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Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

La Branch italiana è un piccolo organismo, sostenuto dall’impegno e dalla passione di pochi, ma risulta molto importante per lo sviluppo dei nostri studi sulla token. Vi esortiamo a prendere in considerazione l’idea di far parte di questo gruppo, non solo per progredire nello studio ma anche per diventarne sostenitori attivi. Oltre ad essere economicamente vantaggioso per chi vuole essere socio N.B.T.H.K., permette di avere un contatto privilegiato con la Sede Centrale a Tokyo, dando l'accesso a canali di studio altrimenti impensabili per un occidentale, come accaduto durante l'ultimo Special Meeting.
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AkaiHana

Shinsengumi

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Salve a tutti voi del forum!

 

Come potete leggere dal titolo del post mi piacerebbe molto discutere con voi su uno dei gruppi di guerrieri più noti e ambigui del Giappone, ovvero la Shinsengumi.

E' da circa un mese che frugo pagine sul web per carpire nuovi dettagli e fatti riguardanti la Shinsengumi: ho anche letto il libro di Romulus Hillsborough( che sinceramente non mi è piaciuto molto), ma ancora non riesco ad inquadrare i vari protagonisti.

Sono veramente degni di essere chiamati "bushi"? Le loro azioni erano veramente conformi all'etica del samurai? In Giappone sono degli idoli, degli eroi, tuttavia gli storici li reputano dei terribili assassini che peggiorarono la già pesante situazione a Kioto.

Il fatto che tutti i libri e tutte le biografia riguardanti la Shinsengumi siano solo in giapponese, mi sconforta profondamente... vorrei veramente apprendere tutto su di loro, ma praticamente mi è impossibile.

 

Per questo mi rivolgo a voi del forum. Voi forse sapete la lingua giapponese e avete avuto modo di informarvi meglio perciò vi chiedo: cosa pensate della Shinsengumi? Secondo voi gli storici hanno ragione a definirli pazzi assassini, o c'è ancora qualcosa da scoprire sul loro conto?

Sapreste poi consigliarmi dei siti internet validi e forniti sulla Shinsengumi?

 

Grazie per il vostro aiuto :arigatou:

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Ciao!

Sinceramente non conosco bene l'argomento, ma qui sul forum è stato trattato già qualcosa: http://www.intk-token.it/forum/index.php?showtopic=2804&hl=shinsengumi

 

Inoltre ti consiglio di vedere anche "Hakuouki" un anime che tratta proprio della Shinsengumi con riferimenti storici.

Sicuramente è un modo per vedere come sono considerati in Giappone.. :arigatou:

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Grazie Gaijin per il link della discussione ne terrò di conto. Riguardo "Hakuoki" bhè... è grazie ad esso se ho conosciuto la Sginsengumi. Ho guardato tutte e 3 le serie e i film, e sono riuscita anche a giocare al videogioco per psp(per fortuna che c'è anche in inglese!).

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Ah allora sei più esperta di me!

Attenta, il mio nick è Shoto, mentre Gaijin Samurai è il titolo utente! :hihi:

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Ho conosciuto anch'io la Shinsengumi grazie all'Anime "Hakuouki" (tra l'altro lo consigliai pure io in una vecchia discussione) :arigatou:


HAqDe6c.png

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Ciao,

prova a cercare su internet questi nominativi:

Kondō Isami (fondatore della Shinsengumi) Hijikata Toshizō (vice comandante ed anche lui fondatore della Shinsengumi)

Comunque è difficile trovare su internet qualche cosa di approfodito che vada oltre Wiki.

