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Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

La Branch italiana è un piccolo organismo, sostenuto dall’impegno e dalla passione di pochi, ma risulta molto importante per lo sviluppo dei nostri studi sulla token. Vi esortiamo a prendere in considerazione l’idea di far parte di questo gruppo, non solo per progredire nello studio ma anche per diventarne sostenitori attivi. Oltre ad essere economicamente vantaggioso per chi vuole essere socio N.B.T.H.K., permette di avere un contatto privilegiato con la Sede Centrale a Tokyo, dando l'accesso a canali di studio altrimenti impensabili per un occidentale, come accaduto durante l'ultimo Special Meeting.
Chi è interessato e desidera avere maggiori informazioni, che sia già Socio INTK o meno, può contattare il Presidente Gianluca Venier entro il 20 marzo direttamente via email: nbthk.italianbranch@gmail.com

anamici31

cenni storici

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Effettivamente l'utilizzo di qualsiasi indumento che chiudesse assieme tutte e due le gambe è da considerare d'intralcio in forme di combattimento con una qualsiasi arma da taglio,si trovano anche in rete filmati in cui si possono vedere le vesti più utilizzate per questo, mi è sembrato di vedere che in alcuni casi addirittura si adoperi una spece di fascia a X per tenere aderente al corpo anche la parte superiore del chimono.

 

http://www.youtube.c...feature=related

http://www.youtube.c...feature=related

questi sono solo due dei tanti filmati che possono aiutare la Tua ricerca.

 

Questo se non lo conosci Ti può veramente essere utile:


"accorciati la firma". Ernst Jünger

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a tale scopo, veniva usato il sageo per evitare che le maniche potessero intralciare l'utilizzo della spada.

io, che non sono molto alto, a volte mi ritrovo con la tsuka gashira infilata nella manica destra.

per quanto riguarda i tagli, a meno di tagli molto potenti ( un taglio orizzontale sul do dell'armatura o sulla linea di kesa, il "reverse" del giacchino, sempre dell'armatura),le spalle sono sempre sulla linea delle anche e sono rilassate, la schiena e' dritta e le mani, al termine del taglio, si chiudono sull'impugnatura con una leggera rotazione verso l'interno, come a strizzare.Questo in uno scontro faccia a faccia, in battaglia penso valesse molto di piu' il "n'do cojo cojo" che non e' giapponese :hihi: anche se ci somiglia molto!

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esattamente !!!

 

anche se il sageo veniva usato come tasuki solo in caso di emergenza, in mancanza di quest'ultimo... il sageo era un oggetto tutto fare, non che faceva tutto :D


Andrea

 

www.taai.it

www.iwamaryu.it

www.aikidogarda.it

www.takemusuaikidokyokai.org

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66273c35.jpg

450px-Statue_of_Amakusa_Shiro_at_Hara_castle.jpg

 

Personalmente propenderei per una raffigurazione che parta da qualcosa di storico tipo quelle sopra.

Su Amakusa Shiro son stati fatti molti films in giapponese, perfino degli anime.

Come manga oltre che Musashi, io consiglio di dare un'occhiata a Lone Wolf & the Cub che è a parer mio il migliore per quanto riguarda le ambientazioni.

 

GTO


"come le belle donne, anche le spade, ad un certo punto si stancano di essere solo osservate"

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nella seconda foto, ha un crocifisso al collo? uno dei samurai cristiani?

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Ne avevamo già acennato in altri post:

 

La resistenza dimenticata dei samurai cristiani di Rino Cammilleri

 

Giappone, anno 1637: guidati da Amakusa Shiro, un samurai di 16 anni, cinquantamila cattolici resistono eroicamente nel castello di Hara per tre mesi all'assedio dell'esercito imperiale. Non sopravviverà nessuno.

