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Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

La Branch italiana è un piccolo organismo, sostenuto dall’impegno e dalla passione di pochi, ma risulta molto importante per lo sviluppo dei nostri studi sulla token. Vi esortiamo a prendere in considerazione l’idea di far parte di questo gruppo, non solo per progredire nello studio ma anche per diventarne sostenitori attivi. Oltre ad essere economicamente vantaggioso per chi vuole essere socio N.B.T.H.K., permette di avere un contatto privilegiato con la Sede Centrale a Tokyo, dando l'accesso a canali di studio altrimenti impensabili per un occidentale, come accaduto durante l'ultimo Special Meeting.
Chi è interessato e desidera avere maggiori informazioni, che sia già Socio INTK o meno, può contattare il Presidente Gianluca Venier entro il 20 marzo direttamente via email: nbthk.italianbranch@gmail.com

Giova

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  1. Giova

    Aiuto per tatuaggio ...

    Ciao Amici, assente da tempo, ma per quel poco che posso vi leggo con piacere. Ho l'impressione che del "gruppo" sia il più avanti con gli anni, purtroppo molto avanti, ma, vi stupirete sono "pluritatuato". Chi mi conosce sa, più o meno, che lavoro faccia e quanto questo sia formale. In teoria, vista l'età e la professione dovrei aver la pelle candida, ma non è così. Mi piacciono, li ho fatti, li rifarei e, giuro, per gli Onsen in Giappone, anche quelli integralisti non cè assolutamente problema. Sono sempre entrato, a volte mettendo sui tatuaggi cerotti tagliati su misura...... Altro punto è la frase che vorrebbe tatuarsi. Banale, ha detto qualcuno. L'ossigeno è tanto presente da essere un elemento banale, ma il suo uso è vitale. L'essenza di quella frase, come altre migliaia in ogni lingua e cultura del mondo, però è la cosa più lontana dalla banalità che si possa immaginare. E' banale perché la conoscono in molti? O perché rispecchia un aspetto del bushido noto e stranoto? O ancora perché se ne vedono in giro tatuate? Se è per questo, allora la nostra cultura, i nostri classici sono altrettanto banali. In quelle poche parole è concentrato un universo che difficilmente sarebbe possibile sviscerare in una vita soltanto. Quella frase è la chiave di una porta che apre a percorsi mentali illimitati. Almeno per me. Non è da donna, avete detto? E cosa è da donna? Un merletto? Un cappelino con i fiori? Io, nella mia lunga vita ho conosciuto, e ne sono contento, donne che hanno combattuto molto di più e molto meglio di uomini. Donne con tanto di palle da far imbarazzo. Vere Samurai. L'essenza di quella frase non conosce genere, ma predisposizione mentale alla fugacita della nostra esistenza. Condensa in poche parole lo stato di precarietà, e quindi bellezza, che contraddistingue l'essere umano. donna o uomo che sia. Quoto poi Kentozazen. Siete bacchettoni. Il vecchio sono io, voi siete giovani, quindi, almeno in teoria più aperti, se continua così rischio io di sembrare uno che prova a fare il giovane per fugare la vecchiezza che incombe inesorabile. Un ultima postilla a questo mio lungo post. Con tutto il rispetto che meritate, ma a volte ho l'impressione che si idealizzi il