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Simone Di Franco

Uchiko: sashikomi, kessho e politure vecchie

Messaggi consigliati

Politura e Conservazione della spada giapponese
(e il popolare Hadôri vs le polemiche del Sashikomi)
- Un punto di vista personale -
da
C. U. Guido Schiller

Un argomento frequente tra i collezionisti di Nihonto è la politura, ed in particolare la differenza tra il Sashikomi e l' Hadôri (chiamato anche Kanahada [ossido di ferro] o Kesho [cosmetico]). Vi sono spesso osservazioni di carattere emotivo che promuovono il Sashikomi come unica "vera" politura.


Ora sono disponibili articoli e libri in lingua inglese che spiegano le varie fasi e gli strumenti della politura, ma l'enfasi è quasi sempre posta sull' Hadôri. Alcuni collezionisti, ritengono addirittura che il Sashikomi significhi semplicemente il fatto di omettere la pietra finale Hazuya. Tuttavia, in realtà, vi sono diverse tecniche distintive utilizzate per ottenere entrambe le finiture.


Una politura si compone di due fasi: Shitaji (politura di base) e Shiage (politura finale); la Shitaji è fondamentalmente la stessa per tutte le spade, le pietre che vengono utilizzate sono: Arato (ndt) → Binsui → Kaisei → Chûnagura →Komanagura Hato → Jito.


Nella Shiage avviene: Tsuya (Hazuya e Jizuya) → Nugui Hazuya → Migaki Narume. Nuovamente, Migaki (Shitamigaki e Uemigaki, preliminare e definitiva brunitura del Mune e dello Shinogiji, e la Sugikire e Narume per definire lo Yokote e la politura del Kissaki) sono più o meno gli stessi per entrambe i tipi di finiture.


Si può iniziare fin dalla fase di Jito Shitajia a porre le basi per un' Hadôri o per un Sashikomi, dipende dal politore. Anche l' approccio di Tsuya potrebbe essere un po' diverso, ma la scelta del Nugui è il fattore più importante. Mentre Kanahada, per l'Hadôri, annerisce uniformemente la Hira, il Jiseki per il Sashikomi scurisce solo il Jihada, mentre lo Yakiba rimane più o meno bianco.


Nell' applicazione seguente della Hazuya, soltanto propriamente lo Yakiba può essere polito in Sashikomi, in particolare per rimuovere i segni del Nugui, seguendo l' Habuchi il più possibile. L' Hazuya per Hadôri richiede molto più tempo e lo Yakiba viene completamente sbiancato, estendendo la sbiancamento fino nel Ji se necessario. Alcuni politori applicano una miscela di acqua ed Uchiko allo Yakiba, simulando l' Hadôri con questo bianco "impasto", per controllare il contrasto - potrebbe essere necessario più Nugui - ed avere un'idea della "fluidità" dell' Hadôri.


Il Sashikomi rende bene nel caso di uno stretto Nioiguchi / Habuchi, ma non aiuta a rendere ben visibili Nie e Nioi; nel peggiore dei casi li puo' addirittura oscurare. L' Hadôri può aumentare o diminuire il contrasto tra Hada ed Hamon, e dà agli Hataraki più brillantezza.


A questo punto vorrei fare un commento: il lavoro di un politore esperto su di una lama dura in media circa 100/120 ore. Questo dovrebbe aiutare a rispondere alla domanda, che spesso viene fatta, sul perché gli oneri di un Togishi siano così alti.

Si rendono visibili i Nie, i Nioi e gli Hataraki nelle fasi finali della politura; penso che una breve spiegazione a riguardo potrebbe essere utile.

Le particelle martensitiche formano l' Habuchi, queste sono chiamate NIOI se di piccola misura, nebbiose e diffuse, mentre sono NIE se sono abbastanza grandi per formare singoli, distinguibili, puntini brillanti. In realtà ogni Habuchi consiste di Nioi e la comparsa di Nie dipende dal contenuto di carbonio dell'acciaio, nonché dalla temperatura a cui viene riscaldata la lama prima dello Yakiire.

Se l' Hamon è composto solo - o principalmente - da Nioi, si parla di Nioi-Deki, se invece sono le particelle di Nie a coprire la maggior parte dell' Hamon si chiama Nie-Deki. I Nie possono formare gruppi: se sono grandi particelle si chiamano Ara-nie, se sono piccole Ko-nie, ecc.

La maggior parte degli Hataraki (come Kinsuji, Chikei e Inazuma) sono determinate formazioni di Nie.