 

In Occidente nessuno sa praticamente nulla della storia del cristianesimo giapponese. Neanche i cristiani e, figurarsi, i cattolici (sebbene il crìstianesimo giapponese coincida quasi interamente col cattolicesimo romano). A parte un lontano libro del 1959 di Jean Monsterleet edito dalle Paoline e uno di lvan Morris (del 1975 ma tradotto in italiano da Guanda nel 1983), nessuno ha mai raccontato quel che andiamo a raccontare. Nel primo libro (Storia della Chiesa in Giappone) vi si fa un cenno. Il secondo, che parla d'altro (La nobiltà della sconfitta), vi dedica un capitolo (dal quale attingiamo in mancanza d'altro). Ma la storia dei samurai cristiani di Shimabara è una delle più eroiche di tutti i tempi e ancora oggi i giapponesi le tributano la cosiddetta simpatia hoganbijki, che i leali nipponici riservano al valore sfortunato. Negli anni Sessanta un famoso attore del teatro kabuki era convinto di essere la reincarnazione dell'eroe di quella vicenda, Amakusa Shiro, il samurai sedicenne a cui fu dedicata anche una canzone che nel decennio successivo scalò le classifiche. Nell' immaginario dei giovani, da quelle parti, Amakusa Shiro tiene il posto che fu di Garibaldi per i nonni degli italiani e di Che Guevara per i "libertari" odierni. Il cristianesimo sbarcò in Giappone nel 1549 con s. Francesco Saverio, braccio destro di s. Ignazio di Loyola. Non ancora quarantenne, questo gesuita aveva convertito da solo quasi un milione di persone in Oriente. Accompagnato da un interprete, predicava sulle piazze il Vangelo di Matteo, che aveva imparato a memoria in giapponese. La diffidenza iniziale si tramutò in curiosità quando un astante sputò in faccia al suo compagno. Questi si asciugò rimanendo impassibile. Il fatto colpì i giapponesi, che apprezzavano moltissimo il dominio di sé. Col tempo, il

santo si rese conto che erano i suoi abiti dimessi a destare disprezzo. Così, si procurò un abito più degno e l'avventura cominciò. In pochi anni il cristianesimo in versione cattolica divenne una presenza di tutto rispetto in Giappone. Il Kyushu era interamente kirishitan, cristiano, con epicentri nelle città di Hiroshima e Nagasaki, e la cosa andava avanti con crescita esponenziale. Fino a quando certi trafficanti europei, protestanti, instillarono nei regnanti della dinastia Togukawa il sospetto che la penetrazione religiosa del cattolicesimo fosse solo il prodromo di qualcosa di peggio, dal punto di vista politico, da parte degli imperi spagnolo e portoghese. Gli editti persecutori non tardarono e Nagasaki divenne famosa come "la collina dei martiri" per i roghi, le crocifissioni, le morti in acqua gelata e tutto quel che la fantasia orientale, maestra nell'infliggere tormenti, escogitava via via. I cristiani locali entrarono nelle catacombe e continuarono a venerare le loro icone camuffandole sotto immagini di divinità pagane: per esempio, la Madonna divenne la dea Amaterasu. Nel 1640 il cristianesimo giapponese era ufficialmente estinto. Solo nel XIX secolo, sotto la minaccia delle cannoniere americane del commodoro Perry, il Giappone consentì a riaprirsi ai traffici occidentali e all'invio di missionari.

 

Molti di questi rimasero stupiti di trovare ancora cristiani. E ancor più si stupirono quando questi li sottoposero a un esame di "cattolicità". Infatti, gli indigeni si erano tramandati di padre in figlio una perfetta distinzione tra cattolicesimo e protestantesimo.Ma facciamo un passo indietro e torniamo a Nagasaki. A circa settanta chilometri dalla città sta una penisoletta, Shimabara, su cui sorgeva una fortezza chiamata Hara. Nel 1577, sfidando le leggi imperiali, il daimyo locale e tutta la cittadinanza avevano chiesto il battesimo. Erano seguiti vent'anni di mattanza e, alla fine, Shimabara era stata assegnata al nemico giurato del cristianesimo giapponese, Matsukura. Costui si ritrovò a signoreggiare una zona ostile (per questo avevano mandato proprio lui), diventata il punto di confluenza di tutti i cristiani perseguitati altrove.

