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Khuran

Impugnare la spada, prassi 'antica' e 'moderna'

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Innanzitutto salve a tutti, era un po' che non tornavo sul forum ed è un piacere notare che è sempre attivo :)

 

Scrivo questo topic sperando di risolvere, con l'aiuto di chi è più esperto di me, un dubbio che mi si è insinuato negli ultimi giorni - e magari di tirarne fuori qualcosa di interessante.

 

Tempo fa, guardando video su Youtube, mi sono imbattuto in un singolare 'documentario', ovvero questo:

 

http://www.youtube.com/watch?v=3WH_bBr1Rkg

 

Per la precisione dal minuto 04:44.

 

Come potete vedere dal video, il signore giapponese - di cui non ho capito il nome, anzi neanche ci ho provato, ora cercherò - mostra un vecchio manuale (di gekken, direi) nel quale sono presenti figure dimostrative di vari waza. Si fa notare come in tali figure la spada venga impugnata con le mani adiacenti l'una all'altra, al contrario degli insegnamenti di praticamente tutte le ryu-ha, almeno quelle che conosco io. In seguito, questo signore 'dimostra' come l'impugnatura delle mani adiacenti (che viene classificata come appartenente al 'Classical Budo', in opposizione all'impugnatura conosciuta ad oggi, classificata come 'Modern Budo') sia più efficiente e permetta un uso maggiore delle varie leve corporee.

 

La prima volta che ho visto il video non sono rimasto molto colpito. Innanzitutto la dimostrazione è facilmente truccabile, basta agire di proposito più lentamente utilizzando la tecnica che si vuole dimostrare meno efficace. In secondo luogo, mi ero già imbattuto in immagini tratte da quel manuale, e notando l'impugnatura diversa ho sempre pensato che fosse un errore del disegnatore.

 

Inoltre, come ho detto prima, quel manuale sembra proprio di gekken, ed in caso lo sia veramente sarebbe quantomeno controverso affermare che si tratta di una presa 'antica'. Però essendo molto dell'audio in giapponese, magari c'è una spiegazione che non ho colto.

 

Comunque, oggi, facendo un po' di tagli a vuoto con il bokken, sono stato curioso di provare questa 'presa antica'. Il risultato mi ha stupito: effettivamente mi sembrava di colpire con più potenza e naturalezza. Provando in seguito con una iaito, ho notato che il taglio produce un fischio più netto e potente tenendo le mani adiacenti invece che distanziate.

 

Questo ha sicuramente risvegliato la mia curiosità, e cercando su google immagini delle stampe antiche di kenjutsu, ho notato che in effetti in diverse immagini (non tutte, comunque) i kenshi vengono raffigurati mentre tengono la spada con le mani adiacenti.

 

Ad esempio: http://www.antiques....iyoshi-ichi.jpg

 

Detto questo, mi interessa sapere cosa ne pensate a proposito. :arigatou:

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Il maestro che si vede nel video è Kono Yoshinori. Questo maestro, che tra l'altro è stato influenzato dal più famoso Kuroda Tetsuzan, sostiene che in Giappone, prima che questo si aprisse alle influenze militari occidentali, ci fosse un modo particolare di muoversi non solo nei koryu di bujutsu ma addirittura nel semplice camminare (nanba aruki).

Per quanto riguarda le mani adiacenti: ho notato da alcuni video di tameshigiri che le mani vengono tenute in questo modo. Anche nel film "Gohatto" c'è una scena riguardante proprio questo modo di impugnare.

Sinceramente nei Koryu ho sempre visto impugnare la spada con le mani non adiacenti, ma c'è sicuramente un motivo per tutti e due i modi.

Credo che Sandro potrà risolvere il nostro quesito...


M.V.

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Grazie della risposta, anch'io sono convinto che Sandro ci potrà illuminare :tongue:

Comunque volendo aggiungere elementi alla discussione, un altro motivo per cui il video inizialmente non mi ha convinto per niente è: per quale ragione si dovrebbero costruire spade con la tsuka così lunga se poi vengono impugnate in quel modo? Per bilanciare la lama in maniera corretta basterebbe un kashira più pesante, all'occidentale...