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Forse, sarebbe bene leggersi tutti i passaggi di una discussione.
Uno dei più completi articoli sull'argomento è qui sul forum realizzato da uno dei pochi che abbia affrontato l'argomento, questo indirizzo è già stato postato in questa: http://www.intk-token.it/forum/index.php?showtopic=2804


"accorciati la firma". Ernst Jünger

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qualcuno lo scorso anno portò un gruppo cosplay tratto da Hakuoki xD

 

Battute a parte, Beatrice ti consiglio vivamente la lettura di questa ricerca fatta sempre da mitico Sandro, che è molto preparato in materia! ;)

 

https://archive.org/stream/TennenRishinRyuKenjutsu-LineamentiStoriciFilologiciELetterariDella/TennenRishinRyuKenjutsu#page/n0/mode/2up


"Indiana Jones e la lama perduta"

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Grazie a tutti per le risposte e scusate se ho creato una nuova discussione sulla Shinsengumi quando già ce n'era una. Grazie infinte Francesco Marinelli per il link del libro! Cercavo proprio qualcosa del genere, sono veramente felice! Potrei contattare Sandro via mp per chiedergli ulteriormente sulla Shinsengumi?

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Bè se hai delle domande le puoi postare direttamente quì, almeno anche noi ci possiamo curiosare e leggere ;)


"Indiana Jones e la lama perduta"

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Ciao AkaiHana, prima di rispondere al tuo quesito permettimi di ringraziare Mauri e Francesco che, sempre gentilissimi nei miei confronti, hanno già citato qualche mio scritto a riguardo. In particolare, dalla discussione aperta sulla Shinsengumi sono passati (ahimè) sette anni, periodo durante il quale, per ragioni accademiche e marziali, ho dedicato allo studio di questo gruppo di spadaccini gran parte delle mie ricerche. Rileggendo ora quel post mi accorgo di come fosse infarcito di una buona dose di euforia, dovuta alla scoperta di un mondo nuovo e senza dubbio affascinante. Cercando di rimane più fedeli possibile al loro decorso storico, proviamo a spiegare chi erano questi uomini.

 

I membri della Shinsengumi furono a tutti gli effetti dei bushi; alcuni di essi appartenevano alla classe samuraica per diritto di nascita, chi non lo era (poichè tra di essi erano presenti anche contadini) venne comunque insignito di questo titolo quando nel 3° anno dell’era Keiō (1867) il gruppo ricevette lo status di bakushin (vassalli diretti dello shōgun) in seguito al proprio operato. Volendo intendere il termine bushi solamente come “uomo d’arme”, allora questo corpo ancor di più può essere riconosciuto come tale poichè sin dal momento della sua formazione (avvenuta nel 3° anno dell’era Bunkyū – 1863) fu sotto l’egida dello han di Aizu, che nella figura di Matsudaira Katamori (daimyō del feudo di Aizu) ricopriva il ruolo di Kyōto Shugoshoku, il più alto e prestigioso ufficio di protezione della città imperiale istituito nel 2° anno dell’era Bunkyū (1862), dopo che gli altri due organi di vigilanza di Kyōto, lo Shoshidai ed il Machibugyō, non erano più in grado di far fronte da soli al problema della sicurezza cittadina. Prendiamo, ad esempio, il loro famossisimo haori. Ovunque potrai leggere che venne realizzato in quel modo così da assomigliare alle uniformi del quarantasette rōnin di Akō, che il comandante della Shinsengumi, Kondō Isamu, ammirava particolarmente. Questa è una delle più note inesattezze storiche in merito al corpo. Quel particolare tipo di blu (chiamato asagiiro) veniva concesso dall’imperatore ai dignitari di corte di sesto livello, mentre i triangoli bianchi rappresentavano la montagna simbolo di Aizu (nell’odierna prefettura di Fukushima). Come puoi vedere, la loro “investitura” era tutt’altro che ufficiosa. La Shinsengumi fu dunque il braccio armato del feudo che, per volere sia del governo centrale dei Tokugawa che della corte imperiale, aveva non solo il compito di vigilare nella più importante città di tutta la nazione, ma anche quello di difendere il castello di Nijō ed il Gosho (il palazzo dove risiedeva il tennō). La situazione a Kyōto era particolarmente degenerata da quando le frange estremiste del movimento Sonnō Jōi (che professava l’espulsione dei “barbari” con la forza e metteva al centro della propria ideologia l’imperatore, non più lo shōgun) avevano creato un clima di terrore attraverso assassinamenti, estorsioni di denaro e violenze anche nei confronti di normali cittadini. Gli uomini della Shinsengumi repressero tutto ciò con il massimo della ferocia, compiendo atti sanguinari nei confronti dei loro nemici. Si pensa che la loro battaglia più famosa, ossia l’incidente di Ikedaya avvenuto nel 1° anno dell’era Genji (1864), abbia ritardato di un anno o due il cosidetto Taisei Hōkan (la restituzione del comando del Paese all’imperatore da parte dello shōgun); il colpo inferto agli shishi di Tosa e Chōshū fu talmente duro che i due feudi necessitarono di diverso tempo per riorganizzarzi. Per lo stesso motivo, altri storici sono invece propensi ad affermare che l’azione della Shinsengumi non fece altro che accelerare il rinnovamento Meiji, tanto era l’odio che i feudi del sud provavano contro tutto ciò che rappresentava i Tokugawa. Ad ogni modo i cittadini di Kyōto (e non solo), dopo un iniziale periodo di incertezza e paura iniziarono ad apprezzare la Shinsengumi, tributandole grandi onori quando questa lasciò la città dopo cinque anni di servizio per andare in guerra. A distanza di un secolo e mezzo la loro fama non accenna a diminuire, chiunque sia stato a Kyōto te lo potrà confermare. Se non avessero fermato gli shishi ad Ikedaya, questi avrebbero appiccato fuoco a tuttà la città, addirittura al palazzo imperiale con lo scopo di rapire l’imperatore.

