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Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

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betadine

Samurai.. istruzioni per l’uso.

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Quando si dice kami… (anzi due..) anche se avrei dovuto titolare: Altre visioni, ma sarebbe stato troppo ambiguo.

 

Mi è capitato davanti agli occhi un vecchio periodico che schematizzava “la vita” di un samurai e, ..” mi sono incuriosito ..

Il consiglio agli aspiranti giovani samurai è quello di leggere bene “il bugiardino” di questa figura talvolta mitizzata.

(da prendere come al solito con le pinze e ... non facciamo come gli elettroni)

 

 

.. istruzioni per l’uso e posologia (alla fine, per chi volesse approndire, lascio alcune tracce..)

 

Addestrati al dovere e alla fedeltà assoluta: servi per definizione e prima di tutto, ma anche membri di un'élite dai mille privilegi. L'universo congelato nel tempo dei samurai ha ispirato interi filoni di letteratura e cinematografia: ma chi erano davvero i samurai? Ecco varie curiosità sulla vita dei signori della guerra giapponesi.
Qual è l'origine del nome Samurai? Saburau vuol dire "servire": è da qui che nasce il termine samurai, il nome dei servi guerrieri che, a partire dall'XI-XII secolo, si imposero nel tessuto sociale nipponico sotto la guida dello shogun, il dittatore militare che sottrasse potere all'imperatore.

 

Infanzia perduta. L'addestramento dei rampolli delle famiglie guerriere per diventare un samurai iniziava dai 3 anni fino ai 7. Completata l'alfabetizzazione, si imparava a non avere paura della morte, a obbedire al proprio signore/maestro e a praticare esercizi per il controllo della mente e del corpo (kata). Quindi si apprendeva l'uso di arco e frecce, della spada di legno e di metallo leggero. Si imparava a cavalcare e a combattere contro nemici immaginari e ci si sottoponeva a docce gelate sotto cascate o nella neve per temprare il fisico agli stimoli estremi.
A 12 anni si sapevano ormai usare anche frecce e katana: si iniziava a combattere nelle retrovie, e anche ad uccidere.

 

Prima l'arco, poi la spada. La prima differenza con i cavalieri occidentali è nell'arma prediletta dei samurai: non la katana (la spada), come si potrebbe pensare, ma l'arco, snobbato dalla cavalleria europea perché considerato "poco nobile". Era proprio lo shigetou, l'arco asimmetrico giapponese, lungo 2 metri e fatto di legno laminato e laccato, l'arma di esclusiva pertinenza dei samurai. Lanciava anche frecce infuocate a un centinaio di metri di distanza, e fino al XIII secolo fu tenuta in maggiore considerazione della spada.
Completavano il corredo la lunga katana e la corta wakizashi (lo spadino utilizzato anche per suicidarsi), nonché ventagli da guerra. Per diverse epoche della storia giapponese i samurai furono i soli a poter portare armi.

 

Sesso e spade. Il legame con gli addestratori poteva diventare molto speciale. In epoca feudale le pratiche sessuali tra uomini erano all'ordine del giorno per i guerrieri samurai.
Secondo la tradizione dello shudo - da wakashudo (la "Via degli adolescenti") - i giovani trascorrevano diversi anni a contatto con uomini più grandi, che oltre ad iniziarli alle tecniche di combattimento li introducevano al mondo del sesso: gli apprendisti samurai ne divenivano allora gli amanti ufficiali, in un rapporto che era riconosciuto ed esigeva, naturalmente, fedeltà assoluta.

 

Sesso e donne samurai. In una società così permeata di ideali maschili, non c'era spazio per l'amore. La moglie dei samurai veniva scelta a tavolino e doveva appartenere a una stirpe guerriera, oppure essere "adottata" da una famiglia di samurai prima del matrimonio, che ne nobilitasse le origini.
Alle spose dei samurai toccava però un "privilegio" (si fa per dire): col matrimonio guadagnavano il diritto di praticare anch'esse il suicidio rituale, il jigai, con un taglio alla gola.
Nel Giappone medievale si potevano incontrare anche donne samurai: addestrate nei valori e nell'arte marziali della casta fin da giovanissima età, venivano chiamate a difendere le terre del proprio signore quando gli uomini erano in battaglia, o badavano ai propri possedimenti assaltando con spade e coltelli qualunque nemico capitasse a tiro.

