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Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

La Branch italiana è un piccolo organismo, sostenuto dall’impegno e dalla passione di pochi, ma risulta molto importante per lo sviluppo dei nostri studi sulla token. Vi esortiamo a prendere in considerazione l’idea di far parte di questo gruppo, non solo per progredire nello studio ma anche per diventarne sostenitori attivi. Oltre ad essere economicamente vantaggioso per chi vuole essere socio N.B.T.H.K., permette di avere un contatto privilegiato con la Sede Centrale a Tokyo, dando l'accesso a canali di studio altrimenti impensabili per un occidentale, come accaduto durante l'ultimo Special Meeting.
Chi è interessato e desidera avere maggiori informazioni, che sia già Socio INTK o meno, può contattare il Presidente Gianluca Venier entro il 20 marzo direttamente via email: nbthk.italianbranch@gmail.com

Dora

Quando Il Sensei Dà I Numeri E Il Dojo Si Sfascia...

Messaggi consigliati

dove pratico io ninjutsu tendiamo a fare allenamenti costanti ma non troppo frequenti da rendere impossibile la presenza, anzi organizziamo tra di noi allenamenti con o senza maestro per ripasso. sarà poi che nel ninjutsu non si fanno competizioni e si vivono gli allenamenti con tranquillità e partecipando ogni anno alle bujinfest

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Il buon senso dovrebbe essere la norma. :arigatou:


La vittoria è di colui,

ancor prima del confronto,

che non pensa a sè

e dimora nel non-pensiero della grande origine.

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Se non va bene il dojo, girarsi e cambiare. Io la vedo così. :arigatou:

 

Si ma fino a un certo punto, anche se la disciplina è "giapponese" qua siamo in Italia. Se uno paga e il maestro trae profitto deve godere di un servizio quindi ha diritto a essere trattato con rispetto la disciplina e filosofia giapponese viene dopo. Se il maestro decide che devo leccarli i piedi ogni giorno prima di iniziare l'allenamento io posso dirgli benissimo io pago, non faccio quello che mi hai chiesto (perchè è da malati) tu fai la tua lezione e rimango qui finchè mi pare e non puoi cacciarmi. Forse in Giappone sarebbe diverso ma in Italia è così, quindi se vuoi esportare una cultura straniera prima devi avere rispetto per la cultura di chi impara. A maggior ragione se l'allievo è nuovo e non sa alcune regole che sono formalità di rispetto bisogna introdurlo pian piano perchè al di fuori del dojo vige l'educazione italiana, che tra l'altro anche gli italiani faticano a mantenere.

Molto spesso tra l'altro gli italiani che si erigono a grandi sensei prendono atteggiamenti che non centrano nulla neanche con la cultura giapponese ma che assomigliano di più a nonnismo da camerata fascista.

O pretendono formalità di rispetto che in Giappone vengono date solo a chi si può arrogare il diritto di essere chiamato sensei e sono pochi venerandi. Anche in Giappone vale la questione che il maestro deve conquistarsi gli allievi con autorevolezza senza essere autoritario, gli esaltati ci sono anche li ma meglio filtrare i buoni esempi giapponesi e non i cattivi esempi.

Del resto io che non ho la macchina e posso permettermi di andare solo in un dojo e non ho il tempo di spostarmi né di seguire tutte le lezioni per motivi di studio (se no non mi laureo e morirò di fame senza lavoro), sono costretto nei limiti a sottostare a ciò che il maestro ordina. Sopporto finché posso anche perchè mi scoccia entrare in polemica ma fino ai limiti della decenza, se il maestro avesse mandato a casa una donna con un ematoma serio si sarebbe trovato con la testa sotto la panca dello spogliatoio. Per fortuna il mio maestro è un bravo ragazzo, devo dire forse un po' autoritario ma cerca di difendere una certa serietà nelle cose.

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Le questioni di maggiore gravità vanno trattate con leggerezza

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Ho cercato di seguire in questa discussione i Vostri ragionamenti e francamente mi sto chiedendo se non sarebbe meglio, visto e considerato che il tutto si riduce a sudare in palestra, dedicarsi alla ginnastica attrezzistica o qualcosa di similare.