 

Veniamo ora alla domanda in merito alla loro etica samuraica. Se con essa ti riferisci all’uomo d’onore senza macchia, allora la mia replica non può che essere negativa. Durante le loro azioni, le squadre della Shinsengumi attaccavano, quando possibile, l’avversario in superiorità numerica e se potevano colpirlo alla sprovvista non si facevano alcuno scrupolo. Non di rado organizzavano banchetti in cui invitavano qualcuno con lo scopo di farlo ubriacare per poi assassinarlo sulla via del ritorno. Ma questo, per quanto se ne dica, era un modo di fare piuttosto comune. Gli stessi quarantasette rōnin di Akō uccisero quasi tutti i loro avversari sorprendendoli nel sonno nonostante film, libri, fumetti e cartoni animati narrino avvincenti duelli all’ultimo sangue. La figura del samurai che aleggia nella nostra testa è quella costruita su quei famosi sette principi del Bushidō, che nessun samurai ebbe mai modo di seguire alla lettera per il fatto che la stesura ufficiale di questo codice (redatta per altro in inglese e pubblicata in America per la prima volta) avvenne decenni dopo che la classe guerriera era stata definitivamente abolita.

 

Nonostante ciò, ritengo che molti siano ancora gli elementi che permettono alla Shinsengumi di accostarsi di molto a quei canoni bushi da tutti decantati. Primo tra tutti, le ferree regole a cui ogni membro era tenuto ad obbedire; per chi non le avesse rispettate era prevista la morte per mezzo del seppuku. In seguito, certamente il loro coraggio; sopra ho affermato che quando potevano cercavano sempre di cogliere il nemico in superiorità numerica. Quando questo non accadeva, essi comunque non si ritiravano mai dalla battaglia. Ad esempio nell’incidente di Ikedaya, assaltarono in quattro la locanda in cui si batterono per oltre due ore contro circa trenta nemici, tenendogli testa. Il terzo elemento, forse il più importante, fu di certo il loro spirito di lealtà (il cui ideogramma “makoto” ne era simbolo). Una lealtà che li avrebbe portati alla morte nella guerra di Boshin (1868-1869). Nonostante all’inizio delle ostilità lo shōgunato era supportato da tantissimi feudi, in pochissimo tempo la maggior parte di questi tradiriono lo shōgun alleandosi con le forze lealiste di Chōshū e Satsuma. La Shinsengumi ed i samurai di Aizu continuarono a combattere anche dopo che il bakufu era ormai collassato, in nome di un ideale cavalleresco che andava scomparendo in favore di una modernizzazione che non poteva essere più arrestata. Le loro utlime battaglie furono l’apoteosi di questo fenomeno storico, che da una parte vedeva le sempre più numerose schiere dell’esercito imperiale armate con fucili e cannoni di importazione europea, dall’altra un esiguo numero di uomini che si lanciavano contro di esse per lo più all’arma bianca.

