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Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

La Branch italiana è un piccolo organismo, sostenuto dall’impegno e dalla passione di pochi, ma risulta molto importante per lo sviluppo dei nostri studi sulla token. Vi esortiamo a prendere in considerazione l’idea di far parte di questo gruppo, non solo per progredire nello studio ma anche per diventarne sostenitori attivi. Oltre ad essere economicamente vantaggioso per chi vuole essere socio N.B.T.H.K., permette di avere un contatto privilegiato con la Sede Centrale a Tokyo, dando l'accesso a canali di studio altrimenti impensabili per un occidentale, come accaduto durante l'ultimo Special Meeting.
Chi è interessato e desidera avere maggiori informazioni, che sia già Socio INTK o meno, può contattare il Presidente Gianluca Venier entro il 20 marzo direttamente via email: nbthk.italianbranch@gmail.com

heijoshin

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    http://www.padovakendo.it
  1. heijoshin

    Tennen Rishin Ryū

    tra l'altro è una mia impressione o i 2 bokuto di Hijikata Toshizō sono particolarmente lunghi?
  2. heijoshin

    Tennen Rishin Ryū

    grazie mille per la cortesia, spererei un giorno di poter vedere dal vivo questa koryu...magari proprio a roma
  3. heijoshin

    Tennen Rishin Ryū

    Grazie mille, sei stato molto esauriente Avrei solo un'altra curiosità, quali differenze (peso, dimensioni, ecc.) ci sono fra l'omote bokuto e il bokuto normale usato da voi (ne avete uno specifico o ne usate uno "generalista")? grazie ancora
  4. heijoshin

