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Rinnovo/Iscrizioni N.B.T.H.K. Italian Branch 2024

La Branch italiana è un piccolo organismo, sostenuto dall’impegno e dalla passione di pochi, ma risulta molto importante per lo sviluppo dei nostri studi sulla token. Vi esortiamo a prendere in considerazione l’idea di far parte di questo gruppo, non solo per progredire nello studio ma anche per diventarne sostenitori attivi. Oltre ad essere economicamente vantaggioso per chi vuole essere socio N.B.T.H.K., permette di avere un contatto privilegiato con la Sede Centrale a Tokyo, dando l'accesso a canali di studio altrimenti impensabili per un occidentale, come accaduto durante l'ultimo Special Meeting.
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Kentozazen

La Qualità Nelle Spade

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Nel vastissimo panorama della spada giapponese sappiamo tutti bene che esistono numerose varianti in stile, epoca e forma. Dopo una certa quantità di tempo dedicata allo studio si è sommariamente in grado di possedere le nozioni di base per azzardare una qualche identificazione. Lo studio della nihonto ,si sa, è assai lungo e complesso al punto che per molti costituisce un vero e proprio percorso di vita alla fine della quale nessuno potrà avere mai la presunzione di aver compreso tutto. Nei limiti delle nostre possibilità comunque un serio approccio alla letteratura l'osservazione di pezzi dal vivo è quanto di più utile per procedere nella nostra personale evoluzione.

Al di là della mera valutazione storico stilistica a mio parere si pone il problema del giudicare la buona qualità di una lama. Spesso tra noi vi è la convinzione che tale argomento sia in un certo qual modo collaterale e di influenza irrisoria. Capita sovente infatti di ascoltare affermazioni che tendono a prediligere una certa epoca piuttosto che un'altra, una tradizione specifica, uno tsukurikomi particolare; molto meno frequente è il manifestarsi del desiderio di possedere una lama di buona qualità ritenendo forse di poterla attribuire direttamente ad una specifica scuola senza passare dall'obbligatorio esame dell'oggetto.

Secondo mia opinione è assai preferibile possedere una buona gendaito piuttosto che una koto in pessime condizioni; i motivi di tale considerazione sono numerosi e si basano sulla mia personale esperienza e sulla convinzione che -potendolo fare- una lama in perfetta politura è l'unica condizione per apprezzarla in tutta la sua bellezza. Senza voler quindi togliere merito all'ancestrale fascino di una spada di memorie remote vorrei quindi fornire alcune indicazioni su cosa osservare in una nihonto prima di effettuarne l'acquisto.

Prima di ciò concedetemi un'ultima premessa relativa all'aspetto che riguarda il mio paricolare interesse: la politura.

Per parecchi mesi ho postato immagini di lame restaurate inserendo anche foto delle condizioni della lama prima del restauro, questo tipo di approccio è comune anche ad altri siti che parlano di politura ed effettivamente il giochino "prima...dopo" mi rendo conto susciti un certo tipo di ammirazione; allo stesso tempo però è un approccio errato al problema in quanto contribuisce a creare la errata convinzione che la politura sia una misteriosa tecnica miracolare in grado di elevare alla dignità di gioiello qualunque lama.

(Yama stai tranquillo non vi è alcuna allusione alle tue spade, la cosa non riguarda alcuna lama in particolare ma interessa tutte :gocciolone: )

Tornando a noi il giochino del "prima , dopo" deve essere visto come un semplice giochino e non deve costituire la base di giudizio delle potenzialità della politura.

Passando parecchie ore tra lame, pietre e acqua la mente vaga partorendo -almeno questo a me accade- spesso bestialità ma altre volte utili "illuminazioni", cose che sembravano banali diventano assai complesse, cose impossibili diventano improvvisamente semplicissime nel continuo balletto di pensieri che si agita nella mente di un politore che esegue come un mantra per molte ore lo stesso movimento; è strano ma in poche attività come la politura ho riscontrato aspetti così simili alla meditazione ma torniamo di nuovo a noi...di che parlavo? Ah già le illuminazioni. Molte volte mi sono rimproverato di non aver trascitto da qualche parte i bizzarri pensieri che mi hanno colto durante una politura, raffronti tra la lama e la vita, tra la lama e me, tra la politura e l'alchimia, il dominio di tutti gli elementi fondamentali, ma anche cose più banali tipo chi me lo fa fare di stare otto ore coi piedi bagnati al freddo e le mani che sembrano incartapecorite.