 

Concludo, ritenendo di aver già abusato troppo della tua pazienza, citando uno degli ultimi passi del libro “Boshin Sensō – Haisha no Meiji Ishin” (La guerra di Boshin – il rinnovamento Meiji degli sconfitti) ad opera del professor Sasaki Suguru (di certo non un simpatizzante della Shinsengumi). “...Nel maggio del 2° anno dell’epoca Meiji (1869) la capitolazione delle forze fedeli ai Tokugawa era dunque giunta al termine. Gli otto ministri della reppublica di Ezo decisero di arrendersi tutti, tranne uno. Hijikata Toshizō capì che nel nuovo Giappone non c’era più posto per un uomo come lui. Dopo aver sollevato da tutti gli incarichi quegli uomini stremati da innumerevoli battaglie, seguito da un ultimo manipolo di samurai di Aizu e di ciò che rimaneva della Shinsengumi cavalcò contro il nemico armato solo della sua spada. Ritengo che quel giorno, l’11 Maggio del 1869, possa essere dunque inteso come il tramoto del bushidō e, con esso, dell’epoca della spada giapponese...”.

 

Dei ventiquattro membri fondatori della Shinsengumi, solamente uno soppravvise alla guerra.

 

Spero, almeno in parte, di aver dato risposta ai tuoi questi. Per qualsiasi altra cosa chiedi pure. :arigatou:

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Abusato della mia pazienza?! Sandro la tua risposta è stata così precisa ed interessante che giunta in fondo, speravo comparisse un ulteriore paragrafo. Adoro così tanto la Shinsengumi che starei tutto il giorno a leggere di loro!.

Come scrissi nel post iniziale ero rimasta un pò turbata dal fatto che gli storici insistessero tanto nel definirli dei meri assassini, quando tutta la popolazione giapponese li vede come degli eroi. Ricordo che in un sito una persona criticava fortemente la Shinsengumi ritenendo che tutto questo interesse nei loro confronti fosse dovuto ad una ignoranza generale, in quanto molti rimanevano alla superficie senza poi approfondire gli aspetti storici. In un altro articolo invece si sosteneva che il successo della Shinsengumi e soprattutto di Hijikata Toshizou, fosse sorto a causa del romanzo "Moeyo Ken".

Sinceramente tutto questo accanimento degli storici contro la Shinsengumi, l'ho sempre trovato un pò esagerato: non metto in dubbio che fossero violenti ma, come giustamente hai detto tu, non erano gli unici a utilizzare quelle tecniche perciò bisogna prendere in considerazione il periodo storico e la mentalità dell'epoca. E' come se noi volessimo giudicare i re o i cavalieri medievali, sulla base della nostra mentalità.

Poi io sostengo che sulla Shinsengumi ci sia ancora molto da scoprire: da quello che ho potuto capire leggendo in giro sul web, molti documenti sono scomparsi mentre altri sono talmente intrisi di fantasia che non si capisce se c'è qualcosa di vero.

 

Comunque sì avrei ulteriori domande da farti e sicuramente in questi giorni ti sottoporrò ad altri quesiti, visto che ho iniziato a leggere il tuo libro che gli altri gentilmente mi hanno linkato. Ieri sera ho letto il capitolo dedicato ad Hijikata( non ho saputo resistere!), e sono rimasta sorpresa quando hai parlato della famosa vicenda del "cassiere" del gruppo costretto a commettere seppuku in quanto erano scomparsi dei soldi. La versione da te riportata l'avevo vista nella serie televisiva dell' NHK "Shinsengumi!"( l'ho vista tutta), però in altre pagine di internet e anche nel libro di Hillsborough, sembrerebbe non essere stata trovata la causa di questi soldi mancanti( nel film "Shinsengumi: assassins of honor" era stato persino Hijikata a rubarli!). Quindi volevo chiederti, hai trovato un documento che confermava questa tua versione? E poi riguardo al kanji "makoto", nella vecchia discussione un utente disse che quel simbolo significava anche "purezza di spirito", è vero o è giusto comunque tradurlo solo con "sincerità"?