    Tennen Rishin Ryū

    innanzitutto grazie per aver condiviso questo documento. Premetto che devo ancora leggerlo, quindi se la risposta alla mia domanda fosse contenuta lì, ti prego di scusarmi. è solo una piccola curiosità di un piccolo praticante di TSKSR. mi ha sempre incuriosito il particolare bokuto della vostra scuola, potresti spiegarmi (anche sommariamente)la filosofia che sta dietro a questa scelta? mi spiego meglio (forse sarò un po' superficiale per brevità, quindi scusatemi): ogni scuola ha una propria concezione del combattimento, incarnata dalle tecniche e dai kata della scuola. sulla base di questa poi si utilizzavano specifici metodi di allenamento e usava armi specifiche per raggiungere quel risultato: per fare un esempio la jigen ryu dava molta importanza al kesa giri e aveva quindi sviluppato un sistema di allenamento (makiwara, bokuto ricavati da rami, e infinite ripetizioni del colpo) che permetteva di raggiungere poi un risultato terrificante. tornando alla mia curiosità: cosa sta dietro alla vostra scelta? è l'unico bokuto che usate, o è solo un passaggio in un percorso più articolato? scusami per la domanda ot, ma troppa era la curiosità (intesa come interesse ovviamente)...ti ringrazio in anticipo per qualsiasi risposta mi vorrai dare p.s. spero di essere stato chiaro nell'esposizione, ma sono di fretta, soooorry
  5. ops, scusami, sarà fatto.
  6. forse nn ho specificato bene cosa intendevo dire riguardo alla memoria muscolare (o più probabilmente uso il termine in maniera impropria, sorry)... spero di essere abbastanza chiaro e nn impreciso perchè sono cose che ho letto, ma nn è esattamente il mio campo...il cervello funziona essenzialmente come un magazzino per i dati dell'esperienza, che poi vengono riutilizzati nel caso si presenti una situazione analoga o addirittura la medesima già sperimentata...più frequentemente si ha accesso a quei dati (e più essi sono estesi) più velocemente si arriva ad un processo di decisione/azione. l'allenamento marziale fondamentalmente serve a questo: si amplia la quantità di informazioni possedute, se ne velocizza la consultazione per accorciare i tempi decisionali e di azione, che mano a mano che si acquisisce esperienza diventano sempre più automatici, quindi immediati. l'allenamento serve a coprire il più vasto numero possibile di situazioni che possono capitare per eliminare il gap che esiste fra la percezione delle informazioni, la loro analisi e la decisione di una reazione adeguata. l'estremo opposto è quando si dice "in quel momento mi è passata tutta la vita davanti": semplicemente il cervello stava cercando fra le informazione dell'esperienza qualcosa che servisse a fronteggiare la situazione, ma nn trovando questo qualcosa rallenta notevolmente il processo di analisi, che quindi diventa percepibile. un po' come un hd fondamentalmente... quindi per evitare che in combattimento succedano situazioni di questo tipo, l'allenamento deve imprimere una sorta di memoria muscolare quanto più ampia possibile, per cui l'interazione corpo-mente sia quasi immediata, per questo i tempi di reazione sono notevolmente ridotti, ma succede in ogni campo in cui una persona è particolarmente esperta. ovviamente in questo campo entrano in gioco tutta una serie di considerazioni sulla strategia e la tattica che un combattente può elaborare prima e durante un combattimento, ma questo ci porterebbe un po' fuori dalla discussione...e questo intervento lo è già abbastanza in verità i due detti possono essere concatenati: nn ti spiego il lavoro, te lo faccio vedere, tu lo impari così ce ne sarà meno per me...direi che fila
  7. intervento interessantissimo che tocca moltissimi punti, complimenti...aggiungo qualcosino dal mio, opinabilissimo, punto di vista: 1: la "semplice" memoria muscolare come dici tu serve essenzialmente per ridurre i tempi di reazione ad una situazione di pericolo, cosa essenziale in un campo di battaglia o in un duello. se il corpo grazie ad allenamenti intensivi e continuati reagisce senza l'intervento cosciente della mente, beh direi che è un vantaggio in una situazione di vita o di morte...credo sia questo che i maestri intendevano con mushin, fudoshin, heijoshin e termini correlati (ma è solo una mia impressione, correggetemi se sbaglio) 2: la "mancanza" di cognizioni scientifiche è un punto focale direi: innanzitutto bisogna precisare che è mancanza dal nostro punto di vista, per come noi intendiamo il concetto di cognizione scientifica. hai citato a ragione la fabbricazione delle spade, in cui si sono raggiunti livelli di perfezione tecnica senza però avere quelle basi scientifiche (temperatura di fusione, durezza dei metalli, ecc.) che possiamo avere oggi...questa mancanza veniva sopperita con il ricorso a spiegazioni "esoteriche" (nn mi piace il termine però è quello comunemente usato) tipo "la temperatura giusta è quando il carbone raggiunge il colore del sole al tramonto"...nn credo sia mancanza ma solo un approccio diverso. dopotutto l'universo empirico-filosofico su cui si basa l'oriente (yin e yang, i 5 elementi e le loro interazioni, ecc.) è radicalmente diverso dal nostro, quindi anche i presupposti che stanno dietro alle spiegazioni sono diversi. un altro esempio è la meditazione buddhista o il ki kung che attraverso l'esperienza corporea sono arrivati all'elaborazione di una psicologia della mente che ancora oggi in certi casi è molto più avanti della nostra "scienza"...e tutto questo 3000 anni prima di Cristo la ritualizzazione del gesto credo serva più a preservare la conoscenza più che a trasmetterla, nel senso che nn è esattamente il gesto l'importante ma il significante di quel gesto. 3: nn ci sono differenze nella didattica perchè ci hanno copiato anche quella ...scherzi a parte credo che ci siano meno remore e meno paranoie a copiare nelle società orientali perchè...beh taglio con la mannaia il discorso ma penso derivi da una parte dalla tendenza alla omogeinizzazione che quelle società richiedono in generale (l'originalità per noi ha un valore altissimo perchè assunta ad espressione della nostra individualità, quasi a simbolo del nostro esistere), da un'altra per unmaggiore empirismo: funziona? bene intanto copiamolo poi miglioriamolo in tutto questo mi sovviene un proverbio cinese: "perchè spiegarti una cosa, quando posso fartela vedere?"...credo calzi a pennello P.S. scusate la lunghezza, ma quando trovo interessante un argomento tendo a diventare logorroico...
