutti insieme!

Isidoro per quanto ne si, significa VIA DELL'UNIONE, DELL' ARMONIA... E io credo fortemente in questo. L'unione fa la forza e senza i più bravi, i novellini come me non potrebbero conoscere tutto ciò che di così bello c'é nelle Arti Marziali.

 

Ma tutto dipende dal praticante. Perché pratica? Perché si sente un figo assurdo con una spada in mano? Beh allora credo che in quel caso... Mah, lasciamo perdere cosa ne penso che é meglio O.o

 

Dicevo. Le gare sono vissute in modo diverso da ogni praticante, no? C'è chi con le gare supera le proprie paure, per esempio.

 

Però da un altro punto di vista, le gare sono MOLTO pericolose.

Ho praticato judo (e mi auguro che fosse solo un'eccezione la mia esperienza!!) per qualche mese e quell'... Istruttore, e dire così é già troppo, VIVEVA per quelle maledette gare. Io ero alla mia lezione di prova e già ero iscritta alle gare. Nella "palestra" c'erano medaglie, coppe, robe inutili appese OVUNQUE!

Parlava delle gare con aggressività... Parlava di VIOLENZA, di "fare male all'avversario prima che lui ne faccia a noi" di "incazzars*" (parole sue!!)

Ecco, questi va contro lo spirito DELLO SPORT, figurarsi se parliamo di un'arte marziale!!!

Davvero, più ci penso, più mi vengono i brividi e la pelle d'oca.

Due mesi ho resistito... Poi era fin troppo anche per me!!

 

Insomma... Non sono né totalmente contro, né totalmente pro.

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Darò anche io il mio contributo in base alla mia esperienza.

Per quanto riguarda il Karate, ho fatto anche io delle gare quando ero più piccolo, e per quanto riguarda i bambini devo dire che servono molto! Ma come in tutte le cose, bisogna saper bilanciare il tutto! Ho visto maestri preparare atleti solo per portarli alle gare e Maestri che approfittavano delle gare per far vivere esperienze nuove ai bambini, per socializzare e confrontarsi con altri, e il giorno dopo la gara tornare a fare il proprio lavoro di Maestro!

Vedo praticanti che pensano solo alla medaglia e altri che cercano qualcosa di più profondo con la pratica.

Non penso ci sia un giusto o sbagliato, ma come in tutte le cose, bisogna vivere le esperienze nel modo giusto! Uscire un pò dai binari e ritornare su di essi! Praticare l'arte per perfezionarci e allo stesso tempo metterci in gioco!

Come dicevo in un altro post, nel caso del karate, le gare di Kumite (combattimento) hanno portato all'eliminazione di alcune delle tecniche più belle ed efficaci che ci siano per salvaguardare la salute degli atleti, e a lungo andare si corre il rischio di perderle completamente!

Ora secondo me le due scuole di pensiero si stanno allontanando troppo tra di loro. Chi pensa solo alle gare e chi le snobba completamente rimanendo radicato alle tradizioni. Come due cocciuti che non si parlano e rimangono della loro idea senza cercare un punto di incontro.

 

Si parlava di Judo.. da quando è entrato a far parte delle Olimpiadi, tantissime scuole hanno cominciato a pensare solo alle medaglie, ma bisogna ricordare che è un'arte marziale prima di tutto.

Quindi ben vengano le gare, ma ricordiamoci sempre che l'arte che si pratica è di altra natura! :arigatou:

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Chiunque abbia avuto il privilegio di andare in Giappone per attingere alla sorgente l'insegnamento del judo o del kendo (parlo solo di questi poiché li si ferma la mia esperienza) ha avuto modo di sperimentare direttamente quanto la 'gara' abbia un ruolo importante e non prescindibile nella pratica.

La gara è un momento propedeutico ed educativo fondamentale poiché vi si determina un grande turbamento emotivo che è impossibile vivere altrimenti. Il contegno del praticante nell'affrontare questo turbamento è parte essenziale della sua formazione, al di la del risultato finale.

Gli estremismi tra 'spirituali' ed 'agonisti' sono, come tutte le cose estreme, da prendere con le pinze e certamente non fanno parte della Via.