 

Se una sessione di allenamento di una qualsiasi delle Arti Marziali si deve risolvere in un percorso ad ostacoli, meglio la corsa campestre, fuori si respira meglio ed eventuali odori e umori si perdono dolcemente nell'aria.

 

Non sono in grado di vedere obiettivamente quello che si è detto sul post perché quanto meno ci vorrebbero le contro valutazioni delle persone prese in considerazione in questa discussione, ma di una cosa sono sicuro se io pensassi le cose che alcuni hanno detto dei loro istruttori (mi limito a chiamarli cosi) non mi porrei nemmeno il problema se ho più o meno ragione, abbandonerei subito la palestra, in questi allenamenti penso sia importante anche un equilibrio interno che non sempre è facile da raggiungere ma con quei presupposti è praticamente impossibile anzi è nocivo continuare rischiando il mal di stomaco o il rancore perenne.

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"accorciati la firma". Ernst Jünger

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Ho riscontrato che la tradizione "Nipponica" viene chiamata troppo spesso in causa alterandone però diversi aspetti.Un tempo in Giappone gli allievi di un dojo erano degli uchi-deshi.Vivevano e lavoravano all'interno della casa del proprio maestro.Spazzare,riparare il tetto,sbrigare faccende umilianti e tante altre mansioni servili erano all'ordine del giorno affiancate all'allenamento ordinario.Erano pochissimi poi gli allievi iniziati ai segreti di un determinata scuola,ancora più pochi erano quelli licenziati con un attestato e autorizzati a lasciare la scuola.Durante gli allenamenti ci si poteva menomare seriamente e addirittura morire,abbandonare la casa del sensei era considerato vergognoso tanto da essere cancellati dal registro ufficiale degli allievi.Anche quando un allievo aveva appreso le tecniche e concluso l'apprendistato restava nella casa del Sensei in segno di rispetto.Quest'ultima è un'usanza ancora seguita.Era possibile ereditare un Dojo sposando la figlia del proprio Sensei o sfidare il maestro e umiliarlo se si era decisi a dimostrare di aver concluso il proprio percorso.Era possibile addirittura ucciderlo e far nascere una faida con relativi spargimenti di sangue.Avrebbe ancora senso oggi un comportamento del genere?

Il condivido il consiglio di Ken.


La vittoria è di colui,

ancor prima del confronto,

che non pensa a sè

e dimora nel non-pensiero della grande origine.

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Condivido pienamente la descrizione di Uchi Deshi fatta da Shimitsu. Ciononostante, credo sia opportuno sfatare alcune credenze che sono state travisate a causa di film, fumetti e quant'altro. In un paese che poteva avere necessità di guerrieri pronti al combattimento in qualsiasi istante, periodi di allenamento lunghi quaranta anni non avrebbero avuto nessun riscontro. In un periodo compreso tra i dieci ed i quindici anni di pratica (generalmente si iniziava a quindici anni di età e anche prima) si otteneva la licensa di Menkyo, tutto dipendeva ovviamente dalla propria volontà di continuare. Massimo a trent'anni si doveva essere totalmente padroni di una Scuola. Non dobbiamo inoltre dimenticarci che le licenze rilasciate dalla Scuola erano molte, divise generalmente nei tre grandi livelli di Kirigami, Mokuroku e Menkyo. Il primo di questi poteva essere ottenuto anche con pochi mesi di pratica intensa. E' poi ovvio che solamente alcuni allievi, scelti tra i più meritevoli, apprendessero quelli che noi chiamiamo i "segreti", che altro non sono che dei principi della Scuola stessa. Non si confonda, dunque, ciò con "tecniche segrete", ossia dei waza potentissimi in grado di sconfiggere chiunque le quali ovviamente non esistono. Le sezioni di Menkyo e Shinan Menkyo sono semplicemente altre tecniche, certamente più complesse di quelle studiate in precedenza ma che comunque non mettono a repentaglio la vita del praticante per essere apprese. Negli allenamenti non moriva nessuno, già dal '400 (secolo in cui vennero codificate Scuole come quella di Kashima e Katori) esisteva il fukuro shinai, due secoli più tardi si iniziarono ad utilizzare le protezioni che con il passare del tempo diverrano il bōgu dell' odierno Kendō. Le tecniche venivano apprese tramite dei waza ben codificati, come si fa oggi. Dal '700 tutte le Scuole affiancarono a ciò il combattimento libero chiamato Shinai Kendō, che verrà rinominato in Kendō agli inizi del 20° Secolo. Inoltre non ho mai sentito di allievi che giunti al Menkyo Kaiden sfidassero il proprio Maestro con l'intenzione di ucciderlo. Chi rimaneva nella casa del Sensei lo faceva per avere una possibilità di ereditare il titolo di Caposcuola, con il grado di Menkyo si era autorizzati ad insegnare lo stile appreso a qualsiasi livello. Molti aprivano dei propri Dōjō, ovviamente in luogo distante da quello natio in modo da non creare conflitti. Nella mia Scuola di Tennen Rishin, ad esempio, il Maestro di prima generazione nominò il secondo caposcuola, ma autorizzò l'insegnamento dello Stile anche ad altre quattro persone. Alla terza generazione c'erano già otto Dōjō, sebbene lo Honbu rimanesse quello principale. Questo è un discorso che accomuna molte Scuole, perlomeno molte del Periodo Edo.