Soprattutto di ronin. Veniva detto ronin un samurai che non aveva più un signore al cui servizio combattere. Sorta di cavalieri di ventura, vagavano alla ricerca di ingaggio. Quelli di Shimabara erano rimasti disoccupati

perché cristiani. Ora, la situazione da quelle parti era, sì, pesante ma non solo per i credenti. In Giappone le tasse gravavano sui soli contadini ed erano una pletora: sulle porte, sulle mensole, su ogni fuoco, perfino sulle nascite e le morti. Il pagamento doveva venire effettuato in riso, cosa che rendeva la semicarestia perenne. Gli evasori venivano ricoperti da un mantello di fibra vegetale, il mino; poi, legate loro le braccia, si

appiccava il fuoco, così che quei disgraziati, saltando e contorcendosi, erano costretti a prodursi nel mino odori, il "ballo del mino". La punizione colpiva anche le famiglie: mogli e figlie, denudate, venivano tenute immerse nell'acqua gelida fino alla morte. Nell'anno 1637 la fame era giunta a livelli insopportabili. Due capi di villaggio (shoya, ex guerrieri ritiratisi dall'attività) provarono a protestare ma ebbero, uno, la moglie incinta uccisa col sistema dell'acqua; l'altro, la figlia esposta nuda e poi marchiata con ferri roventi. Il giorno precedente alla festa cristiana dell' Ascensione un contadino vide che attorno all'icona che venerava di nascosto si era materializzata una fastosa cornice. Attirati dal miracolo parecchi cristiani si portarono nella sua casa. Ma la notizia si sparse e arrivarono le guardie. Tutti i presenti vennero presi e giustiziati. Era troppo. Il giorno dopo, i cristiani uscirono allo scoperto e piantarono al centro della piazza una grande bandiera bianca con una croce rossa sopra. Anche i pagani si unirono alla protesta perché per la mentalità giapponese le motivazioni religiose erano più nobili di quelle fiscali. Quando il responsabile dell' ordine pubblico sopraggiunse finì linciato e scoppiò la rivolta. Duecento ronin e parecchi shoya ripresero le armi e dilagarono per i villaggi.

Elessero come loro capo il giovane Amakusa Shiro per due motivi. Il primo era questo: era figlio di Masuda Yoshitsegu, grandissimo guerriero diventato famoso al tempo delle guerre che avevano dato il potere ai Togukawa; veniva chiamato col nome leggendario di Amakusa Jinbei. Masuda, che era cristiano, aveva disobbedito agli editti persecutori e si era messo a percorrere il Giappone predicando Cristo. Naturalmente, nessuno osava affrontarlo.

 