Modificato: da G.Luca Venier

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Questa discussione si sta rivelando molto interessante, ringrazio tutti i partecipanti per il loro prezioso contributo. Non volendo divulgarmi ulteriormente su concetti che richiederebbero molto tempo per essere affrontati in maniera appropriata, mi limiterò a citare quella che personalmente ritengo la più grande differenza tra le gare di Kendō e di Jūdō. Prima di ciò, comunque, è opportuno fare una premessa. Come giustamente detto da altri utenti, il Jūdō ha subito profonde modifiche da quando è divenuto sport olimpico. Nonostante i principi di quest’arte siano rimasti pressochè inalterati, il fine ultimo dell’allenamento è quello di vincere una gara. In passato ci si concentrava sullo studio di tutte le tecniche del gokyō, ora ci si specializza su quelle due o tre che meglio si confanno al nostro corpo (tokuiwaza) e ci danno una maggiore possibilità di prevalere sull’avversario. Anche l’esame di cintura nera non verifica tanto la conoscenza delle tecniche base, quanto piuttosto la capacità di applicare quelle conosciute nel migliore dei modi. Non a caso la prova, tolta la parte del Nage no Kata, volge esclusivamente sul combattimento: su cinque incontri bisogna vincerne il più possibile o comunque, in caso di sconfitta dovuta ad un divario troppo grande con il nostro avversario, mostrare grande spirito combattivo. Queste, perlomeno, furono le direttive che incontrai io presso la federazione di Saitama. Quel che tuttavia fa esulare parzialmente, perlomeno a mio avviso, lo shiai del Jūdō dalla sfera delle arti marziali è piuttosto la mancanza di zanshin da parte degli atleti che risultano vincitori in un torneo. Sarà capitato a tutti voi di guardare delle gare in televisione, probabilmente anche quelle olimpiche non più tardi di due anni fa. Gran parte dei medagliati, non appena messo a segno lo ippon decisivo, si è profuso in una serie di esultanze che ricordavano più quelle di altri sport come il calcio, la pallavolo, la pallacanestro, il tennis e via dicendo (tenendo bene a mente che nessuno di essi deriva da arti militari). Con questo non voglio assolutamente criticare quei Jūdōka che meritatamente hanno trionfato in una competizione importante come quella olimpionica, credo che abbiano tutto il diritto di manifestare la loro gioia dopo gli immensi sacrifici che hanno dovuto fare per giungere sin li. Ma questo lo dico come amante dello sport in genere, come studioso del budō la faccenda è diversa. Lasciate che vi spieghi il perchè. Alcuni anni fa, durante il mio periodo di ricerca all’Università di Tōkyō, presi parte ad un torneo di Kendō; durante la finale accadde una cosa che mi fece riflettere tantissimo. Uno dei due contendenti mise a segno un perfetto men che venne immediatamente riconosciuto da tutti e tre gli arbitri, conferendogli quindi la vittoria. Egli, sicuramente preso dall’entusiasmo e dalla gioia, si girò di scatto verso i suoi compagni che lo avevano incitato ed applaudito durante tutto l’incontro ed in segno di trionfo urlò divaricando le braccia. Questo gesto gli costò carissimo; il punto venne immediatamente annullato e la garà proseguì. Il ragazzo, probabilmente preda della rabbia verso il suo stesso atto, non riuscì a concentrarsi nuovamente e perse l’incontro poco dopo. Più tardi chiesi ad uno dei maetri presenti il perchè dell’annullamento. Mi fu risposto che uno spadaccino deve sempre dimostrare zanshin e mai essere sopraffatto dalle emozioni; il kendō è la perfetta stilizzazione del binomio vita/morte. Se si fosse trattato di uno scontro armato reale, il contendente che aveva messo a segno il men avrebbe potuto essere ucciso da un compagno del suo avversario poichè aveva abbassato completamente la guardia concentrandosi soltanto sui festeggiamenti per il risultato ottenuto. Oltre a ciò, con il suo gesto egli non aveva neanche mostrato rispetto per lo sconfitto. Il concetto di nasake è fondamentale nella cultura giapponese, soprattutto in quella guerriera. Il non osservarlo è qualcosa di inaccetabile per un Kendōka.

 

In base a quanto esposto mi si potrà obiettare che un torneo universitario non è la stessa cosa di un’olimpiade. Lungi da me voler asserire il contrario, ma posso confermare che nemmeno colui che vince il torneo nazionale giapponese (con molta probabilità stiamo parlando del più forte kendōka al mondo) lascia intravedere qualsiasi emozione quando la sua vittoria è decretata.

 

In definitiva, nonostante anche il Kendō si sia mosso in una direzione sportiva, esso conserva ancora quello spirito originario proprio dell’arte della spada giapponese.

 

Scusatemi se ho scritto più del dovuto, spero che sia chiaro quello che volevo far intendere. :arigatou:

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Ciao Sandro! Mi trovi completamente d'accordo! Non potevi portare un esempio migliore! Anche io non sopporto gli atleti che appena dopo aver vinto una gara, si prestano ad esultanze simili a quelle calcistiche!! Questa regola sarebbe da inserire in ogni competizione marziale!

Ora mi permetto di inserire due video di campionati mondiali di karate:

 

1 Vincitore Italiano di kumite ai mondiali di karate 2012

 

 

2 Vincitrice giapponese di kata ai mondiali di Karate 2012

 

 

Il rispetto verso l'avversario è la prima cosa!

Nel primo video, dopo una gara inguardabile e contro un grandissimo avversario, il nostro connazionale si è prestato ad una esultanza vergognosa.

Nel secondo non c'è bisogno di aggiungere altro..

Attendo i vostri commenti.

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Saluti a tutti!

 

Io non me ne intendo, e non ho mai partecipato a delle gare di Arti Marziali, sinceramente non mi attirano molto.

Concordo in gran parte con ciò che ha detto Sandro, e dico che il rispetto è la cosa più importante.

 

Spero solo che non si perdesse quello spirito che lega le Arti Marziali :arigatou:


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Grazie Sandro per il tuo intervento .

Lo zanshin è elemento importantissimo.

Per questo l'indirizzo che viene dato dal proprio maestro è fondamentale, gare o non gare.

Resto però dell'opinione che non si possa completare un percorso marziale senza confrontarsi con quel contesto.

 

Idk, la posizione che esprimi nel tuo intervento mi pare molto corretta. Non a caso questo tuo spirito ha già ottenuto un bel riconoscimento :-)

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Sandro, che storia interessante! Ora sono ancora più felice di praticare Iaido (e a breve si spera anche Kendo) !!

 

Grazie mille G.Luca Venier, spero di non montarmi mai la testa... :prostro:

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La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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