I Nie appaiono già sulle lame del periodo Jôkotô, ma non si sa se per motivi casuali o per chiara determinazione del forgiatore. Sia come sia, penso che possiamo tranquillamente ritenere che, nel periodo Koto, i fabbri fossero in grado di produrre i Nie in modo controllato e che si trattasse di una questione di preferenze, tradizione, moda e - in misura minore - dal materiale.


Durante la metà del 10sec. è stata sviluppata la base per la politura della spada tradizionale, come la vediamo oggi (tranne l'uso della la pietra Kaisei, una aggiunta piuttosto recente). Honami Kotoku ha introdotto la brunitura intorno al 1600 dC. Tuttavia una politura al di là della fase di Shitaji apporta principalmente qualità artistiche e non contribuisce molto alla "capacità di taglio" della spada. Quindi la maggior parte delle spade non ha mai visto la fase Shiage, che significava lavoro in più e quindi più tempo e maggiori costi.

Solo durante la pace del periodo Edo,questo tipo di politura divenne più o meno standard.

Nel periodo Momoyama la famiglia Honami è stata mantenuta dai Tokugawa come politori ed esperti di lame, e da allora hanno cominciato a monopolizzare questa parte del mercato delle spade. Durante il periodo Edo avevano undici filiali e tutti quelli che potevano permetterselo facevano polire a loro le proprie lame.


Un errore comune è quello di ritenere che tutte le spade, fino al periodo Meiji, fossero polite in Sashikomi e che l' Hadôri fosse stato sviluppato solo dopo l'introduzione in Giappone della lampadina elettrica. Questo è vero solo in parte.

Anche se Sashikomi è una delle prime forme di politura finale, l' Hadôri è stato utilizzato almeno fin dalla metà del periodo Edo, secondo i vecchi registri, e forse anche prima. Tuttavia la cura con cui viene fatto l' Hadôri, come lo conosciamo oggi, e il livello di sbiancamento dello Hamon e degli Hataraki, nonché il grado di oscuramento del Jihada attraverso il Nugui, è qualcosa che è nato con l'avvento della lampadina. L' energia elettrica non solo consente al politore di lavorare con una costante fonte luminosa ma rende anche più facile vedere in modo chiaro i vari Hataraki; la Famiglia Honami ha risposto alla forte richiesta dei collezionisti, affinando le sue tecniche per facilitare le condizioni di apprezzamento della lama stessa.


Mi permetto di dire che in 9 casi su 10 l' Hadôri aiuterà ad apprezzare i più piccoli dettagli della spada. Questo è anche il punto dove il Togishi si trasforma, da semplice artigiano, in un' artista che "interpreta" la spada, proprio come se fosse un direttore d'orchestra di musica classica.

Perché allora alcuni collezionisti, in particolare quelli non-giapponesi, preferisco il Sashikomi? Si tratta di una questione molto complessa, e secondo me, ha diversi motivi.

Una ragione ovvia è semplicemente un fattore di gusto: per alcuni l'aspetto del Sashikomi è migliore di quello dell' Hadôri.

Il contorno dello Hamon è più facilmente visibile, anche a distanza. Si è immediatamente in grado di dire che l' Hamon è Choji, per esempio, e non un Notare bianco e nebbioso in Hadôri, come invece si sarebbe potuto immaginare al primo sguardo.


Come ho già detto in precedenza l' Hadôri è anche chiamato Kesho, cioè cosmetico. Alcuni sostengono che la "naturale bellezza "è preferibile al " make-up ". Le donne usano il make-up per mostrare e valorizzare le caratteristiche più attraenti del loro viso, mentre coprono quelle meno desiderabili. Lo stesso vale per le spade. Qualcuno sarà attirato da un viso acqua e sapone e per lui sarà il massimo; qualcun altro sarà attratto da labbra rosse e ben definite.


Ho anche sentito dire da qualcuno che il Sashikomi sia meglio perché è venuto prima del' Hadôri, ed è quindi il metodo più tradizionale. Ma allora dovremmo ritornare alle spade "in bianco" (Shiratogi), cioè quelle polite non andando oltre la pietra Komanagura, perché così sarebbe ancora più tradizionale. Non dobbiamo dimenticare che alcuni metodi sono stati sviluppati per aiutarci ad apprezzare le caratteristiche artistiche della spada e sarebbe sciocco non apprezzarli perchè tenuti in considerazione da minor tempo.