Insomma quest'illuminazione? Forse sto perdendo tempo perchè non voglio raccontarla temendo venga ritenuta una nuova banalità, una cosa scontata. Adesso la dico e magari molti pensano" ma questo dove vive? è ovvio che è così, non c'è mica bisogno di illuminazione, ma Kento allora è scemo! Ci ha messo anni per arrivare ad una tale ovvietà?"

Tutta sta premessa per arrivare a cosa? Per arrivare ad aiutarvi nella scelta e nel giudizio di una lama dal punto di vista qualitativo. La politura non fa miracoli, ecco il primo passo. Non si pensi che qualunque lama potrebbe in mani esperti ottenere risultati da museo, ma perchè? Tralasciamo boshi spezzati, hamachi bassissimi o danni evidentemente irrecuperabili che ben conoscete e concentriamoci su quello che a prima vista potrebbe sfuggirci.

Concentriamoci su hada e hamon per qualche minuto.

Cosa dite? L'illuminazione? Ah già! Non ve l'ho ancora detta? :gocciolone:

Ok ok La butto qui in mezzo alla discussione quasi casualmente sperando che le menti più raffinate ne colgano il senso e che quelle più grezze la trascurino evitandomi così il giudizio di cui parlavo sopra.

Il segreto della politura è ... omogeneità.

Omogeneità ecco, risiede tutto lì, questa parolina nasconde e riassume il segreto su come ottenere i massimo da una nihonto.

Questo non significa che tutte le tecniche , tutte le complesse varianti non abbiano un peso, significa però che una volta assimilati questi concetti al politore rimane un solo obiettivo che è l'omogeneità.

Ma che vuol dire? E cosa centra con la qualità delle lame?

Si ritiene comunemente che utilizzando abrasivi sempre più fini una struttura di acciaio tenda ad essere sempre più regolare e omogenea ma questo non è sempre vero, esistono infatti anche nella politura limiti fisici di azione derivanti dalla struttura stessa del tessuto. Una finitura a grana troppo fine potrebbe in casi limite dare vita a situazioni di disomogeneità e portare quindi la lama ad un risultato estetico più sgradevole.

Ma perchè la struttura del tessuto è così importante? Essa è importante perchè il tessuto non è per sua natura una struttura omogenea , è invece composto da stratificazioni di materiali differenti, sapete bene che lo hada è una sorta di damascatura (quanto odio questo termine, vi prego usatelo il meno possibile anche voi, cosa c'entra Damasco? Perchè mai i turchi dovevano avere da insegnare ai giapponesi?), queste linee sinuose che formano i vari mokume masame itame ecc non sono altro che differenziazioni di materiale, aree scure si alternano ad aree più chiare in un flessuoso gioco di alternanza molecolare tra perlite, martensite trostite, particelle di carbonio e silicati vari.

Ognuno di questi materiali ha una sua paricolare capacità di resistenza all'abrasione, si deduce quindi che la stessa pietra non può sortire gli stessi effetti in maniera omogenea, tende quindi ad avere un potere più abrasivo in alcune zone e meno in altre, non si tratta solo di abrasione ma anche di reazione differenziata all'ossidazione, parlo ovviamente di ossidazione molecolare e quindi di tendenza verso un colore piuttosto che verso un'altro.

E' risaputo che nella politura grande importanza viene data alla scelta corretta delle pietre, più si avanza nel processo più la varietà di durezzza della stessa pietra aumenta, per esempio nello shiage la narutaki -pietra con la quale si effettua la fase jizuya- ha nel mio caso personale almeno sei varianti in durezza e grana.