Giappone ed i giapponesi. Amo la loro cultura e tradizione, ma anche lì è il 2009 e vi posso garantire che il 90% dei giapponesi che ho conosciuto, di lame, samurai, onore e bushido ne sanno meno di noi che siamo italiani ed ai più non importa nulla di saperlo. A volte ho l'impressione che si diventi più realisti del Re. Andateci in Giappone e vi accorgerete che la tradizione, almeno quella che in questo forum trattiamo, non riscute tanto interesse tra le nuove e, purtroppo anche, tra le vecchie generazioni. Cari saluti. Giova
  2. Ciao a tutti, è molto che non scrivo sul forum, ma ho sempre letto con attenzione. Il topic in oggetto mi interessa particolarmente e vorrei aggiungere un paio di punti. Le lame damasco, rappresentano un eccellenza costruttiva senza pari in occidente. Gli stessi templari, al ritorno dalle crociate raccontarono delle meraviglie che potevano compiere le lame degli "infedeli" tanto erano taglienti e flessibili. Si narrava, allora, che tali lame fossero in grado di piegarsi fino ad avvolgere un uomo de di tornare dritte senza alcun trauma all'acciaio. Si narrava.... Questa solo una premessa per dire che sì, le lame damasco erano, e sono lame di altissimo livello qualitativo, molto efficaci e sicuramente superiori alla maggior parte, non tutte, le lame coeve prodotte in Europa. Da quì a paragonarne le qualità con le nihonto, però, ce ne passa. C'è un dato importante da sottolineare, che, a quanto ho letto, non è stato citato. I luoghi di approvvigionamento del ferro per la produzione. La maggior parte della materia prima per la costruzione delle "damasco", almeno nel periodo d'oro della produzione delle stesse, cioè XIII - XVI sec, era iraniano. Tale materiale, seppur adatto alla costruzione, aveva, ed ha ancora, una percentuale di "scorie", zolfo sopratutto, notevole e necessitava perciò di lavorazioni atte a ridurne la quantità. Si dice che da ciò nasca l'usanza di ripiegare e battere, per espellere le impurità. Al contrario, la materia prima giapponese, è molto più pura e sicuramente più adatta alla costruzione di lame estremamente "particolari". Aggiungerei anche, che la metodologia di lavorazione dell'acciaio, senza sminuire affatto quella medio orientale, che anzi riconosco essere superiore rispetto a quella europea, paragonata alla tecnica giapponese è talmente distante da sembrare embrionale. La lama, nel medio oriente, aveva un significato esclusivamente pratico, serviva a uccidere e, escludendo le lame destinate ai nobili, doveva compiere esclusivamente questo scopo. In Giappone la lama serviva sì ad uccidere, ma oltre a ciò era simbolo di classe, prerogativa assoluta di chi comandava una società stratificata e complessa e che aveva riposto in questa, la lama, l'essenza più pura del proprio status. Da ciò credo sia chiaro che anche solo fisiologicamente una nihonto differisce da una qualsiasi altra lama. Tali ragioni spiegano quindi il perché sulle nihonto si sia arrivati ad una tale maestria di realizzazione, tale da renderle non confrontabili con latre lame. Poi che ci siano capolavori "damasco" è fuori di dubbio, opere che per estetica e praticità sono superbe, ma ciò che le differenzia da una nihonto è evidente. Un caro saluto a tutti
  3. Giova