Un altro motivo per credere che il Sashikomi sia più tradizionale è in realtà un fraintendimento: molte spade al di fuori del Giappone hanno "perso" la loro politura e così potrebbero apparire come fatte in Sashikomi. La politura non dura in eterno e dopo anni e anni di utilizzo di Uchiko - che è la polvere di pietra di politura - l' Hadôri tende a svanire.


Io non sono sicuro di sapere quanti diversi punti di vista, tra ciò che è considerato bello e ciò che non lo è in materia di politure e di Nihonto in generale, ci siano a dividere i collezionisti giapponesi dai non giapponesi. Un occidentale che si trovi ad una festa con delle Geishe troverà probabilmente che i loro volti truccati di bianco le facciano sembrare artificiali; ed è una sorpresa apprendere che il suo omologo giapponese trovi la linea del collo molto più erotica rispetto al décolleté (ed è il motivo per cui il Kimono delle donne è ben chiuso alla gola, ma ha una scollatura sul retro del collo). Anche se penso che le differenze culturali siano troppo spesso enfatizzate, sarebbe ingenuo pensare che le persone di tutto il mondo guardino la stessa cosa nello stesso modo.


E poi naturalmente ci sono i politori esperti e quelli mediocri. Mancando di tecnica corretta e di buon gusto, un Togishi può fare più male che bene con la sua politura. Questo è vero sia per il Sashikomi che per l' Hadôri; ma il secondo è più incline ad interpretazioni errate da parte del togishi che così può rovinare l'intero aspetto della lama, mentre con il Sashikomi l'abilità manuale resta il fattore più importante.


Spero di non farmi troppi nemici quando dico che - almeno nella mia esperienza - la disputa tra Sashikomi e Hadôri sia più accesa tra i collezionisti inesperti, o tra coloro che hanno scarsa o alcuna esperienza diretta di lame polite perfettamente, o tra quelli che si concentrano sugli aspetti romantici del collezionare spade e continuano a vedere la spada come un oggetto d'arte, e quindi insistono a discutere su questioni che interessano meramente il gusto personale.


Le differenze tra i due metodi non sono così chiare come il mio esempio, confrontando cioè un viso roseo 'acqua e sapone' con uno invece pesantemente truccato. Il gusto personale comincia ad entrare in gioco se decidiamo che una lama Sue Tegai, con un Hamon sottile come un tratto di penna, dovrebbe essere polita in Sashikomi: ma discutere nello stesso modo a proposito di una lama di Hasebe Kunishige sarebbe folle.


Un collezionista 'navigato' non solo apprezzerà una buona politura quando esamina un nuovo acquisto ma dovrebbe anche avere una buona idea su chi abbia fatto la politura; per esempio un Hadori molto bianco, splendente, ci suggerirà la scuola Nagayama, mentre un forte e scorrevole Hadori che bilanci una Hada piuttosto scurita potrà essere stato fatto da Honami Nisshu.


Ci sono pochi riconosciuti togishi che abbiano lasciato (e che continuano a lasciare) il loro segno nel mondo della politura. Essere in grado di vedere le differenze nelle politure e la qualità complessiva della spada che rimane 'al di sotto' della politura, è più importante che sapere da chi, o da che tradizione, è stata fatta. Ci saranno sempre le mode e le tendenze, ma la vera qualità è eterna.


Una politura in Sashikomi non potrebbe mai rendere giustizia al Suguha brillante 'come la Via Lattea' di una lama di Hizen Tadayoshi e renderebbe troppo frastagliato un attivo Midareba in stile Soshu, ed ingnorerebbe gli Hataraki della Hada.


L'Hadori non è uno stile di politura che renda la bellezza di una spada accessibile a prima vista; occorre un esame approfondito per vedere tutte le sue attività. Necessita di più tempo per scoprirne tutte le caratteristiche ma, in ultima analisi, rende visibili dettagli che il Sashikomi non è in grado di mettere in evidenza. Se il politore è un esperto sarà lui a guidarci sulla strada giusta, in modo da apprezzare nel modo migliore ciò che la lama ha da offrire, sempre che si sia disposti ad investire un pò di tempo e si abbia una mente aperta.


Sono sicuro di aver già ripetuto quanto segue: l'esame di lame Gunto della II Guerra Mondiale oppure Kazuuchimono/Shiiremono (lame di 'produzione di massa' realizzate in periodi di forte richiesta) non aiuta ad acquisire una comprensione della natura artistica delle nihonto, casomai può servire a rovinarsi gli occhi.