Ma come mai? Vi siete mai chiesti come mai? Se il problema fosse quello di ottenere la satinatura più fine possibile non si dovrebbe fare altro che selezionare la più fine e scartare le altre, invece no! :gocciolone:

Non funziona così, per ogni hada c'è quella che lavora meglio e quella che invece offre il risultato più disomogeneo, procura quindi graffi. "Graffia? ma come?" direte. In realtà non è che graffia nel senso che crea solchi enormi, semplicemente agisce in maniera troppo differenziata sullo hada procurando in alcune zone rigature seppur minimamente più profonde delle altre che risaltano quindi maggiomente.

Ecco dunque a concludere il mio primo consiglio per scegliere una lama di qualità.

Qualunque hada sia, prestate la massima attenzione alla compattezza del tessuto, meno irregolarità -nel senso di profondità- vedrete meglio sarà, attenzione ai mokume molto aperti, quelli che si vedono con chiarezza anche su una lama in scadenti condizioni di politura.

L'osservazione di un hada è quindi molto importante, anche in questo caso vi invito a verificarne l'omogeneità del tessuto, vi sono casi in cui un mokume si trasforma in masame e questo va bene l'mportante è che la trama del tessuto presenti una certa costanza, attenzione ai casi in cui un mokume risulta molto diradato in basso per poi stringersi dalla metà fino al kissaki, questa è una caratteristica abbastanza normale ed è dovuto al restringimento della lama, esistono però casi limite in cui verso lo hamachi il mokume risulta molto diradato, in questi casi spesso sono visibili piccole aperture oppure spot di colore nero intenso a indicazione della presenza di grani di carbonio. In queste situazioni risulta molto spesso assai impegnativo evitare disomogeneità in quanto sono frequenti i distaccamenti di piccole schegge di materiale che vengono trascinati dalle pietre procurando i cosiddetti "biki", talvolta le aperture sono così piccole che le rigature diventano evidenti solo nella fase del nugui.

Ecco a mio giudizio la compattezza dello hada è un elemento indicatore di buona qualità, un altro elemento da tenere in considerazione è la corrispondenza in termini di dimensioni della trama tra ura e omote, verificate con cura, buona parte delle lame di qualità inferiore presenta una asimmetria in questo senso , talvolta si arriva addirittura a casi in cui da un lato si ha un denso mokume e dall'altro aree quasi vuote che con un'attento intervento non potranno dare come massimo risultato più di un effetto nashiji.

Valutate con cura inoltre la presenza dello hamon su tutta la lunghezza dello hi e -per mia modesta e generica opinione- preferite i pezzi che presentino naturalmente una certa differenza in colore tra habuchi e hada.

 

Proseguirò nel tentativo di dare maggior chiarezza a quanto sostengo.

Modificato: da Kentozazen

Mani fredde, schiena curva, odore di pietre bagnate. Questo è il togi.

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beh... le cose più ovvie sono quelle a cui non si pensa, quelle che diamo per scontate tante volte sono le più giuste... risposte talmente semplici e immediate che il nostro pesiero le esclude perche dice 'ma no impossibile sarebbe troppo sempilce.. troppo ovvio...'

 

omogeneità... riassumere in una parola sola concisa ed esauriente un concetto o un pensiero non è opera da sottovalutare...

 

complimenti per il post :ok:

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Certamente chiedo molto, ma da inesperto, pur leggendo con attenzione quanto detto, non riesco ad immaginare esattamente di cosa si parli.

Una bella serie di foto inserite nell'articolo (ma non solo in questo) aiuterebbe tantissimo.

Io vorrei capire quanto si dice, ma la poca memoria e il poco tempo per studiare, mi creano enormi difficoltà.

Una foto che faccia capire un sostantivo o un aggettivo sarebbero quello che ci vuole.

 

Senza nessuna pretesa comunque ... Gianfranco

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bravo andrea!! condivido pienamente. in tutti i modi l'attività di politura aiuta molto a comprendere molti aspetti di una lama, che normalmente è più ostico percepire con la sola osservazione. :ok:

Modificato: da ichi

....se il tuo cuore è forte....anche la tua spada sarà forte.....