 

Oggi in Giappone, sebbene si abbia licenza di trasmissione totale, si rimane sempre sotto il proprio Maestro finchè questi insegna; ciò accade per il semplice fatto che in un'era moderna dove è facile raggiungere qualsiasi luogo (specialmente in Giappone), non avrebbe senso apripre una palestra se non dall'altra parte della Nazione. Potendo scegliere è ovvio che una persona che vuole avvicinarsi alle arti marziali andrà direttamente nel Dōjō del Maestro e non in quello del suo allievo se sono nella stessa città. Inoltre non c'è più quella necessità di imparare a combattere che determinava la vita o la morte in una situazione di duello.

 

Sentire delle persone che dopo oltre trenta anni di pratica dicono di aver appena cominciato a capire qualcosa della loro disciplina mi fa riflettere molto. Tutte le scuole di qualsiasi disciplina presenti su questo pianeta sono state create da essere umani, e proprio a causa della loro natura umana non sono perfette; ragion per cui anche a noi è dato riprodurle in maniera identica nella loro imperfezione. Il porsi dei limiti nei confronti di qualcosa è solamente un blocco che arresta la nostra crescita in senso marziale.

 

Caro Mauri, di maestri validissimi ce ne sono a migliaia anche in Italia. Purtroppo le persone brave rimangono sempre nell'ombra perchè il loro scopo è solamente quello di praticare in pace con i loro allievi rimanendo fuori da tutto. Condivido pienamente la loro scelta :arigatou:

Modificato: da sandro
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Caro Mauri, di maestri validissimi ce ne sono a migliaia anche in Italia. Purtroppo le persone brave rimangono sempre nell'ombra perchè il loro scopo è solamente quello di praticare in pace con i loro allievi rimanendo fuori da tutto. Condivido pienamente la loro scelta aaarigatou.gif

 

 

Non ho mai messo in dubbio quello che Tu mi dici, e sono convinto che si parla più di un torto che della normalità, difatti mettendo anche io sul personale ho solo precisato quale sarebbe il mio comportamento nel caso che...

Preferisco sempre altri sentieri al lamentarmi per i sassi che trovo sulla mia strada pur non avendo il coraggio di abbandonarla.

Sono contento del Tuo intervento perchè la tua parola è quella di un praticante di tali Discipline, le mie come ho più volte detto tuttalpiù possono essere considerazioni personali non praticando nessuna di queste Arti.

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"accorciati la firma". Ernst Jünger

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In un periodo compreso tra i dieci ed i quindici anni di pratica (generalmente si iniziava a quindici anni di età e anche prima) si otteneva la licensa di Menkyo, tutto dipendeva ovviamente dalla propria volontà di continuare. Massimo a trent'anni si doveva essere totalmente padroni di una Scuola. Non dobbiamo inoltre dimenticarci che le licenze rilasciate dalla Scuola erano molte, divise generalmente nei tre grandi livelli di Kirigami, Mokuroku e Menkyo. Il primo di questi poteva essere ottenuto anche con pochi mesi di pratica intensa.