 

Ti ringrazio ancora infinitamente per la tua pazienza nel rispondermi e nel darmi tutte queste informazioni :arigatou:

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Concludo, ritenendo di aver già abusato troppo della tua pazienza, citando uno degli ultimi passi del libro “Boshin Sensō – Haisha no Meiji Ishin” (La guerra di Boshin – il rinnovamento Meiji degli sconfitti) ad opera del professor Sasaki Suguru (di certo non un simpatizzante della Shinsengumi). “...Nel maggio del 2° anno dell’epoca Meiji (1869) la capitolazione delle forze fedeli ai Tokugawa era dunque giunta al termine. Gli otto ministri della reppublica di Ezo decisero di arrendersi tutti, tranne uno. Hijikata Toshizō capì che nel nuovo Giappone non c’era più posto per un uomo come lui. Dopo aver sollevato da tutti gli incarichi quegli uomini stremati da innumerevoli battaglie, seguito da un ultimo manipolo di samurai di Aizu e di ciò che rimaneva della Shinsengumi cavalcò contro il nemico armato solo della sua spada. Ritengo che quel giorno, l’11 Maggio del 1869, possa essere dunque inteso come il tramoto del bushidō e, con esso, dell’epoca della spada giapponese...”.

 

scena reinterpretata nel film l'ultimo samurai con tom cruise e ken watanabe

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Figurati AkaiHana, se posso mi fa piacere scambiare qualche opinione con qualcuno che ha una così forte passione. A dir la verità, io questo odio profondo di alcuni storici giapponesi verso la Shinsengumi non l’ho trovato da nessuna parte pur avendo letto diverse decine di testi sulla storia del Bakumatsu e di questo corpo. Una forte critica sì, ma pazzi assassini non credo di averlo visto mai. Sicuramente è vero che Shiba Ryōtarō con il suo “Moeyo Ken” contribuì ad aumentare la loro popolarità verso la fine degli anni sessanta, ma non bisogna dimenticare che la prima trilogia sulla Shinsengumi si ha a cavallo tra gli anni venti e trenta per merito della penna di Shimozawa Kan, il quale fu probabilmente il solo autore a poter intervistare direttamente alcuni degli ultimi reduci. Per farti un esempio, il simbolo Makoto a cui accennavi nel tuo intervento (e che ritengo debba essere inteso come “lealtà” o “sincerità”) fu ripreso anche dalla 119° squadriglia aerea dell’esercito giapponese, una delle tante squadre d’attacco speciali (tokkōtai) che con azioni suicide tentò di arrestare l’avanzata statunitense verso la fine della seconda guerra mondiale. L’utilizzo di quell’ideogramma fu un vero e proprio tributo alla Shinsengumi, che quei piloti avrebbero dovuto imitare in pieno spirito di devozione e sacrificio. Ti dico ciò con assoluta certezza, avendo avuto la possibilità di intervistare direttamente l’ultimo reduce di quella squadriglia, il quale mi raccontò quanto ho appena scritto. Di conseguenza, non credo i militari di epoca Shōwa avrebbero mai utilizzato un simbolo che non li avesse rispecchiati in pieno.

 

Per quel che riguarda la tua domanda su Kawai Kisaburō, ancora non è del tutto chiaro il motivo per cui gli fu ordinato di commettere il seppuku. Quella del denaro prestato a Takeda Kanryūsai è una delle teorie più accreditate, altre lo vogliono colpevole di aver utilizzato dei soldi per riscattare una donna di compagnia dalla vita dei quartieri di piacere, altre ancora per aver speso ingenti somme per motivi personali.

 

Matteo, hai perfettamente ragione. La cosa interessante è che Watanabe Ken raffigura Saigō Takamori, proprio uno dei comandati dell’esercito imperiale che sbaragliò le ultime forza Tokugawa armate all’antica. :arigatou:

 

Modificato: da sandro

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Grazie ancora infinitamente per le tue risposte: sto scoprendo veramente un sacco di cose nuove! Ho iniziato a leggere il tuo libro quindi a breve ti farò qualche domanda, spero, più interessante. In tanto avrei due domande su Hijikata.