Girava portandosi dietro il figlioletto dentro una specie di carrozzina di legno (la sua figura ha ispirato una serie di telefilm). Il secondo motivo che indicava Shiro come leader era una strana profe­zia: un gesuita, espulso dal Giappone venticinque anni prima, aveva lasciato una specie di poesia diventata ben nota fra i cristiani giapponesi: in essa era predetto l'arrivo di un ragazzo ame no tsukai "inviato dal Cielo", che avrebbe riscattato la fede in quelle terre. Infatti, il giovanissimo Shiro aveva seguito le orme paterne come predicatore. Quando la faccenda si fece seria, il bakufu di Edo (la capitale imperiale, oggi si chiama Tokio) inviò le truppe al comando dello shogun Itakura Shigemasa. Poi fece arrestare e torturare la madre e le sorelle di Shiro. Appena la notizia dell'arrivo degli imperiali giunse al campo dei ribelli, Shiro chiese a tutti quelli che volevano resistere di seguirlo nel castello di Hara. Così, oltre cinquantamila persone, con donne e bambini, si asserragliarono nella fortezza e attesero. Non c'era alternativa: le uniche armi a disposizione erano quelle, leggere, dei ronin, mentre il nemico aveva anche i cannoni. Gli spalti si riempirono di crocifissi, di stendardi bianchi con la croce, di bandiere con Sanchiyago, San furanshisuko, Marya, Yesu (s. Giacomo, s. Francesco, Maria e Gesù). Ogni tre giorni Shiro riuniva tutti nella piazza d'armi e pronunciava un' esortazione religiosa da omoikiritaru kirishitan ("cristiano devoto") in vista del gosho (la vita eterna). Nel frattempo, i governativi incendiavano tutti i villaggi attorno e ne sterminavano gli abitanti. Quando ebbero fatto terra bruciata attorno ad Hara, cominciò l'assedio vero e proprio.

 

Centomila soldati, agli ordini di vari signori (tra cui Matsukura), si accamparono attorno mentre venivano apprestate le torri d'assedio. Lo spettacolo era in stile: nel campo degli imperiali, risse, duelli, uccisioni a causa delle rispettive rivalità di appartenenza feudale; in quello assediato si sentivano solo inni e preghiere corali. I cristiani avrebbero potuto fare strage degli operai costretti dalle corvées obbligatorie a scavare ed erigere terrapieni. Invece si limitarono a far piovere nel campo nemico yabumi, frecce con fogli arrotolati attorno, ove spiegavano per iscritto le loro ragioni. Della pietà cristiana nei confronti dei poveracci forzati a lavorare sotto le mura cercarono di trarre profitto gli imperiali: un centinaio di ninjutsukai ("uomini invisibili", gli assassini di professione che il cinema ha mitizzato col nome di ninja) si introdussero, col favore delle tenebre, nel castello. Ma ne tornarono solo due. Non solo. In un paio di riprese gli assediati riuscirono, con sortite micidiali, a portare scompiglio nel campo avversario. A quel punto intervenne Matsudaira Nobutsuma, il luogotenente dell'imperatore, che guidò personalmente i rinforzi. Incredibilmente anche questo nuovo attacco venne respinto. L' infuriato Shigemasa allora ordinò l'attacco generale che volle condurre in prima fila. Finì ucciso insieme a quattromila dei suoi uomini migliori.

Ormai la situazione era grottesca: un esercito sterminato non riusciva ad aver ragione di un pugno di contadini praticamente senza armi. Il disonore era assicurato e tutti gli occhi dell'arcipelago erano puntati su Shimbara. Per salvare la faccia l'imperatore concesse clemenza e il perdono per chi si fosse arreso. Aggiunse anche la promessa di una generosa distribuzione di riso. Ma quelli fecero sapere che volevano solo una cosa: poter professare liberamente la loro religione così come era permesso ai buddhisti, ai taoisti, ai confuciani e agli shintoisti.

 

L'imperatore, che non poteva permettersi di rimangiarsi il suo editto, fece tornare le trattative in alto mare. Già, il mare. Proprio da quella parte arrivò il pericolo. I mercanti olandesi, protestanti, furono ingiunti di fornire man forte agli imperiali se volevano continuare a commerciare col Giappone.

 

Così, il balivo Nicolaus Couckebaker mandò una nave a cannoneggiare Hara per due settimane di fila. Quando gli spalti furono completamente smantellati e gran parte delle mura erano crollate, vennero portate avanti, legate, la madre e le sorelle di Shiro. Era l'ultima offerta. Che fu rifiutata. Partì l 'assalto finale, che durò due giorni e due notti. Ormai quasi tutti i ronin erano morti e così gli shoya. Anche il cibo era finito da un pezzo. L'ultima resistenza fu disperata: i cristiani, anche le donne e i feriti, combatterono con quel che avevano sottomano, scodelle, bastoni, sedie.