 

A volte capitava di poterla ottenere anche in un solo giorno.

Esistono numerose storie al riguardo.Spero possa essere di spunto per un futuro Topic :arigatou:


La vittoria è di colui,

ancor prima del confronto,

che non pensa a sè

e dimora nel non-pensiero della grande origine.

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Dora, se la stima verso il tuo insegnante vacilla, se non hai fiducia nelle sue qualità morali ancor prima che tecniche, perchè continuare a farti mostrare la Via con il dubbio che ti stia indicando una strada sbagliata ?

 

Parli di distanze, di età, di cintura, di gruppo...

Cosa hanno a che fare queste cose con una ricerca sincera, e quanto con la comodità, lo status e la demotivazione ?

 

Nonostante ti comprenda, o cerchi di farlo, la risposta del tuo insegnante è tutto sommato molto più logica, se non ti piace puoi andartene (e secondo me dovresti prendere l'opportunità !) visto che tra l'altro la pratica delle arti marziali oggi non è nemmeno necessaria, specialmente se fatta male e controvoglia.

 

Auguri.

 

GTO


"come le belle donne, anche le spade, ad un certo punto si stancano di essere solo osservate"

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Concordo sia con quello che dice Kento che con quanto puntualizzato da Lorenzo.

Purtroppo problemi come questo sono molto diffusi non solo in ambito di arti marziali, ma anche nella musica o in altre discipline sportive.

Il tutto secondo me si rifà semplicemente all' esperienza, all' accortezza ed alla bravura dell' insegnante nel trovare la giusta " linea " in base alla situazione.

E' ovvio che in un corso aperto a tutti ci saranno alcuni che potranno seguire anche la strada della disciplina più ferrea ; altri che prenderanno la cosa alla leggera ed altri che più o meno si muoveranno in una via di mezzo fra questi estremi, il tutto in base alle proprie attitudini, alla propria determinalzione ed a motivi personali, famigliari piuttosto che lavorativi.

In questo caso se l' istruttore è saggio sceglierà la giusta mediazione attraverso una " linea intermedia ".

Se invece pensa che quelli " più meritevoli " in questa condizione sarebbero " sminuti ", allora potrebbe suddividere i corsi in base al livello di impegno.

So che non sempre è possibile, per le mille variabili che ruotano attorno all' organizzazione di un corso, ma almeno eviterebbe il malcontento

di quelli che, per mille motivi, non riuscirebbero a sottostare ad un regime di disciplina " ferrea ", preferendone magari uno di manica più larga.

 

Ho fatto un paragone con l' ambito musicale perchè è quello che mi interessa in prima persona.

Da anni insegno ed ho risolto il problema evitandolo a priori, ovvero facendo solo lezioni private con un solo allievo per volta.

In questo modo posso personalizzare totalmente il metodo ed andare incontro al 100 % alle esigenze alle ambizioni ed alla disponibilità dell' allievo.

E' ovvio che se poi quest' ultimo mi fa capire di aver ambizioni professionistiche, magari precisandoglielo a priori, cercherò di essere un pò

più severo e pretenzioso nell' insegnamento rispetto a quello che palesemente vuole imparare solo per divertirsi a tempo perso.

Non per questo però disprezzerò quest' ultimo rispetto al primo.

 

Ho visto colleghi impuntarsi nel voler per forza trattare ogni allievo come se dovesse diventare un fuoriclasse ... inevitabilmente i loro corsi si sono svuotati

( a volte anche a vantaggio dei miei ... ).

Paradossalmente poi magari l' allievo, trovandosi in una dimensione più " confortevole " alla fine porta a casa più risultati che non con un regime " totalitario "

( ho assistito purtroppo anche all' esatto contrario, ovvero corsi-farsa in cui si faceva poco niente giusto per non " affaticare " troppo gli allievi ... trasformando

il tutto in un salotto-bar a pagamento ... ).

Purtroppo mi rendo conto che nei corsi di arti marziali questo non è possibile, visto l' alto numero di iscritti che rende quindi realizzabile solo la formula

delle lezioni di gruppo.

 

Insomma, volendo tirare le somme, alla fine credo che i nodi della questione siano la saggezza dell' insengante ed il suo " senso della misura " .