Poi però guardando un video sul Krabi Krabong (la tradizione marziale armata thailandese) ho visto che le loro spade, le Daab, hanno un'impugnatura molto lunga ma vengono addirittura usate a una sola mano. La spiegazione data nel video era che l'impugnatura lunga permette di difendere l'interno dell'avambraccio, che essendo una zona ricca di vene, arterie e tendini è in effetti un bersaglio importante. :arigatou:

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Da un libro di Otake Risuke del Katori Shinto ryu:

15gyp8j.jpg


M.V.

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Giusto, inoltre tenendo le mani vicine nella parte alta della tsuka si perde un minimo di 'allungo' nel colpire. Tuttavia sia la ristretta mobilità dei polsi che la 'gittata' minore, almeno a mio avviso, non sono poi così limitanti, soprattutto per chi ha imparato a tenere la spada con una certe leggerezza.

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In attesa dell'intervento di Sandro, ritengo che non sia il caso di estendere a tutte le koryu quanto è affermato da Otake sensei, comunque parere rispettabilissimo. E' chiaro che ciò che lui ha scritto è sicuramente valido nel Katori Shinto Ryu ed ha un certo senso logico, anche se l'effetto "leva" valido per le due mani come potrebbe essere applicato ad i tagli con una sola mano, tipica dello iai?

Detto questo, come dalla immagine seguente tratta da un densho Katayama, il tenouchi poteva era diverso e non ne farei un valore assoluto se non nell'uso strategico del momento. Sempre nella Katayama, a volte si invertivano le mani ponendo la sinistra sotto la tsuba. Altro non dirò, neanche sotto tortura .... :arigatou:

img_4711.jpg

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Certo sono d'accordo, il mio voleva essere solo un esempio.

Per quanto riguarda lo iaijutsu, nell'estrazione si deve per forza estrarre con una sola mano quindi si resta vincolati a questo. Ritengo che il discorso estrazione sia una cosa a parte, come del resto il ryoto.

Certamente impugnando la spada con una sola mano ci sono degli svantaggi ma come dice Isononami è tutto legato alla strategia del momento.

Essendo io un praticante ancora all'inizio non so realmente valutare pro e contro se non per quello che mi viene detto.

Chiedo quindi a chi ne sa più di me: quali sono i vantaggi che derivano da un'impugnatura a mani ravvicinate?


M.V.

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Certo sono d'accordo, il mio voleva essere solo un esempio.

.....

Chiedo quindi a chi ne sa più di me: quali sono i vantaggi che derivano da un'impugnatura a mani ravvicinate?

 

Sicuramente Saizo il tuo riferimento al testo di Otake sensei è stato appropriato perchè credo che molte considerazioni odierne sulla utilità di una maggior spaziatura tra le mani nel tenouchi abbiano origine proprio dalla utorevolezza del Katori Shintō Ryū e dei suoi rappresentanti.

Innanzitutto propongo due video

 

http://www.youtube.com/watch?v=LItdqWDK5E8

 

(sposto il video nel successivo post perchè richiesto dall'editor)

 

Il primo vede in azione Nakayama Hakudō sensei, forse uno dei maggiori esperti di iaidō (e non solo) nelle epoche Taishō e Shōwa. Non è difficile notare come tutti i kirioroshi (makkō o kesa) siano effettuati con le mani ravvicinate.

Nel secondo video una ragazzina delle scuole elementari, in una gara di tameshigiri, taglia con le mani ravvicinate.

 

Ora provo a modificare la domanda: quali sono i vantaggi che derivano da una impugnatura a mani distanziate?

 

Se fosse solo per l'effetto leva avrei qualche dubbio perchè nella meccanica del movimento le mani avrebbero due modi di lavorare:

1. una tira, l'altra spinge intorno ad un punto fisso che può essere situato nel mezzo della tsuka, oppure

2. una svolge il ruolo di perno mentre l'altra tira/spinge per eseguire il taglio.

In entrambi i casi, due modi non riscontrabili nei video postati.