    Hitatsura

    Grazie Kentozazen, gentile ed esaustivo come sempre. Estetciamente, come ho detto, non incontrano il mio gusto, ma la domanda che mi pongo ora è: se già dal perido Kamakura (così ho letto, ma non ricordo dove) c'è chi usa quella tipo di tempra, come hai detto tu ci debbono essere bilanciamenti che permettono alla lama di mantenere una resistenza equiparabile a altre lame con tempre diverse. Credo infatti che se fosse stata troppo fragile avrebbero smesso subito di usare quel tipo di tempra, almeno nei periodi in cui le lame si usavano davvero. Grazie ancora
  4. Giova

    Hitatsura

    Dopo una lunga assenza, ritorno sul forum, con una domanda. Qualche tempo fa mi è capitata tra le mani una lama con hamon Hitatsura. Esteticamente è un tipo di tempra particolare e per quanto non incontri i miei gusti, debbo dire che suscita curiosità. La domanda che mi pongo però è che senso abbia una tempra di questo tipo (oltre a quello estetico), a che scopo temprare gran parte della lama e che vantaggi pratici comporta. Infine, una tempra così estesa non comporta una maggiore fragilità della lama stessa? Allego due esempi solo a titolo esplicativo. Cari saluti Giova
  5. Grazie Alberto, ho vissuto una vita con questa convizione. Siamo di passaggio, breve o più lungo che sia poco importa. Per tale ragione tutto ciò che crediamo ci appartenga, rappresenta solo una bella illusione, che fugge via nell'istante in cui la si colgie. Grazie ancora per le belle parole. Kento, che dire? Dimostri un animo appassionato. Dalle tue parole traspare qualcosa che va oltre quello che hai espresso e fa piacere leggerlo. Seppur in campi completamente diversi, anche io quando mi approccio all'antico, a quelle opere composte centinaia di anni fa, lo faccio con lo spirito che hai descritto tu, cercando, nel mio caso senza riuscirci a pieno, di dar vita a quelle piccole macchie scure sul pentagramma che un uomo, anzi il frutto del genio divino, ha impresso in un'altra epoca. Facciamo rivere le emozioni, che siano di spada o di nota, poco importa, perché di emozioni, sensazioni, e percezioni lontane nel tempo e di qualcun'altro, si tratta. Servizio?... una parola ed uno stato d'animo ormai dimenticati da tempo, ma che in piccole sacche di umanità ancora resiste. E gli dei vogliano che resti così! I miei rispetti. Giovanni
  6. Completamente d'accordo era quello che cercavo di espirmere nei post precedenti!!
  7. Concordo in parte Sashimi. L'atto del collezionare, scevrato dall'accezione negativa che il termine spesso ha, è un atto di selezione, meditata e motivata. Il collezionare prevede una cernita di pezzi che val la pena, secondo logiche proprie o oggettive, "mettere insieme". Se non si rispetta tale principio, non si è più collezionisti, ma "accantonatori". Il valore personale che si può dare ad un oggetto è sì importante, ma non determinante per fini collezionistici. Se poi le due cose combaciano, tanto meglio. Il vecchi diari di scuola, per quanto rappresentino oggetti carico di significati, non possono essere soggetti da collezionare, così come non lo sono le stecchette dei gelati mangiate al mare con le ragazze o altri oggetti che ricordano momenti felici della nostra vita. Quello non è collezionismo, ma la rappresentazione fisica, tramite un oggetto carico di significati personali, di un momento degno di essere ricordato. Il collezionismo è un'altra cosa, quello che descrivi tu, per quanto importante, forse anche di più, è una cosa diversa. Un'ultima cosa: anche il collezionista (mi ripeto, quello vero) ha come principio la conservazione dell'ogetto o dell'opera, anzi direi che è un'aspetto fondamentale del collezionare. Giovanni
  8. I taiko sono le percussioni che in assoluto superano in quanto a sonorità, profondità e spessore musicale, ogni altro tipo di percussioni occidentali. I nostri timpani da concerto sono nulla in confronto e la metologia di realizzazione del suono è talmente elaborata da render un confronto imbarazzante. Ho avuto modo di sentirli, e di innamorarmi, in Giappone. Sono certo, ne ho parlato spesso con qualche allievo, che se Wagner avesse avuto modo di conoscerli li avrebbe usati nelle sue opere, con risultati strabilianti. A Roma, purtroppo, non capita mia di avere concerti di questo tipo. Peccato!