:basito:

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Ognuno di noi nasconde dentro di sè una scintilla divina, basta saperla cercare.

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Condivido pienamente la descrizione di Uchi Deshi fatta da Shimitsu. Ciononostante, credo sia opportuno sfatare alcune credenze che sono state travisate a causa di film, fumetti e quant'altro. In un paese che poteva avere necessità di guerrieri pronti al combattimento in qualsiasi istante, periodi di allenamento lunghi quaranta anni non avrebbero avuto nessun riscontro. In un periodo compreso tra i dieci ed i quindici anni di pratica (generalmente si iniziava a quindici anni di età e anche prima) si otteneva la licensa di Menkyo, tutto dipendeva ovviamente dalla propria volontà di continuare. Massimo a trent'anni si doveva essere totalmente padroni di una Scuola. Non dobbiamo inoltre dimenticarci che le licenze rilasciate dalla Scuola erano molte, divise generalmente nei tre grandi livelli di Kirigami, Mokuroku e Menkyo. Il primo di questi poteva essere ottenuto anche con pochi mesi di pratica intensa. E' poi ovvio che solamente alcuni allievi, scelti tra i più meritevoli, apprendessero quelli che noi chiamiamo i "segreti", che altro non sono che dei principi della Scuola stessa. Non si confonda, dunque, ciò con "tecniche segrete", ossia dei waza potentissimi in grado di sconfiggere chiunque le quali ovviamente non esistono. Le sezioni di Menkyo e Shinan Menkyo sono semplicemente altre tecniche, certamente più complesse di quelle studiate in precedenza ma che comunque non mettono a repentaglio la vita del praticante per essere apprese. Negli allenamenti non moriva nessuno, già dal '400 (secolo in cui vennero codificate Scuole come quella di Kashima e Katori) esisteva il fukuro shinai, due secoli più tardi si iniziarono ad utilizzare le protezioni che con il passare del tempo diverrano il bōgu dell' odierno Kendō. Le tecniche venivano apprese tramite dei waza ben codificati, come si fa oggi. Dal '700 tutte le Scuole affiancarono a ciò il combattimento libero chiamato Shinai Kendō, che verrà rinominato in Kendō agli inizi del 20° Secolo. Inoltre non ho mai sentito di allievi che giunti al Menkyo Kaiden sfidassero il proprio Maestro con l'intenzione di ucciderlo. Chi rimaneva nella casa del Sensei lo faceva per avere una possibilità di ereditare il titolo di Caposcuola, con il grado di Menkyo si era autorizzati ad insegnare lo stile appreso a qualsiasi livello. Molti aprivano dei propri Dōjō, ovviamente in luogo distante da quello natio in modo da non creare conflitti. Nella mia Scuola di Tennen Rishin, ad esempio, il Maestro di prima generazione nominò il secondo caposcuola, ma autorizzò l'insegnamento dello Stile anche ad altre quattro persone. Alla terza generazione c'erano già otto Dōjō, sebbene lo Honbu rimanesse quello principale. Questo è un discorso che accomuna molte Scuole, perlomeno molte del Periodo Edo.

 

Oggi in Giappone, sebbene si abbia licenza di trasmissione totale, si rimane sempre sotto il proprio Maestro finchè questi insegna; ciò accade per il semplice fatto che in un'era moderna dove è facile raggiungere qualsiasi luogo (specialmente in Giappone), non avrebbe senso apripre una palestra se non dall'altra parte della Nazione. Potendo scegliere è ovvio che una persona che vuole avvicinarsi alle arti marziali andrà direttamente nel Dōjō del Maestro e non in quello del suo allievo se sono nella stessa città. Inoltre non c'è più quella necessità di imparare a combattere che determinava la vita o la morte in una situazione di duello.

 

Sentire delle persone che dopo oltre trenta anni di pratica dicono di aver appena cominciato a capire qualcosa della loro disciplina mi fa riflettere molto. Tutte le scuole di qualsiasi disciplina presenti su questo pianeta sono state create da essere umani, e proprio a causa della loro natura umana non sono perfette; ragion per cui anche a noi è dato riprodurle in maniera identica nella loro imperfezione. Il porsi dei limiti nei confronti di qualcosa è solamente un blocco che arresta la nostra crescita in senso marziale.