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Grazie Ken!

da questo tuo scritto percepisco il lungo lavoro su te stesso che ti ha condotto ad arrivare a queste conclusioni.

 

Per questo ti ringrazio, grazie di averci regalato la summa delle tue lunghe riflessioni fatte di pietre e acciaio.



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Gianfra proprio non riesco a tradurre tutto l'articolo in termini più semplici, ogni singola definizione necessiterebbe un approfondimento.

Provo a spiegarti un concetto fondamentale sul quale immagino concorderai.

La politura non è l'asportazione assoluta di rigatura, per meglio intendersi invece di rigatura provo a chiamarla "satinatura" ovvero processo che porta la superficie metallica ad una condizione di finissime rigature parallalele e omogenee.

Ecco dunque il risultato della finitura di una lama è comunque in ogni caso una finissima satinatura. lo scopo di questa satinatura è soddisfare l'occhio.

Qualunque finitura, anche quella del più abile dei politori rivelerebbe al microscopio evidenti irregolarità, differenze di profondità di solco. Ma lo scopo non è soddisfare il microscopio bensì soddisfare la vista, ovviamente più un occhio è acuto più la possibilità di esame diventa accurata, restiamo però sempre nel campo di quanto in nostri occhi sia in grado di percepire.

Osservate qualunque oggetto di acciaio che avete in cucina, il piano dei fornelli per esempio. E' risaputo, la mamma lo dice sempre, l'acciaio si graffia. A volte basta pochissimo per evidenziare un graffio su un fornello, i piani dei fornelli, oppure le lame dei coltelli da pasto se volete, vengono rifiniti utilizzando delle spazzole che satinando la superficie in maniera uniforme ed omogenea danno la percezione di un piano lucido, ma tecnicamente non è lucido, è seplicemente rigato, satinato omogeneamente. Le spazzole utilizzate nell'indistria non sono molto fini ma agiscono in maniera uniforme rendendo la superficie altrettanto uniforme in modo che quando la luce impatta su di essa e rimbalza nel nostro occhio la percezione è quella di omogeneità. Tanti dei graffi che trovi sul tuo fornello di casa non hanno una profondotà di solco superiore a quella prodotta dalla spazzola industriale, è proprio questa diversità in divergenza dal parallelismo, in inclinazione del solco che le rendono percepibili ad occhio nudo per la questione di riflettenza alterata della luce di cui sopra.

Una satinatura è un fascio parallelo di solchi e creste di uguale dimensione, più la satinatura è fine più le creste sono piccole, conseguentemente più sono piccole più sono deboli e facilmente alterabili. Per lo stesso motivo in una lama polita più la finitura è fine più la lama è delicata, una minima pressione può produrre una alterazione della trama di satinatura che a dispetto delle infinitesimali dimensioni non sfugge mai all'occhio nudo la cui cacità è prorio quella di individuare le alterazioni dei riflessi di luce.

Ci hai capito qualcosa Gianfra? Cercherò anche foto ma non è facile in quanto dovrei trovare delle macro dei vari casi qui descritti.

Modificato: da Kentozazen

Mani fredde, schiena curva, odore di pietre bagnate. Questo è il togi.

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L'altro processo di intervento sui metalli è la lucidatura o meglio -tecnicamente- lappatura.

In cosa consiste? E perchè il risultato è così differente?

La lappatura è il processo con cui per esempio nell'antoco giappone venivano trattate le superfici degli specchi i quali erano fondamentalmente dischi di metallo lucidati.

Immaginate una condizione di satinatura, sopra questa superficie satinata viena passato uno strumento metallico che abbia una durezza superiore a quella della superficie da trattare; un brunitore -così possiamo chiamarlo- è sostanzialmente uno strumento di acciaio durissimo fortemente temprato e lucidato. Con le adeguate tecniche viene passato sulla superficie, nel caso della lama sullo shinogi-ji. Che cosa accade?