  9. Ad essere sincero ho descritto proprio due mie vecchie conoscenze! l'ambito era musicale, ma non fa molta differenza e l'approccio era quello che ho scritto. Uno dei due, essendo uno "stupido" ricco riesco anche a giustificarlo, poverello, non ci arriva, ma fa tanto danno comunque. L'altro era, ed ho paura che sia ancora, solo un opportunista degno al massimo di una gogna. Ci sono però anche casi che bilanciano la stupidità di molti. Quì a Roma in un famoso e bellissimo negozio di antiquariato militare ho assistito ad una scena che no dimenticherò mai. Ero a conversare col proprietario quando entra un cliente che inizia a fare domande su qualche pezzo. All'inizio sembrava anche serio, si interessava e chiedeva spiegazioni. Si vedeva che aveva grande disponibiltà economica e voleva comprare qualcosa. L'atteggiamento però col chiacchierare del propritario del negozio, vero appassionato del genere, è modificato divenendo arrogante e saccente. A quel punto aveva anche deciso di prendere una bella lama da generale di cavalleria francese del periodo napoleonico (per la cronaca costava più o meno come una Juyo!) lavorata a bulino sulla lama e con una montatura veramente notevole. Il proprietario però, visti modi, ha risposto dicendo che non era in vendita. Lui ha anche offerto qualcosa di più, ma il proprietario ha ribadito che non era in vendita e che per tipi come lui in quel negozio nulla era in vendita! Quando è uscito (non poco stizzito) ho chiesto il perché non l'avesse venduta. Il proprietario mi ha risposto "è lì da dieci anni, altri dieci ci può stare, ma non può stare nemmeno un minuto in mano di un cazzone del genere, non la merita". Ribadisco che il prezzo era veramente alto, ma il negoziante se ne è infischiato! Per tanti "mercanti" sfruttatori e mediocri, c'è almeno qualche commerciante appassionato e serio!!!
  10. Per come la penso io e senza presunzione di assioma, il collezionista, quello vero, quando compra è mosso sia da motivi di "pancia", che pur sono importanti, ma soprattutto da ragioni profonde e meditate. Per tale ragione ogni suo acquisto non dovrebbe essere mai estemporaneo e perciò non soggetto in futuro ad essere messo in discussione con una rivendita dell'oggetto. Se c'è tale presupposto e se la scelta è stata, come dovrebbe essere, ben ponderata, un pezzo, anche se comprato molti anni addietro, appagherà sempre. Vendere per problemi economici, invece, è un'altra questione. Se proprio non si può andare avanti è del tutto ammissibile. Il problema, in questi casi, è però che non si vende, ma si svende, perché costretti a capitalizzare e si è in balia dell'offerente, che novanta volte su cento, strappa un prezzo più basso, puntando sul "bisogno" del venditore. Anche quì, a meno di casi particolari, il buon collezionista prevede. Sa cosa può e non può comprare, quando farlo, ma soprattutto se potrà privarsi di una parte dei suoi soldi senza rischiare di dover un giorno tornare in dietro. Ringraziando il cielo, finora non mi è mai capitato di dover vendere per necessità, certamente se dovessi, lo farei, ma altrettanto certamente lo farei con la morte nel cuore. Quello a cui mi riferivo con la mia considerazione precedente è l'usanza di comprare per rivendere. Prendere pezzi, sistemarli e rimetterli in commercio. Per carità, nulla di illecito, ma svilente per gli oggetti e le persone che li hanno posseduti. Tale discorso non è riferito hai "commercianti" che per mestiere hanno scelto di far questo, ma a quei tanti sedicenti collezionisti che si improvvisano mercanti a fiere da bancarella. Secondo me è triste vedere su una bancarella, immezzo alla paccottiglia, sugli altri banchi un "mercante" che vende oggetti d'arte (lame è più difficile, viste le restrizioni di legge, ma mi è capitato di vederne). La scusa che questi signori usano sempre è: "vendo perché debbo comprare un pezzo che mi interessa", oppure "vendo perché o deciso di cambiare la mia collezione" o tante altre menate senza senso che nasconodo solo il poco rispetto verso gli oggetti comprati. Nulla contro la vendita quindi, ma contro i collezionisti venditori si e con molta virulenza! Una lama la si compra per possederla, studiarla, perdersi nelle trame dell'acciaio, sognarci mentre la si pulisce, esporla (che poi vuoli dire non esporla) in un fukuro ben chiusa al riparo dalla luce e dalla polvere, sentirne la mancanza quando l'hai mandata a far polire all'altro capo del mondo e godere della sua vista quando ti ritorna. Venderla non è e non deve essere un piacere se la si è comprata per possederla. Almeno così e come la penso io....