Si può imparare l'arte solo attaverso l'esame di spade d'arte. Tutte le lame importanti che hanno una finitura in Hadori sono polite in questo modo per un semplice motivo: perchè così viene rivelata la loro bellezza, nel miglior interesse di usufruire di tale bellezza. Non ha niente a che vedere (beh, almeno non più di tanto) con la moda o con un sinistro complotto della NBTHK.


Se una lama ha una politura brutta o vecchia, i suoi difetti potrebbero non essere visibili. Ci vuole un occhio molto esperto ed allenato per giudicare una lama non polita ed anche in quel caso ci possono essere spiacevoli sorprese una volta che la lama venga sottoposta al togi. Chiamatemi codardo, ma personalmente non mi fido abbastanza di me stesso per arrischiarmi a comprare una lama di cui non posso vedere in modo sufficientemente chiaro la Hada e l'Hamon. Ho ancora da vedere una 'reliquia' arrugginita trovata in un mercato diventare un 'tesoro nazionale'. Dimenticate i cosiddetti 'pezzi da studio' : se una lama vale la pena di essere comprata, dovrebbe anche valer la pena di polirla e conservarla in modo appropriato. Cosa c'è da essere 'studiato' ? I diversi stadi in cui kizu e ruggine si divorano la lama ? Dovrebbe essere presente almeno una sufficiente politura, in modo da poter vedere se la lama sia buona o se possa essere promettente. In caso contrario meglio chiedere il parere di un esperto e non comprare mai 'una firma' se l'attribuzione non è confermata dalle caratteristiche della lama stessa.


Dopo aver acquistato la spada, datela in mano ad un togi qualificato. Chiedete in giro, osservate esempi diversi di politura, parlate con la persona in questione, chiedete referenze e decidete personalmente se pensate di fidarvi; questo è un dettaglio importante, dal momento che andrete a pagare molto per i suoi servizi. E, per favore, non ditegli come fare il proprio lavoro ! Se lo vedete aggrottare la fronte quando gli dite 'questo Sudare ba renderebbe moltissimo con un Sashikomi !', prendetelo come un segnale di avvertimento. A seconda della personalità (e talvolta della condizione finanziaria) il togishi potrebbe assecondare le vostre richieste ma, più spesso che no, non accetterà il lavoro.


Lasciate che sia lui a decidere come polire; dopotutto ha studiato il mestiere e sa cosa sta facendo. Non si tratta di 'fidarsi ciecamente', ma di basarsi sulla sua sensibilità e specialmente sulla sua esperienza. Credetemi, ci sono milioni di dettagli che noi, che non stiamo ore ed ore a chinarci sulle pietre in scomode posizioni maneggiando giornalmente lame di ogni periodo e scuola, semplicemente non vediamo.


Recentemente ho fatto polire un Wakizashi e quando sono andato a prenderlo sono rimasto piacevolmente sorpreso di quanto sembrasse diverso (cioè bello). Il politore aveva fatto un lavoro meraviglioso nel mettere in evidenza gruppi di Nie, grandi e brillanti. In un primo momento non avevo capito quando mi aveva detto di essere abbastanza contento di come aveva ridefinito le geometrie della lama, ma poi rimasi colpito: il Wakizashi aveva un aspetto migliore non solo perchè adesso ero in grado di vedere l'Hamon e gli Hataraki con maggior chiarezza, ma perche le linee dello Shinogi erano state riportate a come dovevano essere all'origine, prima che la lama fosse sottoposta a qualche cattiva politura nel passato. Questo aveva fatto molto, se non di più, nel conferire alla spada un 'miglior look' di quanto facesse la finitura in Hadori, quantunque di buon gusto. Le linee erano di nuovo 'fresche' e lo Yokote era di nuovo al posto giusto.


Poche persone sono più qualificate di un esperto politore nell'afferrare l'essenza di una lama. E questo è ciò di cui si tratta: di fare tutto quello che è possibile per rivelarci lo splendore e la bellezza che il fabbro ha infuso nella spada, magari un paio di secoli fa o solo ieri. Sashikomi ? Certo, perchè no. Ma solo se si adatta alla spada, non per una questione di principio.


Una volta che la lama lascia le mani del togishi tocca a noi collezionisti conservarla in modo corretto. Uno dei compiti più basilari, ed anche piacevoli, è quella di tenerla regolarmente pulita. Bisogna rimuovere l'olio vecchio e riapplicare un nuovo strato di olio. Dopo tutto l'acciaio è un metallo ferroso e tende ad arrugginirsi se lasciato a se stesso in condizioni non ottimali. Non molti di noi sono in grado di conservare una spada a 21 gradi centigradi costanti ed al di sotto del 55% di umidità relativa, come in un museo. Ed anche in quel caso, non si può lasciarla per anni senza manutenzione.