Il brunitore schiaccia letteralmente le creste rendendo la superficie lucida, la luce impatta in maniera meno omogenea e rimbalza in tutte le direzioni producendo l'effetto specchio. La lucidità è quindi prodotta dall'annullamanto della satinatura. Una superficie satinata quindi ha un effetto visivo assimilabile a quello di una lente polarizzata, la luce rimbalza secondo fasci paralleli e ci permette di vedere la trama dello hada come una lente polarizzata ci permette con una macchina fotografica di vedere sotto la superficie dell'acqua annullando la riflettenza diffusa. Una superficie lappata è invece come la superficie di un lago in un giorno di sole, uno specchio.

Per questo motivo lo hada sullo shinogi-ji è difficilmente visibile, non è che non ci sia, semplicemente è stato volutamente occultato per vari motivi estetici e tecnici.


Mani fredde, schiena curva, odore di pietre bagnate. Questo è il togi.

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Trovo sia interessante approfondire il discorso "Sulla Qualità nelle Nihonto"...Il colore stesso dell'acciaio ad esempio;cosa potremmo dedurre da esso?...

Ormai è noto che la trama della stoffa dell'acciaio da togishi a togishi non può certamente cambiare,quello che cambia in superficie sono i grani ma per il colore del metallo quanto incide il lavoro del togishi, e sulla brillantezza dell'hamon?

Come si fa a distinguere il colore originale da quello che eventualmente crea il togishi sulla lama?

Col passare dei secoli si sa aumentano le politure,l'hamon si fa opaco a volte l'acciaio perde grani ecc.ecc.,ci sono però alcune spade che a distanza di generazioni restano bellissime ,come possiamo noi oggi dedurne la qualità e l'originario splendore solo attraverso l'analisi visiva macroscopica?...


La vittoria è di colui,

ancor prima del confronto,

che non pensa a sè

e dimora nel non-pensiero della grande origine.

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Io penso che la definizione del colore sia una cosa molto impegnativa e complessa. Se da un lato è vero che l'utilizzo di differenti nugui può avere una certa influenza,è pur vero che questo accade entro determinati limiti.

Non credo infatti si possa portare una lama dai toni tendenti al rosa sino al blu.

Mentre scrivo ragiono e mi rendo conto che hai posto un quesito veramente ostico.

Confesso il mio limite , personalmente riesco a distinguere solo variazioni di grigio sino a toni bluastri.

Non sono mai riuscito ad individuare la tendenza al rosa o al rosso, immagino occorra moltissima esperienza aggiunta alla possibilità di raffrontare più lame sotto la stessa condizione di luce.

Tuttavia non ritengo che la tonalità di colore sia strettamente legata alla qualità della spada, è piuttosto dipendente da scuola ed epoca.


Mani fredde, schiena curva, odore di pietre bagnate. Questo è il togi.

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Azz. ma sapete che stare a leggervi è come sfogliare un'enciclopedia !?

Io ho tante passioni, ma così poche volte mi è capitato di stare ad ascoltare (leggere) gli altri.

Siete affascinanti, grazie.

 

Ken, molte grazie per la spiegazione. Ottima e abbondante ! :arigatou: :hiya:

 

Gianfranco

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...Tuttavia non ritengo che la tonalità di colore sia strettamente legata alla qualità della spada, è piuttosto dipendente da scuola ed epoca.

 

E' in questo che risiede il mio cruccio :brooding: ...Molti esperti in Giappone ritengono che la qualità di una spada debba potersi valutare attraverso tre parametri principali : il sugata (l'aspetto complessivo e le geometrie della lama),il jigane (il metallo in se,la sua stoffa ecc.) ed in ultima analisi ma non meno importante l'hamon.