 

Per sempre fedeli... anche nella morte. Il guerriero giapponese viveva (e moriva) secondo un rigido codice di comportamento, il bushidō (la via del guerriero), che regolava il rapporto unico e inscindibile tra il samurai e il suo daimyō. Alla base di questo codice c'era la fedeltà assoluta, una rigida definizione di onore e il sacrificio del bene del singolo in favore del benessere comune. È questa l'etica alla base delle azioni dei kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale e di cui si avvertono strascichi in alcune aziende nipponiche.
Qualora un'offesa o una grave colpa avesse incrinato questo rapporto, c'era sempre una via per salvare l'onore: il seppuku o harakiri, il suicidio rituale.

 

Gli unici con un cognome. A fronte di una vita di sobrietà, i samurai avevano però diritto a diversi privilegi. Uno di questi era la possibilità di avere un cognome, che la gente comune in Giappone non aveva (e che conquistò solo a fine Ottocento, con il declino del Giappone feudale).

 

A fil di lama. Un altro privilegio, meno conosciuto e molto spesso abusato, era quello del kirisute gomen, ossia l'"autorizzazione a tagliare e abbandonare". Il samurai poteva cioè passare a fil di spada chiunque ritenesse gli avesse mancato di rispetto, se di rango inferiore. L'unico scrupolo era riuscire a dimostrare successivamente, in sede legale, il torto subito.

 

Reietti e feroci. Quando un daimyō (il signore) cadeva in disgrazia, o la sua casata si estingueva, i samurai al suo servizio non avevano più un padrone. E diventavano mine vaganti: venivano chiamati ronin, "uomini-onda", guerrieri fuori casta e - soprattutto nell'era Tokugawa, l'epoca di massimo isolamento e splendore del Giappone, tra il 1603 e il 1868 - giravano per le campagne intimidendo i contadini e saccheggiando villaggi, in cerca di un nuovo signore a cui prestare servizio.
Questi guerrieri alla deriva erano disprezzati dai samurai veri e propri, e spesso presi di mira: nessuno era chiamato a rispondere della loro uccisione. I ronin avevano anche un altro ruolo. Capitava che si unissero a mercanti, contadini e artigiani per difendere i villaggi dai saccheggi dei briganti, insegnando la guerra e le arti marziali e costituendo una sorta di guardia del corpo auto organizzata. Si pensa che questa specie di polizia privata possa essere all'origine della yakuza, la moderna mafia giapponese, i cui affiliati hanno in comune con i samurai un forte senso di appartenenza ai clan e una lealtà assoluta verso il proprio "boss".

 

Feroci e spiantati. Se è vero che i samurai appartenevano alla classe sociale più elevata (il buke, la nobiltà d'armi che comprendeva circa il 7% della popolazione), non si può certo dire che la maggior parte di loro si arricchì. Lavoravano per la gloria del daimyō, ma il loro stipendio si limitava a una paga puramente simbolica. Per mantenere il proprio status sociale senza perdere la faccia, i samurai che non erano già ricchi di famiglia si arrangiavano come potevano con lavoretti secondari, come la fabbricazione di ombrellini e statuette e dipinti, che facevano vendere ad altri per non compromettersi troppo.

 

La fine. Nella seconda metà dell'Ottocento, con l'apertura del Giappone al mondo occidentale e la creazione di un esercito di leva regolare, la casta dei samurai si rivelò anacronistica e fuori dal tempo. Due leggi, sotto l'Imperatore Meiji (1852-1912) segnarono la fine dei samurai: una, l'editto Dampatsurei, obbligò i servi guerrieri a rinunciare al codino e a portare i capelli all'occidentale. L'altra, meno di "facciata" e ancora più determinante, fu l'editto Haitorei, che li privò del diritto di portare armi in pubblico. Ai samurai senza katana non rimase che una piccola pensione statale e il rifugio nel folclore.

 

(tratto da E.Intini/Focus) A presto

 

 

Traccia 1
Come dicevamo, il nome Samurai deriva dal verbo saburau che vuol dire “servire” o “tenersi a lato”, letteralmente “colui che serve”. In giapponese, durante il periodo Heian (794-1185), si pronunciava saburapi e più tardi saburai.
Altro nome con cui era conosciuto il samurai è bushi (武士). Questo termine appare per la prima volta nel Shoku Nihongi (続日本紀, 797 d.C.), un antico documento giapponese racchiuso in quaranta volumi. Esso raccoglie le più importanti decisioni di stato prese dalla corte imperiale tra il 697 d.C. e il 791 d.C. . In una parte del libro si dice: “I samurai sono coloro che formano i valori della nazione”.
Secondo il libro Gli ideali del samurai di William Scott Wilson, le parole bushi e samurai sono diventate sinonimi alla fine del XII secolo. Wilson esplora a fondo le origini della parola “guerriero” nella cultura giapponese senza tralasciare i caratteri kanji con cui viene scritto. Egli afferma che bushi in realtà si traduce con “l’uomo che ha la capacità di mantenere la pace, con la forza militare o letteraria”.
Saburai è stato sostituito da samurai agli inizi dell’era moderna, alla fine del periodo Azuchi-Momoyama (1573–1603) e agli inizi del periodo Edo del tardo XVI e XVII secolo.