 

Nel periodo in cui studiavo Katori Shintō mi veniva detto che la mano sinistra copriva lo tsukagashira (e quindi le mani erano distanziate) per effettuare più facilmente colpi di tsuki, con la mano sinistra che spinge la tsuka; esistono altre motivazioni oltre questa e quella riportata da Otake sensei?

 

:arigatou:

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Beh, oltre alle cose che ho detto prima, 'a pelle' direi che tenendo le mani distanziate possa esercitare più pressione in tsubazeriai, ma potrei sbagliarmi (ancora non ho modo di provare :tongue: ). Inoltre, sempre parlando di tsuki, le mani distanziate consentono di usare la destra come perno per deviare un affondo e tornare velocemente in guardia.

 

Comunque per mia esperienza personale rispondo ad Isononami dicendo che, almeno nella scuola che pratico, la 'meccanica' del movimento si avvicina al primo esempio fatto (la sinistra tira, la destra spinge).

 

:arigatou:

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Quella odierna è una questione di estremo interesse, ringrazio e saluto (poiché era molto tempo che non lo avevamo tra noi) Khuran per averla posta. Come giustamente detto dal nostro Saizo, il maestro presente nel video è Kōno Yoshinori, una persona molto interessante. Il fatto che egli non sia legato ad alcuna tradizione in particolare gli consente di spaziare in lungo e largo con le sue ricerche, i frutti delle quali vengono mostrati a chiunque abbia voglia di approfondire con lui un determinato argomento. Una cosa che ho sempre stimato di Kōno Sensei è che gran parte degli studi da lui condotti abbiano poi un riscontro nella vita di tutti i giorni: alcuni movimenti del corpo sviluppati in allenamento si sono poi rivelati utilissimi per molti operatori sanitari che avevano difficoltà nel sollevare dei pazienti molto più pesanti di loro. Il maestro ama molto confrontarsi anche con chi non ha mai praticato arti marziali, e la dimostrazione tecnica effettuata con i membri del club di rugby che possiamo vedere nel video ne è un fulgido esempio. Le sue riflessioni in merito al mochikata stretto sono trattate all’interno del suo ultimo libro “Budō kara Bujutsu he – ushinawareta jutsu wo motomete” (Dal Budō al Bujutsu: alla ricerca della tecnica perduta), in particolar modo nel capitolo dedicato al kenjutsu.

 

Premesso ciò, provo ad esprimere il mio punto di vista, il quale deriva da alcune ricerche che ho fatto in merito all’argomento. Argomento del quale discussi di persona anche con il maestro Brandozzi, il quale ringrazio calorosamente per essere intervenuto. Partendo dal presupposto che non credo esista alcuna ryūha che non abbia modificato, anche in minima parte, i propri insegnamenti nel corso del tempo, è opportuno ricordare che per quanto si parli di arti marziali tradizionali esse sono comunque state influenzate (sarebbe meglio dire re-influenzate) dal gendai budō. Il fatto che molte scuole di scherma tradizionali presentino oggi l’impugnatura con le mani distanziate è una prova dell’influsso che il kendō (e con questo termine voglio proprio riferirmi alla disciplina dell’ultimo periodo Meiji e di quello Taishō, altrimenti avrei parlato di gekken o shinai kenjutsu) ha avuto su di esse. In origine, il kendō era praticato con le mani adiacenti sulla tsuba, ma dato il volume dei kote ci si accorse che una presa a mani distanziate avrebbe favorito attacchi più liberi (anche considerando che la lunghezza dello shinai era ben superiore a quella di una spada normale, quindi un mochikata largo avrebbe consentito di bilanciare meglio la spada). Per chi possiede la spada di bambù ed i guanti del bōgu sarà facile accorgersi che i suburi risulteranno molto più naturali da effettuare con le mani distanziate: i kote non sono un ingombro da poco. Inoltre una presa larga consente di tirare rapidamente anche i colpi katate, che durante il Bakumatsu erano molto frequenti. Un altro vantaggio che questo tipo di impugnatura offre é quello di parare il colpo al fianco con la tsuka stessa! Con una spada reale la cosa sarebbe estremamente rischiosa. Eppure, anche nel kendō più moderno e sportivo rimane un legame con l’antica presa: il colpo al dō. Qualsiasi maestro insegna, infatti, che nel momento in cui andiamo a sferrare l’attacco lanciandoci con tutto il corpo verso l’avversario la mano sinistra deve andare a contatto con quella destra. La presa sulla spada ne sarà rinforzata. Ed in effetti, il dōuchi é l’unico colpo che ricorda un taglio con una lama vera. A sostegno di quanto dico riporto un estratto del libro “Hokuto no Hito” (L’uomo del nord), opera di Shiba Ryōtarō in cui si narra della gioventù di Chiba Shūsaku, fondatore della più grande scuola di scherma di tutti i tempi, la Hokushin Ittō Ryū:”...i praticanti della sua scuola dovevano eccellere sia nel combattimento reale che negli allenamenti (shinai kendō). Com’é a tutti noto, la spada e lo shinai sono ben diversi tra loro; non tanto nella forma, ma nel modo in cui essi vengono impugnati. La spada va stretta sulla tsuka con le mani adiacenti tra loro: questo non é tuttavia un elemento di cui stupirsi, poiché é così sin dall’antichità. Farebbe invece inorridire quelle scuole che non utilizzano il bōgu la (sua) presa dello shinai, dove tra la mano destra e quella sinistra era lasciato uno spazio di quasi due pugni. Cambiava a seconda dell’arma utilizzata, dimostrando dunque uno spirito che si adattava a tutte le situazioni (rinkiōhen)...”. Con il passare delle epoche, in Giappone non ci fu più la necessità di combattere con la spada; per questo motivo la presa dello shinai diventò lo standard anche di quelle tradizioni che continuavano a fare soltanto il katageiko.