Maestri Gendaito ritengono che complessivamente il procedimento per forgiare una lama non sia affatto cambiato nel corso dei secoli, ciò che pare subito diverso tra una lama nello stesso stile di Shizu Kaneuji e di Amata Akitsugu però è il jigane e il colore del metallo in se (parole del maestro Akitsugu)...Gassan Sadatoshi poi,afferma che il metallo invecchi e che la sua apparente diversità nelle lame koto rispetto a quelle Shinto,Shinshinto e Gendaito sia da considerarsi nell'età considerevolmente più avanzata...Sumitami Masamine ( come Amata Akitsugu, Yoshihara e molti altri..) invece riteneva che la diversità del colore risiedesse proprio nella diversa qualità dei materiali e nel diverso modo di produrli (oroshigane).

Di riflesso teoricamente più la qualità dell'acciaio è alta più effetti come kinsuji,inazuma,utsuri,jifu ecc diventano non solo possibili ma qualitativamente superiori alla norma.

 

P.S.: Durante il periodo Meiji alcune lame che apparentemente,per aspetto,tempra ecc. potessero apparire Koto venivano scurite con nugui più accentuati...


La vittoria è di colui,

ancor prima del confronto,

che non pensa a sè

e dimora nel non-pensiero della grande origine.

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Bellissima discussione :ok:

 

Non vorrei sbagliarmi, ma il colore dell'acciaio è influenzato tra le altre cose dalla quantità percentuale di carbonio che influenza la struttura del reticolo cristallino delle varie forme (trostite, martensite etc ..) poichè diverso è il reticolo e diverso è l'angolo di riflessione della luce e quindi il colore che il nostro occhio percepisce.

 

Quindi nella preparazione della materia prima per la lama influisce quanto carbonio è presente e questo viene effettuato togliendo l'ossigeno presente nel materiale ferroso.

Ho visto in uno dei documentari passati in TV (mi pare in quello di passaggio a Nord-ovest) che YY nella fase di ripiegatura aggiungeva acido borico in polvere che cattura le molecole di ossigeno dal composto ferroro per arricchirlo di carbonio. Certo che stabilire ad occhio quanto carbonio contiene è veramente incredibile, ma lo fanno .... e soprattutto lo hanno fatto anche 1.000 anni fà :ohmy:


Budo

______________________________________

Se c'è qualcosa che manca ai samurai, questa è la paura.

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Bellissima discussione :ok:

 

Non vorrei sbagliarmi, ma il colore dell'acciaio è influenzato tra le altre cose dalla quantità percentuale di carbonio che influenza la struttura del reticolo cristallino delle varie forme (trostite, martensite etc ..) poichè diverso è il reticolo e diverso è l'angolo di riflessione della luce e quindi il colore che il nostro occhio percepisce... Certo che stabilire ad occhio quanto carbonio contiene è veramente incredibile, ma lo fanno .... e soprattutto lo hanno fatto anche 1.000 anni fà :ohmy:

 

E' vero ...Ma la percentuale di carbonio non è tutto,è proprio questo il vero problema.

Il metodo scientifico non può spiegare tutto come l'applicazione dei numeri non possono svelare le leggi dell'universo...(almeno per ora :gocciolone: )

Il problema che non riesce a far dormire la notte molti dei maestri odierni è che forse mille anni fa erano capaci di far meglio...

Del resto sono convintissimo che nessun ingegnere edile laureatosi da poco,pur avendo a disposizione un bagaglio tecnico scientifico nettamente superiore rispetto a quello dei mastri muratori quattrocenteschi sarebbe in grado di portare a termine una sfida che regga il confronto con la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze...

mushin.jpg

Modificato: da shimitsu masatsune

La vittoria è di colui,

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Grazie Ken di farci pertecipi delle tue riflessioni e per la serena disponibilità, sagacia e chiarezza sempre presenti nei tuoi interventi. :arigatou::arigatou::arigatou:

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Il recente incontro con Yoshihara ha dato notevoli opportunità per comprendere cosa sia la qualità e la bellezza in una lama, da studioso di politura non posso fare a meno di sottolineare quanto il togi sia un processo fondamentale per sottolineare le qualità estetiche e funzionali di una nihonto.