 

Nessuno sopravvisse. La spiaggia si ricoprì di undicimila pali su cui stavano conficcate altrettante teste. Le rimanenti vennero ammassate su tre navi, insieme ai nasi tagliati delle donne, per essere portate come trofeo a Edo. Ma gli imperiali avevano perso oltre settantamila uomini armati, addestrati e perfettamente equipaggiati. La penisola venne colonizzata da confuciani e buddhisti mentre il Giappone entrava nel sakoku, la chiusura di due secoli al mondo esterno. Purtroppo, per Nagasaki (e Hiroshima) non sarebbe stato, quello, l'ultimo martirio.

 

Articolo preso in rete


"accorciati la firma". Ernst Jünger

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grazie per l'articolo, molto interessante. non avevo capito che la statua era di Shiro (lo e' vero?), non mi sembrava un sedicenne.

grazie :arigatou:

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ecco i nuovi studi personaggi seguendo alcune vostre considerazioni:

shiro01.th.jpg

 

shiro01.th.jpg

 

shiroeamici.th.jpg

 

shiroeayame.th.jpg

 

dite la vostra

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Mi sembra che vadano meglio.

Questa occidentalizzazione dei personaggi, è un fatto di mercato, perchè questa scelta?


"accorciati la firma". Ernst Jünger

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no. diciamo che non è facile dare un aspetto asiatico nei volti,questo penso sia la prima volta che la disegnatrice lavora su un progetto che riguarda i samurai e quindi ancora si sente fortemente quel carattere occidentale...

 

la ragazza con cui sto lavorando ha letto le vostre risposte e cerca di seguire i vostri consigli

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No non mi riferivo solo al volto, ma anche alla vera e propria struttura dei corpi, sono parecchio lunghi per essere orientali, specie gli arti inferiori, è difficile nei giapponesi questa peculiarità, diciamo che non è la norma, lo vedi anche nei film da loro prodotti e di cui abbiamo postato sopra.


"accorciati la firma". Ernst Jünger

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Da parte mia consiglio la lettura di qualche manga disegnato da Hiroshi Hirata :arigatou:


La vittoria è di colui,

ancor prima del confronto,

che non pensa a sè

e dimora nel non-pensiero della grande origine.

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Restando in tema di manga, nel mio piccolo posso consigliarti di dare uno sguardo a SHIGURUI (si si... a tutto c'è un perchè :whistle: ) un'opera del maestro Takayuki Yamaguchi edita da panini, che personalmente trovo eccelsa, anche se a tratti un tantino cruenta :samurai: , sia per la trama e l'ambientazione, sia proprio per il tratto nella precisione dei costumi e nell'anatomia dei corpi.... metto qui qualche immagine ma ti consiglio di aquistare un volume dato che anche su internet trovi poco....

 

36478_773111.jpg

 

37181_786158.jpg

 

Spero di esserti stato utile... :arigatou:

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Non dimentichiamoci del leggendario Goseki Kojima :arigatou:


La vittoria è di colui,

ancor prima del confronto,

che non pensa a sè

e dimora nel non-pensiero della grande origine.

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shigurui mi manca.....

 

:stare:

 

ti manca in che senso ? Non lo conoscevi oppure ne senti la nostalgia ?

 

..perché ne ho presi un paio di numeri , poi ho lasciato perdere quando ho visto la scena di lui che succhiava la testa tagliata a metà del suo maestro ( morto da una mezza giornata ) per togliere il sangue dalla mezza radice del naso rimasta .

 

Passi per la sua tecnica a due dita e il pericolo dato delle possibili emulazioni ma quel che é troppo é troppo .. :nausea:

  • Like 2

Alla fine del vento

Ancora cadono le foglie ..

..Un falco lancia il suo grido

Si fa più fondo il silenzio dei monti

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La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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