Traccia 2
• Tao Te Ching: una nuova traduzione di Lao Tzu, tr. William Scott Wilson, Shambhala Publications, 2012
• Lo spirito non ingarbugliato: riflessioni di un saggio cinese. Kodansha International Yojokun: Life Lessons from a Samurai (La via della serie dei guerrieri) di Kaibara Ekiken e William Scott Wilson (1 ° gennaio 2009) Kodansha International
• Le 36 strategie segrete delle arti marziali di Hiroshi Moriya con traduzione e prefazione di William Scott Wilson (marzo 2008)
• Il sermone del demone sulle arti marziali di Issai Chozanshi , tradotto da William Scott Wilson. Kodansha International (data di uscita: novembre 2006)
• The Flowering Spirit: Insegnamenti classici sull'arte del no di Zeami. Kodansha (data di uscita: 19 maggio 2006)
• The Life-Giving Sword: Insegnamenti segreti della casa dello Shogun (The Living Sword) di Yagyu Munenori (febbraio 2004)
• Gary Leupp, Male Colors, The Construction of Homosexuality in Tokugawa Japan, 2006
• Go Rin no Sho (Il libro dei cinque anelli) di Miyamoto Musashi
• Taiko: An Epic Novel of War and Glory nel Giappone feudale di Eiji Yoshikawa
• The Unfettered Mind di Takuan Sōhō
• Budoshinshu: The Warrior's Primer di Daidōji Yuzan
• Hagakure (nascosto nelle foglie, tra le altre traduzioni comuni) di Yamamoto Tsunetomo
• Ideals of the Samurai: Scritti di guerrieri giapponesi
• Roots of Wisdom (Saikontan)
• Edward C. Seidensticker, trans. 1976, The Tale of Genji, New York, Alfred A. Knopf
• Helen Craig McCullough, trans. 1968, The Tales of Ise, Episodi Lirici dal Giappone del X secolo , Stanford, Ca., Stanford University

 

Traccia 3 (questa è molto "delicata e intima" .. volendo si può tranquillamente sorvolare.. era normale nei tempi antichi..)
qua

 

 

(se poi volete, ho delle tracce tradotte... ma questo dovete deciderlo voi) :arigatou:


Sii immobile come una montagna ...
ma non trattare le cose importanti troppo seriamente.

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Trovo interessantissimo notare che le caratteristiche (e, direi... i grandi guasti) delle società rigidamente divise in caste sono più o meno gli stessi, a distanza di millenni e in ogni emisfero..

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Belle le istruzioni per l'uso di Beta.

Voglio provare a darne una versione anche io.

 

Siamo in pieno feudalesimo.

Una banda di baroni rissosi e violenti si fanno vicendevolmente la pelle a ogni piè sospinto.

Cominciano a comparire le prime armi da fuoco e la carneficina esplode in modo tale che ormai non esiste davvero più un momento di pace. Il sangue scorre a fiumi e il popolo è all'esasperazione.

È il periodo degli Stati Combattenti e sta durando ormai da un secolo, mica due giorni.

 

Fra questi baroni bastardi, c’è n’è uno più furbo degli altri.

Sarebbe piaciuto al nostro Niccolò Machiavelli, che lo ha tratteggiato senza volerlo nel suo Il Principe appena cinquant'anni prima.

Nel giro di qualche anno, fa fuori tutti i baroni più pericolosi, esilia l'Imperatore e si mette a capo del Giappone come un vero e proprio Re, anche se ha il buon gusto di farsi chiamare “reggente militare".

Avrete certo riconosciuto lo Shogun Tokugawa Ieiasu.

 

Già, la pace è fatta, ma come mantenerla?

E qui si vede il genio...

 

Requisisce tutte le armi da fuoco, spiegando che si tratta di armi vigliacche, non adatte alla Nobiltà. Premere un grilletto può farlo un contadino qualunque, senza essere esperto dell'arte della guerra. Finiranno tutt’e nei suoi arsenali, mentre la produzione, l'acquisto e la detenzione sono vietate.

Richiede a tutti i baroni di partecipare alla vita di corte, mandando importanti rappresentati familiari nel castello shogunale per "prendere parte alle più gravose decisioni politiche ed economiche". In pratica, richiede obbligatoriamente degli ostaggi.

Riorganizza completamente la viabilità in modo da poter essere con il proprio esercito ovunque, in un batter d'occhio.