 

Caro Mauri, di maestri validissimi ce ne sono a migliaia anche in Italia. Purtroppo le persone brave rimangono sempre nell'ombra perchè il loro scopo è solamente quello di praticare in pace con i loro allievi rimanendo fuori da tutto. Condivido pienamente la loro scelta :arigatou:

 

Standing ovation. Credete a quest'uomo. Le cose andavano e vanno ancora come le ha descritte!

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Grazie per il tuo intervento Benkei. Sebbene il mio discorso fosse perlopiù riferito al Periodo Edo la tua conferma, come esperto della più antica Scuola di Arti Marziali giapponesi, mi porta a pensare che anche nel Muromachi le cose non fossero così diverse.

 

A Mauri: i tuoi interveti sono sempre interessantissimi da leggere e forniscono molti spunti di riflessione per tutti. Nonostante tu non sia un praticante le osservazioni da te fatte risultano estremamente pertinenti. Data la tua voglia di apprendere e la tua dedizione nel farlo potresti avvicinarti a tali discipline trovando un buon Maestro, sono certo che non te ne pentiresti.

 

A Shimitsu: sono favorevole a qualsiasi nuovo topic tu voglia creare, potrebbe uscirne un bell' argomento su cui discutere tutti insieme e magari far chiarezza su alcune cose che diamo per scontate :arigatou:

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Grazie Sandro per le Tue parole, e per il Tuo contributo.

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"accorciati la firma". Ernst Jünger

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Dora, mi piacerebbe sapere come vanno adesso le cose, come tu abbia risolto il problema o se questo persiste,visto che è passato un bel po' di tempo da quando si è presentato...(non vorrei sembrare un'impiccione, capiamoci, sono curioso solo di come tu lo abbia ulteriormente affrontato,visto che la situazione per quanto detto non era delle più lisce :martellate: ).

 

Anch'io ho praticato per dieci anni karate, stile shotokan, ed effettivamente il rapporto alievo-maestro, come più volte detto, è di fondamentale importanza.

Le opinioni sono tantissime e tutte diverse, ogniuna di certo frutto della propria esperienza, per quanto riguarda la mia e per quanto ho letto qua, penso che valga la pena di porsi una domanda: chi è il Sensei? chi può fregiarsi di un così alto titolo? che tipo di persona può sopportarne agevolmente e degnamente il peso? E' verissimo che l'alievo debba essere umile e molto educato, ma certe volte i maestri non sono proprio degni di tale titolo (titolo che nelgi stessi casi a volte piove dal cielo!)... io una misera sluzione l'avrei anche trovata, e sta' nel fatto che è l'alievo che si sceglie il maestro, non il contrario, quindi nella (buona)scelta sta' tutto il potere dell'alievo(sarà poi il maestro ad accettarlo come alievo o meno...). Questa buona scelta deve tenere conto di tutti i parametri che esige l'alievo dal maestro, e l'alievo deve fare una selezione spietata! non deve indulgere perchè poi al suo maestro dovrà obbedienza totale!

Il consiglio che mi sento di darti è quello di lasciare il dojo, sempre se sei ferma nella convinzione che il tuo maestro non faccia più per tè. Ci sono passato anch'io e ho fatto così. Rispetto tutt'ora il mio Sensei, ma sono ancora convinto che non abbia più niente da insegnarmi, come dice più sopra GTO, se la Via che ti viene proposta la si vede come quella sbagliata, non resta altro da fare se non abbandonarla.

Vorrei concludere con una frase(un po' enigmatica forse :timido: ) che ho letto nell'Heiho kadensho, La spada che da' la vita, scritto da Yagyu Munenori, libro del quale mi è stata consigliata la lettura da Ken e che ho trovato molto interessante sotto diversi punti di vista, questa frase risponde un po alla domanda "chi è un maestro?":

"Quando essa [la Vera Mente] si estende su tutte le cose e tu agisci coerentemente, sarai chiamato maestro."