E' stato interessante ascoltare l'opinione del maestro Yoshihara in proposito. immagino che tutti ricordiate la katana esposta con choji hamon e finitura in hadori. La politura era opera di Fujishiro Matsuo e credo di aver raramente visto una tale qualità dello hadori. Ogni lama può essere rifinita in varie modalità, non ne esiste una da prediligere, è la sensibilità del politore a decidere. alla domanda se preferisse per le sue opere un sashikomi o un hadori il M° Yoshiahara ha serenamente risposto che entrambe potevano essere adatte e che la scelta dipende dalla volontà del togishi.

La katana esposta presentava un hadori molto particolare, ho avuto la fortuna di poterne parlare con Kapp il quale confermava la mia convinzione di essere di fronte ad un vero capolavoro di togi. E' interessante riflettere sul fatto che molti degli osservatori ritenevano ad un primo esame di essere di fronte ad un sashikomi, la marcatura dello hamon era talmente fine infatti da poter indurre facilmente in errore, tuttavia con una attenta osservazione risultava presente un keisho assai leggero ed uniforme che dava risalto alle attività con equilibrio e sofisticata leggerezza.

Personalmente non credo di aver mai potuto osservare da vicino un'opera degna di confronto, è in questi momenti, confrontando i propri limiti con quelli di un fenomeno assoluto come Fujishiro che ci si rende conto della differenza tra capacità e talento assoluto.

Credo che la tendenza di molti togishi sia spesso quella di utilizzare una stessa tecnica esecutiva per ogni lama.

Non dico che ogni moderno togishi non modifichi la tecnica a seconda della lama, sostengo però che si abbia spesso la tendenza a non mutare eccessivamente il proprio stile in modo da non incorrere in riduzioni sensibili della qualità del risultato.

Nel caso della lama in questione Fujishiro ha dedicato molta attenzione alla preservazione del colore naturale dello hada, le lame di tradizione Yoshihara hanno un colore a mio parere argenteo bruno, non vi rilevo alcuna tendenza al blu nè al rosa. Fujishiro è riuscito a rispettare la tonalità corretta, sembra quasi senza utilizzo di nugui, dico sembra perchè in realtà il nugui è stato applicato ma con una grande attenzione a non mutare il colore originario. Ecco dunque cosa trovo incredibile in Fujishiro, più lo hada è chiaro più è difficile modellare un hadori visibile, in aggiunta ad un hada chiaro ma particolarmente ben definito nella struttura del tessuto (ed anche qui direi quasi una magia), il togishi ha disegnato un hadori assai fine e leggero, quasi suggerito, come un soffio flessuoso che evidenzia lo hamon, nonostante questa sottile differenza in sfumature il keisho era chiaramente visibile, omogeneo, perfetto nelle sue evoluzioni e -soprattutto- mai preponderante rispetto alle evoluzioni del choji. Ora cercherò qualche foto da poter postare perchè io trovo che la qualità di questa politura sia "arte nell'arte" e lo stesso Kapp ne era affascinato.

Se avete foto della lama in questione vi prego postele e poi confrontiamo le reciproche opinioni.

Modificato: da Kentozazen

Mani fredde, schiena curva, odore di pietre bagnate. Questo è il togi.

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La politura della katana firmata dal maestro Yoshindo era davvero eccezionale, anche i non politori come me hanno notato una particolare cura nella ricerca del contorno dell'hamon, che sebbene molto frastagliato era stato seguito ed evidenziato in modo esemplare da un velo di hadori perfettamente uniforme.

I dettagli sono posti in evidenza con chiarezza e senza forzare la mano.

 

Vorrei anche sottolineare come le lame shinsakuto offrano un acciaio molto diverso da quello delle lame più antiche, a me è parso di vedere nelle lame del maestro una trama molto fitta, un ko-mokume davvero compatto che quasi tendeva al muji mentre al contrario gli hamon sono molto più ricchi della spade antiche. Forse l'azione del tempo influisce allargando gli spazi tra le trame della hada e per questo le lame nuove appaiono più lucide e compatte. Voi cosa ne pensate?



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