  8. riprendo una discussione un po' vecchia spero vogliate scusarmi...provo a portare alcune riflessioni fatte in qualche anno di pratica marziale, ma credo generalizzabili (anche se nn so quanto) ad altri campi. intanto mi pare che si stia parlando di una trasmissione del sapere tradizionale, basata sul rapporto quasi personale fra maestro e allievo, in cui è vero che l'allievo si affida al maestro, ma è anche vero che quest'ultimo nn è depositario della verità ma solo una persona che ha cominciato prima il percorso della Via. il maestro nn deve insegnare, ma aiutare a capire il che presuppone una partecipazione attiva dell'allievo. anche l'imitazione credo sia più un "rubare con gli occhi", un imitare col corpo per scoprire il significato dei movimenti e nn solo la meccanica. questo è un concetto che hanno anche i nostri artigiani, e credo sia legato ad un modo tradizionale di trasmettere le conoscenza. dopotutto (e qui faccio un paragone che potrebbe sembrare azzardato) una bottega per esempio di pittori del nostro rinascimento nn funzionava tanto diversamente da un dojo: gli apprendisti per i primi anni facevano lavoretti insignificanti ma propedeutici al loro sviluppo artistico che veniva seguito da chi dirigeva la bottega e dai lavoranti più anziani. gli esercizi ripetitivi servono a familiarizzare il corpo con una serie di movimenti sconosciuti, e a portarli ad un livello di interiorizzazione che ne permetta l'esecuzione senza pensarci. da lì poi il passo successivo è capire il concetto che sta dietro il movimento. è raggiungere una tecnica oltre la tecnica che permette di nn pensare all'atto tecnico in sè, ma al risultato che si vuole ottenere, minimizzando i tempi di reazione (discorso valido per le discipline marziali principalmente). è il passaggio che nei kata si ha dall'imparare il movimento al capire l'effettivo valore del movimento. che poi alla fine ti libera anche dalle regole del movimento stesso e ti permette di usarlo in assoluta libertà. a noi occidentali credo serva una spiegazione passo passo del processo, che analizzi razionalmente ciò che si vuole imparare (come ha già detto dora se nn sbaglio), mentre gli orientali per molte cosa hanno ancora un approccio trial and error, io ti faccio vedere tu prova. d'altronde nell'insegnamento tradizionale delle arti marziali il modo migliore per imparare la tecnica è subirla no? e di solito veniva mostrata una volta sola hmmm ok scusate la lunghezza...questi pensieri in libertà sono il frutto di voglia di fare niente, poco allenamento e la rilettura (che nn vuol dire comprensione) del Gorin no Sho e dell'Heio Kadensho quindi siate clementi....
  9. @dade: puoi fare anche una ricerca sul sito della cik, so che ci sono 3 dojo di kendo a firenze e in uno di questi si insegna anche itto ryu (nn so però di quale linea) ciao e buona pratica http://www.kendo-cik.it/Italiano/index2.htm
  10. grazie mille della spiegazione...spero proprio che il libro sia disponibile alla primavera del budo perchè ci sarò...
  11. Una piccola domanda su di un concetto che nn ho capito: le scuole che "nascono" in un tempio sono da associare al fenomeno degli sohei? oppure il fondatore della scuola ha semplicemente utilizzato il nome del tempio in cui aveva raggiunto l'illuminazione? Per semplificare quindi, gli sohei erano dei veri e propri eserciti organizzati che facevano capo ai complessi templari più grossi (tipo Nara e Kamakura) mentre gli yamabushi erano dei gruppi più ristretti e autonomi? per caso c'entrano qualcosa con quei gruppi di monaci itineranti da cui si travestivano sempre gli Yagyu per attaccare Itto Ogami (lo so l'esempio nn è dei più acculturati ma era per rendere l'idea )? alla fine sono tre domandine, nn una...
  12. ti ricordo solo che persone come Ueshiba, Kano e Mochizuchi (e si parla di '800-'900 e nn di '600) hanno passato la maggior parte del loro tempo in un dojo studiando più di una tradizione marziale...direi che forse proprio shogun e imperatore erano quelli che meno praticavano per un motivo o per l'altro anche nuoto (come faceva notare sandro), tecniche di respirazione, equitazione penso si possano ascrivere all'allenamento, poi che TUTTI i samurai vi ci si dedicassero mi sembra improbabile, altrimenti nn ci sarebbero state quelle individualità che anche nei contemporanei suscitavano ammirazione...mezza dozzina francamente mi sembra un po' pochino (anche se capisco che magari hai minimizzato di proposito), soprattutto se pensi alla proliferazione di ryuha (soprattutto nel perido Edo che paradossalmente era un periodo di pace) che presuppone nn solo un numero di praticanti abbastanza alto, ma anche che questi praticanti raggiungessero un livello tale da essere autorizzati a lasciare il dojo, insegnare e fondare una propria tradizione cmq se trovassi le fonti a supporto della tua teoria sarei molto interessato...e naturalmente farei seppuku per rimediare alla mia ignoranza
  13. beh i suburi nn sono poi così recenti tutte le scuole ne avevano di vario tipo...da qualche parte ho letto che la Jigen Ryu (mi pare, quella dell'ultimo samurai per intenderci) praticava 4000-5000 kesagiri al giorno...avendo come bersaglio gli alberi...ora se questo nn è allenamento fisico. Certamente i suburi hanno il compito principale di sciogliere le articolazioni e facilitare il rilassamento, però l'uso dei suburito mi pare possa essere più collegato ad un potenziamento fisico. E poi scusa una classe guerriera che cos'altro doveva fare se nn prepararsi alla guerra e quindi allenarsi? E' vero che dal '600 in poi questa esigenza nn è più prioritaria, però nn credo che tutti i samurai trascurassero l'allenamento. D'altronde se a un bambino di 10 anni metti in mano un bokuto è ovvio che a 20 ha già la muscolatura adatta, ma nn ci nasce mica con quella muscolatura Si dice sempre che per maneggiare la spada nn bisogna usare la forza, ma questo nn significa che nn bisogna averla
  14. è proprio una bella idea, credo si potrebbe creare un bel network di appassionati...sarebbe molto utile a tutti gli appassionati spada direi
  15. nn ne sono sicuro ma può darsi...so per certo che c'è la foto di un irezumi di Horyoshi II (o forse III? boh nn ricordo...) che gira solo in versione "scuoiata", perchè il tizio che ce l'aveva è morto prima che lo si potesse fotografare...beh dopotutto è un bel modo di sopravvivere a se stessi no? c'è chi va al GF, chi colora le fontane di rosso...

Chi è I.N.T.K.

La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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"Una singola freccia si rompe facilmente, ma non dieci frecce tenute assieme."

(proverbio popolare giapponese)

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