Ci sono delle volte in cui può essere usato l'uchiko (che sia di alta qualità); io ad esempio lo uso una volta ogni tanto, quando preparo una lama per un kantei o al momento di elaborare un oshigata. Ma occorre essere consapevoli che l'uchiko è costituito dai sedimenti di pietra usata per il togi, che si raccolgono sul fondo del secchio usato dal politore, quindi usare l'uchiko è come fare una 'leggera' politura. Fare questo troppo spesso o per lunghi periodi può far sì che la lama debba essere polita nuovamente, a causa di questa politura 'non qualificata'. Un' alternativa a questa nuova politura può essere quella di dire agli amici che si tratta di una lama in Sashikomi.


Nei tempi antichi non c'era altro modo di togliere il vecchio ed appiccicoso strato di olio dato a protezione della lama, ma oggi l'alternativa esiste: se si parla con un togishi giapponese egli consiglierà di usare alcool deidrato, o alcool anidro. I musei in Giappone lo usano ed anche molti venditori professionali. E' il modo più delicato per rimuovere l'olio vecchio senza danneggiare la politura. In Giappone è chiamato Musui Ethanol, etanolo senz' acqua ed è alcool puro al 99,5 %. Ha una scadenza e dura in bottiglia circa tre anni, ma non è molto costoso.


Una volta ho provato una sostanza a base di alcool che mia moglie usa per rimuovere le etichette adesive (dovrebbe essere alcool isopropilico, ndt). Si sono create delle meravigliose striature di blu, cangianti al porpora a seconda di come inclinavo la lama rispetto alla luce. Un piccolo strato di olio ha cancellato questi festoni colorati ma il mio cuore si è fermato per un paio di secondi....


Dunque dal momento che sto svelando tutti i segreti: sia per la pulizia che per la lubrificazione il collezionista puntiglioso utilizza- rullo di tamburi - semplice carta velina ! Naturalmente deve essere una carta bella, pulita e morbida come i Kleenex, non roba generica magari riciclata e ruvida. Per dare l'olio può andare bene un morbido panno di flanella, del tipo usato per la pulizia degli occhiali o degli obbiettivi fotografici, che non lascia pelucchi come un normale tessuto quando è bagnato.


Ci sono anche dei tipi di tessuto particolare che somigliano ad un asciugamano; negli USA si trova un tipo di colore blu e la NBTHK utilizza un materiale simile, però di colore bianco. Non ho mai chiesto dove lo reperissero poichè utilizzare un panno del genere ha senso solo se si deve curare la manutenzione di un gran numero di spade. Per il normale collezionista ci sono tipi di tessuto più che sufficienti, che si possono trovare normalmente in giro. Il materiale migliore è probabilmente il Microdear®, che è usato per la pulizia delle lenti. Anche se è piuttosto costoso, è lavabile e può essere usato per un lungo periodo, fino a che non si consuma.


Si prega di notare che la parola chiave qui è 'puro': alcool puro, tessuti semplici e morbidi. Per quanto riguarda l'olio io uso il Token Shibata che, a quanto dice Mr. Fujishiro, non contiene olio di Choji. E' più raffinato e chiaro rispetto all' olio Choji, ed è meno costoso. Inoltre è ottimo per coloro che non amano l'odore di chiodi di garofano.


Mi rendo conto che tutto ciò non è tradizionale, ma lo sarebbe se queste cose fossero state disponibili anche 'a quei tempi'. La tradizione è una bella cosa. Io amo il profumo del Choji e passare l'uchiko su una lama può anche trasformarsi in un esercizio zen. Ma se ci sono metodi più moderni e migliori, perchè non usarli ? Basta dimenticarsi dell'uchiko (almeno per quanto riguarda la pulizia regolare), come fanno i collezionisti di nihonto più esperti. Certamente dare l'uchiko impressiona i neofiti, ma finisce per graffiare lentamente la vostra lama.