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Buona giornata a voi tutti innanzi tutto.....Io penso che l'esaltazione non porta da nessuna parte.....L'"impuntarsi" non porta da nessuna parte.........Il Maestro è tale perchè ha allievi, se non ce ne fossero più cosa sarebbe?Forse e solo in forse un "artista marziale".....Il bicchiere a mio avviso può essere visto 1/2 pieno o 1/2 vuoto.....Con questo voglio dire che si ci vuole disciplina ma allo stesso tempo non ci vuole esaltazione!

Sono daccordo con molti di voi, è stressante "fare il maestro" ma bisogna pensare che effettivamente, almeno che non si abbia un superconto in banca, esistono come avete detto voi tanti "vavoli" ai quali badare.....

Io vi consiglio di seguire il consiglio della "porta aperta per chi vuol entrare o uscire", tanto difficilmente un "maesto" di quel tipo avrà la voglia/forza di guardarsi "dentro"....Le cinture servono soltanto per reggere su i pantaloni, non scordatelo mai, perdipiù la pazienza "nin" è la virtù dei forti!

Io ho vissuto qualche anno fa tali sensazioni mentre praticavo Jujutsu con un "maestro" un pochino esaltato, pazienza......Ho appreso fin che ho potuto o lui è stato ingrado di trasmettere........

Le arti marziali vanno praticate con il cuore e dedizione da entrambe le parti.....Sono comunque grato alle esperienze passate, hanno fatto di me ciò che sono ora!

Coraggio, tutto passa e si supera, se vorrai ti organizzerai e troverai altri che ti insegneranno dove "l'onore" ed il rispetto per l'arte marziale sarà reciproco ed armonioso.

 

boshi74 vi saluta e vi fa tanti complimenti per il forum.

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Io ho vissuto questa cosa purtroppo nel mio Dojo quest'anno....

 

Nel mio caso c'è stata una morìa di allievi arrivati daltri Dojo che mi hanno usato principalmente per avere benefici....

 

Purtroppo il mondo odierno del Karatè italiano è in mano a una miriade di federazioni e enti di promozione sportiva dove molti....se non tutti.... pur di avere allievi e ASD favoriscono i passaggi di grado superiore senza i dovuti crismi....

 

Molti allievi se non ottengono le "cinture" in fretta si scocciano e passano ad altri dojo dove si "divertono" di più....dove ballano sui tatami convinti di fare Kumite e partecipano a gare che regalano medaglie e coppette a tutti....

 

Poi....finita la fiera....non so quanti di loro hanno realmente assorbito i principi del Karatè-do....quanti realmente saprebbero difendersi col Karatè da palestra e da gara....quanti saprebbero applicare i movimenti dei Kata in condizioni reali....

 

Perchè i Kata annoiano....sono solo estetica....gusci vuoti....pochi maestri sanno realmente sviscerare le forme per far vedere leve....atemi ai punti vitali e proiezioni che sono celati all'interno di questi tesori infiniti....

 

Tutti vogliono imparare tanti Kata nuovi e fighi....ma all'atto pratico compiono solomovimenti di danza....una danza troppo dura....senza movimenti d'anca....con posizioni troppo estremizzate che nell'arco della vita rischiano di provocare dani alle ginocchia e alla schiena....

 

Una tendenza che purtroppo sto riscontrando nella modernizzazione dello Shito Ryu....


Hana Wa Sakura KiHito Wa Bu-Shi

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il Karate sta soffrendo un'inflazione agonistica, e purtroppo in molti ambienti sta perdendo la sua connotazione di Arte Marziale con i tempi e i modi dettati da una crescita interiore da una ricerca mai fine a se' stessa. E' il timore che circola negli ambienti del Kendo; alcuni lo vorrebbero disciplina olimpica, con tutte le conseguenze di perdita di "anima", altri inorridiscono (giustamente) al solo pensiero. io pratico Iaido, e sono felice che sia una AM pura, legata ancora alla ricerca interiore, fatta di fatica, concentrazione e rispetto.

mi fa molto piacere che tu sia un Maestro "vecchio stampo".

 

Sensei :prostro:

 

giampiero

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Scusate se dall' alto della mia ignoranza mi permetto di mettere bocca, ma io credo che ci sia una situazione piuttosto complicata dietro.