  11. Caro Kentozazen, era chiaro ciò che intendessi, e la mia replica non voleva essere affatto un'appunto o una critica. Volevo solo significare cosa fosse realmente il collezionismo per me, come intenderlo ed il senso profondo dell'atto, pur mercificatorio, che sta alla base della passione. Nessuna acredine, ci mancherebbe, ne mi sono sentito chiamato in causa. Anzi, voleva essere un rafforzare quello che intendevi tu. Purtroppo è vero, molti, sedicenti, collezionisti, sono nulla più che collezionatori. Accumulatori di oggetti, che per soddisfare il proprio sfogo di possesso si accaparrano opere di valore con il solo scopo di possedere. Questo lo disdegno tanto quanto te, sia perché fa male agli oggetti collezionati, sia perché fa di chi colleziona un semplice catalogatore e raccoglitore. Un'opera dovrebbe essere sempre in mani degne, amabili ed appassionate. Purtroppo non è sempre così e, ti garantisco, che mi da fastidio, mi inquieta il sapere che pezzi di valore diventino soprammobili o oggetti di discussioni in salotti più o meno bene. Ciò accade per le nihonto, così come per ogni opera frutto dell'estro, dell'arte e della scienza umana. Ho visto, nella mia lunga vita, cose allucinanti in tal senso. Ho visto buzzurri, esseri inumanani di bassezza ignomignosa, tenere in mano ed alle loro pareti, nelle loro belle e "burine" case, pezzi (mi riferisco a strumenti) che sarebbero dovuti essere in mano a persone che invece li avrebbero amati e soprattutto suonati. Purtroppo non capita sempre, anzi capita molto raramente, che la passione e la possibilità economica coincidano. Quano accade c'è il vero collezionista, quando, ed è il più delle volte, non accade oltre ad essere triste e svilente, diviene pericoloso per l'opera che perde il suo significato intimo e diviene un ogetto al pari dell'ultimo cellulare iper tecnologico, del Porsche Cayenne, dell'aerero privato o di qualsiasi altra stronzata da ricco imbecille. Con stima. Giovanni
  12. Io sono un collezionista! Ammetto che molto spesso l'accezione pura del termine prenda un significato ed un aura negativi, ma per come lo intendo io, il collezionare, significa capire, amare ciò che si colleziona per il gusto di essere contornati da qualcosa che faccia vibrare l'anima. Che siano nihonto o altro importa poco (anche se paragonare qualcos'altro alle nihonto è svilente per le nihonto stesse). Il collezionista, quello vero, sta all'oggetto, come il compositore sta allo strumento. Lo ama, cerca di conoscerne ogni singola "nota", ogni aspetto nascosto, profondo, intimo. Lo studia per trarne il massimo risultato ed il più lungo piacere. Collezionare vuol dire approfondire, studiare e godere dei piccoli traguardi che si ottengono, sia che si tratti di un nuovo pezzo che entra in collezione, sia che si tratti dell'aver compreso ed imparato qualcosa di nuovo. Il collezionista, infine, e non da poco, svolge un altro ruolo importante: preserva e tramanda. Raccoglie pezzi, li cura e protegge perché questi sopravvivano a lui e possano divenire un giorno patrimonio di altri. Ma sopratutto una cosa, almeno per come la penso io, e con il massimo rispetto, il collezionista non è un mercante. Disdegna la vendita dei propri pezzi, anche quelli di valore e pregio più bassi, perché ogni singolo tassello della collezione caratterizza il suo essere collezionista e privarsene per il solo scopo economico, infrangerebbe la poesia che sta dietro al raccogliere ed amare oggetti appartenuti ad altri, che passeranno per le sue mani per il solo e brevissimo tempo di una vita. Detto ciò e solo con questa premessa, sono molto fiero di definirmi un collezionista di Nihonto. Con stima. Giovanni
  13. Giova

    Koshirae in legno

    Mi fido.
  14. Giova

    Koshirae in legno

    Molto probabile che mi sia sbagliato io, ma fu chiaro a suo tempo che non era magnolia. Il rovere è abbastanza morbido, non so se tale da poter permettere l'uso di attrezzi giapponesi, comunque non è un'essenza dura.
  15. Giova

    Koshirae in legno

    Nemmeno io, visti pirma di allora e dopo, diversi dalla magnolia, di quì la domanda. Grazie per la traduzione, ma si parlava, fortunatamente in inglese e anche con quello fu un'impresa capirsi!!

Chi è I.N.T.K.

La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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