Una volta un cugino di mia moglie mi portò a far vedere un Wakizashi; una bella lama , firmata 'Bishu Osafune Morimitsu Saku' e datata Oei 8. Pur avendo dei dubbi sulla autenticità della firma si trattava comunque di una lama ben fatta con un grazioso Sugata, Bohi e Soebi, ed un Hamon gunome midare. Ma questo è tutto ciò che si poteva vedere della lama. La Hada era scomparsa, non che fosse svanita, semplicemente non era più visibile. Questo è ciò che un uso costante dell'uchiko può fare ad una spada. Per dirla tutta: la politura era antecedente alla II Guerra mondiale. Ma da allora era stata presa in mano solo una volta ogni morte di papa, colpita con decisone con la palla di uchiko e ri-oliata. Inutile dire che il kesho era completamente sparito. L'ultima volta che era stata oliata è stato quando l'attuale proprietario l'ha ricevuta da suo nonno come dono di laurea. Adesso sua figlia maggiore va al college. Comunque, utilizzando l'alcool per togliere il vecchio olio, notai che il tessuto usato era diventato marrone: c'era della leggera ruggine che non riuscivo a vedere ad occhio nudo, che l'alcool aveva rimosso. Ed ecco che l'Utsuri, fino a quel momento rimasto nascosto, venne subito in evidenza.


Una piccola nota a margine: nel corso dei primi sei mesi, o giù di lì, a seguito di una politura può accadere che piccole quantità di acqua restino 'intrappolate' nella lama. Quindi è molto importante oliare il più spesso possibile (il che non vuol dire tutti i giorni) la spada durante questo periodo critico. Immaginate quanto si può risparmiare in uchiko ed in nuguigami utilizzando semplicemente l'alcool e fazzolettini di carta.


Per concludere: l'alcool non è solo una bella cosa all'interno di certe bevande fermentate che lo contengono, ma può fare miracoli anche sulle spade. Il che mi riporta alla mente la bottiglia di sakè Junmai-Daiginjo, di cui mia moglie pensa mi sia probabilmente dimenticato. Bene, dopo sei pagine di divagazioni credo di meritarmi un sorso o due, se non per i contenuti almeno per l'impegno. Salute !


 


Ecco un interessante articolo emerso dalle mie ultime divagazioni su internet.



In particolare secondo alcune teorie, partendo da lame appena polite, le finiture kesho risentirebbero nel tempo dell'uso dell'uchiko, in quanto la polvere, col tempo e molte applicazioni può portar via l'effetto stesso della hadori e togliere molto contrasto alla finitura.
Al contrario, sempre secondo alcuni, le finiture in sashikomi, con l'uso dell'uchiko nel tempo ci guadagnerebbero...
La cosa un pò mi affascina e un pò mi lascia perplesso.
Se nel primo caso è facile capire che la sottile abrasione della polvere, offuschi la finitura kessho, davvero non so come al contrario possa avere buoni effetti sulla sashikomi.


Oltre a questa teoria, di cui mi piacerebbe discutere, secondo me sarebbe molto interessante anche ragionare sull'effetto dell'uchiko invece su politure che non sono più fresche.

In fondo se una politura è già offuscata, forse un buon passaggio di uchiko potrebbe togliere un pò di "velo del tempo" e forse restituire qualcosa piuttosto che offuscare ancora di più.

che ne pensate?



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Perfettamente d'accordo Simone, ne ho parlato anche con Takaiwa sensei a Tokyo. Succede che, su una lama in Sashikomi lo hamon tende a prendere una colorazione più lattiginosa non influendo molto sulla hada, mentre lame in Hadori il continuo uso dell'uchiko influisce sulla colorazione della Hada e prende un colorito monocromatico. Ti ricordi quando ti parlai della collezione del Dott. Roma? Oramai erano quasi tutte con quel colorito lattiginoso.

Comunque c'è la possibilità di recuperare il problema senza aggredire la lama ma con un leggero machiage.

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Quindi, se capisco bene:

l'effetto bianco dell'hadori è determinato da una sorta di finissima 'abrasione controllata' che, oltretutto, può essere utilizzata dal politore anche per mascherare abilmente delle 'carenze' nel nioiguchi.

Essendo l'uchiko a sua volta sensibilmente abrasivo, utilizzandolo in modo eccessivo si tende da una parte a smorzare la chiarezza dell'hadori e dall'altra a 'sbiancare' la hada; con il risultato di una sensazione generale di 'appannamento' della superficie della lama. Giusto ?

 

Però, allora, anche una politura in sashikomi dovrebbe 'peggiorare' facendo un uso spregiudicato dell'uchiko. Questo lo chiedo perchè, ovviamente, chiunque custodisca una lama può cedere alla tentazione di abusarne. :arigatou:

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Sicuramente l'uchiko essendo una polvere ha un effetto abrasivo, abbiamo anche detto che forse sarebbe il caso di usare alcool al posto di questo per togliere i residui di olio vecchio, in tutti i casi, l'effetto uchiko dovrebbe essere come quello del talco quando si ha una macchia su un vestito, assorbire.