Crea un'intelligence discreta ed efficiente, infilando spie in ogni famiglia baronale.

Crea un sistema postale celere ed efficiente, per avere informazioni in tempo reale.

Tramuta tutte le tecniche militari in "via per il progresso spirituale", arricchendone la pratica con sani principi morali, necessari a controllare gli eserciti dei riottosi baroni.

Fondamentalmente, impone un codice etico basato sul servizio al proprio Signore, infilandoci dentro tutto ciò che lui non ha mai fatto.

Il militare professionista, dedito al mestiere delle armi come ogni buon soldato di ventura del periodo che si rispetti... diventa perciò il reietto Ronin.

Crea una serie di stretti legami di vassallaggio con matrimoni, alleanze, accordi che trasformano nel giro di qualche decennio, belve feroci in manager, dediti al controllo politico ed economico del suo regno.

Gente dedita a gestire la produzione agricola, le attività commerciali e, soprattutto, a riscuotere le meravigliose e beneamate tasse!

Dopo avere svirilizzato la classe dominante, capisce che forse ha esagerato un po’ e che così le cose rischiano di durare poco.

Dunque assegna a questo manager un prezioso scettro, un oggetto vagamente fallico per esercitare quel potere che ormai non ha più.

Un'arma che ormai ha perso la sua vera funzione e diviene oggetto d'arte e status symbol.

Istituisce il Culto della Nihonto.

 

Signori, era nato il Samurai.

 

...vabbè, l'ho fatta un po’ alla Dario Fo.

Però c’è del vero, come in tutte le giullarate...


 

月の道

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un sagace e lungimirante genio . . . (touché) mica un Beta-san qualsiasi..

 

 

 

 

 

(piccola review: altrimenti sembrava che volevo nascondere la mano, indicando la Intini)

Modificato: da betadine

Sii immobile come una montagna ...
ma non trattare le cose importanti troppo seriamente.

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per quelli più bravi.. godetevi e riflettete su questo..

 


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.. un consiglio che mi sento di dare ai giovani samurai (anche se temo che tutti già lo conosciate) è un film: Sol levante

 

molto bello, molto Giappone.. un film da vedere. (paresse che ci siamo tutti sotto Moon Senpai)


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Sai Beta, molti pensano che il Giappone moderno sia nato con l'imperatore Meiji, che fece uscire una nazione ancora dominata dal feudalesimo alla luce della modernità. Altri dicono che il Giappone moderno nasce dopo la seconda guerra mondiale, quando il Giappone esce dal nazionalismo fascista e guerrafondaio e approda ad un periodo di pace e benessere economico mai conosciuto in precedenza.

Io invece penso che gli uomini si giudicano dai fatti e non con le dietrologie.

 

Ieiasu aveva un sogno.

Prese carta, pennello e inchiostro e scrisse tre parole.

Scientia, solertia, servitium.

Poi prese per mano un popolo che vagava sperduto e disperato con le ginocchia a bagno nel sangue e creò il Giappone.

 

Lo face in modo machiavellico?

Certamente.

Aveva vere alternative?!?


 

月の道

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:arigatou:

 

Sai.. io invece penso che il GIappone moderno (ma è un concetto applicabile per altre latitudini) sia nato con gli Jomon e con gli Ainu.

 

Io credo che la strada di un popolo sia un lungo percorso dove apparirà, come per tutti, un bivio e come per i rami di un albero, ci sarà "un giardiniere" che deciderà su quale parte intervenire.

Quello che verrà dopo è il risultato di quello che c'è stato prima. Chiaro anche è che ogni epoca ha avuto il suo giardiniere e taluni non si fermavano a rimirar la propria opera o peggio: a potare le radici... ma immaginavano quell'albero nel tempo.. (quella visione che val oltre un palmo dal naso.

 

e allora, visto che nella sezione libri non l'ho trovato, mi permetto si segnalere anche questa bella lettura.. «Il sole e il ciliegio - L’epopea dei Tokugawa»

e vi indico anche una recensione: http://www.archiviostorico.info/libri-e-riviste/5090-il-sole-e-il-ciliegio


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ma non trattare le cose importanti troppo seriamente.

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😂😂😂

I giardinieri come Ieiasu lasciano sul tronco un ramo solo...

...sempre che non faccia troppo casino quando tira vento.

Poi ti domandi perché in giapponese non cè modo di dire no e una fila interminabile di modi sfumati per dire "si".

😂😂😂


 

月の道

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... quando tira vento

è nella natura delle cose ... e un giapponese ben lo sa (e lo apprezza.) :arigatou:

 

 

 

 

.... ma questo ve lo racconto in un altro post.


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