Nel senso che purtroppo le Arti Marziali moderne hanno perso gran parte della filosofia marziale che era all'origine della disciplina. Questo dovuto principalmente ai problemi che c'erano nel Giappone dell' 1800, quando l'imperatore vietò la pratica delle Arti Marziali nell' intera nazione. A quel punto, solo dopo parecchi anni, quando gran parte dei migliori Sensei del momento morirono portando con se gran parte dei segreti, anche filosofici, delle Arti Marziali, iniziarono la reintroduzione delle discipline da combattimento ad esclusivo scopo sportivo, ed a questo punto iniziarono anche i problemi.

 

Quando le Arti Marziali rinaquero, praticate a livello sportivo, iniziando il loro percorso propagandistico erano molto ma molto diverse da quello che il codice d'onore dei Samurai, e cioè il Bushidò, insegnava. A questo punto venne importato in occidente un qualcosa che non erano le Arti Marziali, erano un insieme di insegnamenti che la maggior parte delle volte erano pressioni psicofisiche da parte dei Sensei per forgiare fanatici da combattimento da impiegare nelle gare agonistiche per far si che il proprio Dojo venisse rispettato e rivalutato, anche economicamente, a differenza di altri.

Il rispetto, la dedizione, il sacrificio, il controllo, la passione, ed un sacco di altre "qualità" che richiedevano le vere Arti Marziali vennero perse, ed il Bushidò, che era alle basi della marzialità di queste discipline era stato dimenticato, cioè nell' importazione di una determinata disciplina, avevano volontariamente omesso la filosofia spirituale dell' Arte Marziale, era stata importata solamente in parte quindi.

A quel punto generazioni di fanatici Sensei hanno tramandato conoscenze talmente manipolate da creare una situazione di stallo, e li accorgendosi dello sbaglio abbiamo provato a fare un passo indietro, e cioè quello di cercare la reintroduzione della filosofia che c'è dietro l'Arte Marziale. Ma ora è presto per avere un risultato ottimale, oggi credo che i Sensei siano loro stessi i primi ad essere in crisi, la cultura di 20 anni fà tendeva a spingere sulle competizioni, quindi è stato indotto un pensiero sportivo anzichè filosofico della disciplina che hanno imparato.

 

E' per questo che ci ritroviamo con Sensei che un giorno sono acqua ed un altro fuoco, perchè l'Arte Marziale in se stessa richiede la filosofia del Bushidò, ma se non si applica questa filosofia ci ritroveremo con contrasti psichici che creano una distorta visuale della disciplina, che a momenti la si affronterà in determinato modo anzichè un altro.

 

Quindi il concetto è che creando questo metodo di insegnamento, si è persa gran parte della filosofia, che le Arti Marziali richiedono, e con essa si sta formando un qualcosa che a volte diventa incontrollabile.

 

La vera Arte Marziale non so se sia praticata in occidente, probabilmente qualcuno ci prova, e questo è già un passo avanti, ma la verità è che purtroppo noi abbiamo poche speranze di affrontare la marzialità di queste discipline per come dovrebbe essere affrontata. Non ne abbiamo i mezzi, non abbiamo la cultura per farlo.... e quindi diventa difficile gestire una corretta, ma sopratutto coerente, base insegnativa.

 

Mi spiace se dovessi aver detto stupidaggini, non sono un esperto, ma solamente un appassionato che accetterà con umiltà ogni vostro consiglio riguardo il mio modo di vedere questa situazione, non del tutto piacevole secondo me. aaarigatou.gif


Il Budo è essere una cosa sola con l'universo... M. U.

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La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

Come associarsi ad I.N.T.K.:

Potete trovare QUI tutte le informazioni per associarsi ad I.N.T.K..
Associandovi ad I.N.T.K. accettate in maniera esplicita il Codice Etico e lo statuto dell'associazione ed avrete accesso ad una serie di benefici:
- Accesso alle aree riservate ai soci del sito e del forum;
- Possibilità di partecipare agli eventi patrocinati dall'associazione (ritrovi, viaggi, kansho, ecc...);
- Riceverete il bollettino trimestrale dell'Associazione.

"Una singola freccia si rompe facilmente, ma non dieci frecce tenute assieme."

(proverbio popolare giapponese)

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