"accorciati la firma". Ernst Jünger

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d'accordo pure io. basta dire che da anni nei musei giapponesi non viene più utilizzato l'uchiko ma l'alcool. l'alcool non ha effetto sulla politura, la polvere, specialmente se utilizzata male ha effetti devastanti. e bisogna sempre considerare che la quantità di acciaio che si può portare via da una lama con le politure(anche se si tratta di un semplice maquillage...) è molto limitata anche rispetto al peso totale della lama, di conseguenza ha senso utilizzare ogni metodo possibile per conservare la lama il più lungo possibile. anche le politure in kesho se ben realizzate acquistano con il tempo se correttamente mantenute. la formazione di leggerissima ossidazione nel tessuto gli fa riprendere colore e rende molto più evidenti l'hada e anche fenomeni come l'utsuri.

G.

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Il punto che volevo evidenziare era che, secondo molti, l'uso dell'uchiko sulle finiture sashikomi addirittura migliora l'effetto cromatico della politura.

 

Quanto invece a vecchie politure in cattivo stato, dove ormai l'hadori e il sashikomi sono già adombrate, usare l'uchiko con una certa regolarità potrebbe migliorare la situazione?



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belle domande:

1) boh! una volta l'uchiko era universalmente utilizzato, bisogna vedere se il miglioramento della finitura sashi-komi è proprio dovuto alla polvere o è un fatto di invecchiamento naturale(ossidazione, ecc). probabilmente il sashi-komi si rovina di meno con l'utilizzo di uchiko e quindi l'invecchiamento non è constrastato? boh! bisognerebbe avere una casistica di lame trattate ad alcool e vedere cosa succede nel tempo...

 

2)non credo. penso che possa, al massimo, peggiorare la già non rosea situazione: non è una politura, i granelli della polvere non vengono mossi in maniera precisa e orientata, non ha la stessa funzione abrasiva della pietra da togi.

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Alcuni dealers giapponesi propongono, per le spade con politura 'stanca', una sorta di veloce (e relativamente economico) make-up, talvolta definito 'nugui naoshi'.

Confrontando diverse opinioni sul web a questo proposito, i pareri sono discordanti: per alcuni sono soldi buttati, per altri la differenza tra 'il prima ed il dopo' è lampante. Qualcuno ne sa qualcosa ? Tecnicamente penso di aver capito come funziona ma, all'atto pratico, è davvero efficace oppure è un trucco temporaneo che dura giusto il tempo di fare una foto dall'aspetto più 'accattivante' ? :arigatou:

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Alcuni dealers giapponesi propongono, per le spade con politura 'stanca', una sorta di veloce (e relativamente economico) make-up, talvolta definito 'nugui naoshi'.

Confrontando diverse opinioni sul web a questo proposito, i pareri sono discordanti: per alcuni sono soldi buttati, per altri la differenza tra 'il prima ed il dopo' è lampante. Qualcuno ne sa qualcosa ? Tecnicamente penso di aver capito come funziona ma, all'atto pratico, è davvero efficace oppure è un trucco temporaneo che dura giusto il tempo di fare una foto dall'aspetto più 'accattivante' ? :arigatou:

G.Luca, si esiste questo make-up ( il politire lo deve sapere). Quando nel 2009 siamo tornati da Giapone con una bella lama antica ( firmata e datata 1399) ma con togi un po spento, gli ho fatto questo pseudo nugui, e la lama è rifiorita, ed è duraturo,(ovviamente bisogna saper bene ciò che facciaamo altrimenti sono casini). Anche quì, entrano in scena i segreti Nipponici. Che ci vuoi fare è tutto così.

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Ringrazio Simone per l'interessante discussione postata! :arigatou:

 

Da esso ho estrapolato questa pagina: http://www.bushidojapaneseswords.com/polishing_cleaning.pdf

Vi consiglio veramente a tutti un'attenta lettura!!! :wink:

Cito un passaggio conclusivo alquanto divertente:

"In conclusion: alcohol isn't only a beautiful thing when certain fermented drinks contain it, it sometimes even can do small wonders on swords." :tioffrounabirra:


"Indiana Jones e la lama perduta"

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Schiller scrive sempre degli ottimi articoli, questo in particolare direi che è davvero ben fatto, piacevole da leggere e dai contenuti illuminanti.

 

Se qualcuno avesse voglia di tradurlo me lo faccia sapere, per favore.