La prima riguarda il famoso haiku riportato sulla sua tomba: la frase "...il mio spirito veglierà sempre sul tuo spirito che riposa ad Est" tu la interpreti come riferita all'amico Kondo Isami. Mi piace molto questa tua interpretazione, tuttavia spesso ho letto che molti la traducono "Il mio spirito veglierà sempre sul mio signore a Est", dicendo che sia rivolta allo shogun Tokugawa. Non si sa quindi a chi si riferisse veramente? Ci sono varie interpretazioni?

 

In fine volevo chiederti: conosci altri haiku di Hijikata? Sul web proprio non riesco a trovarli tradotti.

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Grazie a te per leggere i miei interventi. La tua domanda in merito alla poesia di Hijikata pone un quesito molto interessante. Se analizziamo semanticamente le parole azuma no kimi 東の君, esse si riferiscono senza ombra di dubbio allo shōgun, indicato come signore dellest. Ad esse viene contrapposto nishi no kimi 西の君, traducibile con signore dellovest, ossia il tennō. Tuttavia, nel caso di Hijikata io credo che azuma no kimi fosse rivolto o al suo amico Kondō Isamu, oppure alla sua famiglia ad Hino. Dico questo poiché Hijikata non mostrò mai particolare devozione per i Tokugawa, ed avendo sempre odiato i codardi ed i disertori mi rimane difficile pensare che quei versi fossero indirizzati a Tokugawa Yoshinobu, che aveva rimesso il suo mandato ed abbandonando la guerra lasciando senza guida quei pochissimi feudi che ancora si battevano in suo nome. Ciononostante, data lambiguità della lingua giapponese non credo che sapremo mai con certezza a chi il vicecomandante della Shinsengumi voleva riferirsi.

 

Ci sono diversi siti giapponesi su cui sono riportare la maggior parte delle sue poesie, ma tradotto non credo che si trovi nulla. Se ti fa piacere potrei renderne qualcuna in italiano (con tutte le ovvie limitazioni dovute alla metrica) ed inserirla qui. :arigatou:

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Non pensavo fosse così difficile tradurre il giapponese, comunque mi piace la tua interpretazione della poesia e sarei anche molto propensa a darti ragione: come te dubito che Hijikata abbia voluto legare il suo spirito ad un uomo che ha praticamente abbandonato i suoi uomini per codardia. Però ricordo che Hillsborough scrisse nel suo libro che il vice-comandante continuò a combattere in quanto il suo scopo era diventato quello di sottrarre lo shogun da certe accuse ingiuste mosse contro di lui.

Se allora non combatteva per il suo signore, cos'è che l'ha spinto a lottare fino alla morte?

 

Ti sarei enormemente grata se riportassi qui in italiano alcuni dei suoi haiku! Ho sempre voluto leggerli anche se molti dicono che siano brutti.

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Sicuramente tradurre dal giapponese comporta diverse difficoltà, innanzitutto per il fatto di rendere in una lingua occidentale una cultura estremamente diversa dalla nostra. Se per la prosa molti problemi possono comunque essere arginati da un abile traduttore, la poesia si scontra inevitabilmente contro l'ostacolo della sillabazione. Gli haiku sono composti da diciassette sillabe, divise secondo lo schema 5-7-5. A meno che non si stravolga totalmente, o comunque alteri di molto, il significato originario, difficilmente sarà possibile tradurre i versi in italiano mantenendo la metrica giapponese. Ad ogni modo, riporterò qui qualche altra poesia di Hijikata nei prossimi giorni.

 

Per il resto, io sono propenso a credere che il suo lottare sino alla fine fosse per l'estremo rispetto nutrito per i suoi compagni oramai morti: Kondō Isamu, Okita Sōji, Inoue Genzaburō. Anche sopravvivendo alla guerra, per lui non ci sarebbe stato più nulla da fare, considerando che prima della sua ascesa era stato un venditore ambulante di medicine. In molte sue lettere indirizzate alla famiglia ad Hino racconta di come gli fosse difficile continuare a vivere, di come cercasse continuamente il posto in cui avrebbe trovato la fine. :arigatou:

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