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Simone ci posso provare io :ok:

Ci pensavo appunto ieri sera alla possibilità di tradurlo e pubblicarlo sul furum, come hai detto te, ha dei contenuti veramente illuminanti!


"Indiana Jones e la lama perduta"

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L'azione dell uchiko è generalmente molto blanda, l'utilizzo di un uchiko di qualità elevata abbinato ad una tecnica di applicazione corretta (cosa che si dovrebbe insegnare) genera una azione abrasiva veramente ridottissima, per rilevare decisi cambiamenti di aspetto di una lama occorrono numerosi decenni di manutenzioni intense, numerosi e numerosi decenni. Questo ovviamente parlando di utilizzo corretto.

In generale quindi ,effettuando la manutenzione nei limiti del necessario e con il garbo e la maestria che l'arte impone, potremmo mantenere inalterata l'estetica di una nihonto per un secolo ed oltre.

E' pur vero che non tutti dispongono di uchiko di reale qualità, nè dispongono della maestria di cui sopra. Ergo l'utilizzo di alcool anidro risulta decisamente piu raccomandabile oltre a garantire pari efficacia.

Per quanto concerne la capacità dell'uchiko di esaltare in alcuni casi un sashikomi la cosa risulta plausibile e talvolta vera. In particolare l'uchiko (applicato ripeto con maestria) contribuisce nel tempo ad appiattire le microincrespature che si creano durante l'applicazione di jitekko rendendo la superficie dello hada più spianata e riducendo di conseguenza le riflettenze di superficie esaltando al contempo tessuto e colore.

Al contrario occorre tenere presente che una finitura in hadori presenta un hamon "artificialmente" (mi si passi il termine) sbiancato; tale sbiancatura non è unicamente il risultato di una maggior abrasione , anzi direi proprio che in un buon hadori lo hamon non è ad un livello di abrasione più grossolano dello hada. (Questa sarebbe una cosa da ricordare per chi è veramente interessato a valutare la qualità di un togi) . Sebbene una abrasione più grossa procuri effettivamente una sensazione di sbiancamento e contrasto, nella realtà di un togi ortodosso l'effetto di sbiancatura è dato da più elementi che convivono nella tecnica; in primis un "disordine" delle linee di abrasione che per quanto parallele tra loro vengono create con cortissimi passagi di hazuya in modo da evitare microlinee continue, in secondo luogo lo hadori genera un effetto chimico di ossidazione superficiale grazie alla presenza del tojiru, la cosiddetta fanghiglia che funge da ossidente e da lubrificante durante il processo. Il tojiru ha dunque un effetto schiumogeno e la leggera frizione sull'acciaio crea una ossidazione superficiale biancastra.

L'ossidazione superficiale è più debole di un qualunque effetto di abrasione sull'acciaio , di conseguenza un utilizzo intensivo (e magari spregiudicato e maldestro) di uchiko rischia di ridurre la sbiancatura rendendo il contrasto con lo hada meno evidente.

Va inoltre detto che il motivo per cui ritocchi con nugui risultano efficaci nel ringiovanire una politura sbiadita sono dovuti a molti fattori, i nugui sono ossidi e si legano chimicamente alla superficie dell'acciaio (per questo motivo vi sono diversi nugui, a seconda della tipologia di acciaio alcuni ossidi tendo a legarsi meglio di altri). Il pallore di una lama può dunque essere dovuto a più elementi:

1) Perdita dell'ossidazione superficiale

2) Inaccurate continue applicazioni di uchiko che non tengano particolare attenzione alla completa asportazione del'uchiko stesso prima di una nuova oliatura. Se infatti riamangono sulla superficie piccole tracce di uchiko esse possono gradualmente depositarsi nelle microporosità del tessuto , una applicazione di choji può addirittura favorirne la cementificazione nelle porosità contribuendo nel tempo ad un certo impallidimento generale.

 

Infine una massima criptica per chi veramente ha interesse a comprendere ed apprezzare la politura: Juzuya non è più fine di hazuya, è solo che narutaki è più dura!
Se comprendete questa cosa avete compreso il togi, non dico lo si possa fare, ma lo si potrà capire.

Modificato: da Kentozazen

Mani fredde, schiena curva, odore di pietre bagnate. Questo è il togi.

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se anche qualcun altro si fa avanti si può anche dividersi il lavoro

 

Disponibile ! :arigatou:

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Grazie Andrea, se mi è permesso osservarlo, manca la tua chiarezza e competenza in materia in questa sede.

Leggerti anche se raramente è pur sempre un piacere, spero a presto
:arigatou:

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