 

Analizzando i documenti del passato che sono pervenuti sino ai giorni nostri, ci si può rendere conto di alcune cose molto interessanti. Andiamo per ordine. In uno dei più famosi testi della Kashima, il “Kashima Shintō Ryū Heihō Jikanshō” (che potremmo rendere come “riflessioni personali sulla scuola di Kashima Shintō”), scritto nel 13° anno dell’Era Tenpō (1842) da Ōtsuki Sekihei, si può leggere: ”…per quanto la vostra tsuka sia lunga, è fondamentale che le mani siano sempre adiacenti l’una all’altra. Imparate a conoscere tutti i vantaggi di questa presa, così come venivano trasmessi dal nostro fondatore Tsukahara Bokuden…”. Un altro importante documento sulla scherma tradizionale è il “Kenjutsu Hiden Hitori Shugyō” (segreti sulla pratica individuale della scherma), realizzato in epoca Kansei (1789-1801) da un certo Sen’en e che era indirizzato a tutti coloro che non potevano, per i più svariati motivi, frequentare un dōjō ed apprendere da un maestro (era una sorta di manuale per autodidatti).Le figure in esso riportate, visionabili anche su internet, mostrano gli spadaccini con le mani unite sull’impugnatura. Andando avanti troviamo i ben più famosi “Hokusai Manga”, un’immensa collezione di disegni che Katsushika Hokusai pubblicò per la prima volta nell’11° anno dell’era Bunka (1814). Hokusai, da eccellente rappresentante dello ukiyoe qual’era, si concentrò soprattutto sulla raffigurazione della vita dei chōnin, molti dei quali praticavano anche le arti marziali: i suoi “schizzi” (anche se a mio avviso é riduttivo chiamarli in questo modo) riproducono in modo egregio i bōgu dell’epoca (fornendo addirittura indicazioni sulle misure), così come dipingono varie fasi del combattimento con la spada. Ed anche qui possiamo notare lo stesso mochikata descritto sopra. La domanda a questo punto sorge spontanea: per quale motivo un artista come Hokusai, il quale si proponeva di rappresentare nel modo più veritiero possibile il mondo in cui viveva, avrebbe dovuto mostrare di proposito una presa stretta quando questa non fosse corrisposta arealtà? Ancora, alcuni anni fa mi capitò di vedere in un museo di Tōkyō delle stampe “Akō Rōshi Uchiirie” (ossia “disegni dell’assalto dei guerrieri di Akō”): la quasi totalità dei quarantasette rōnin combatteva con una presa stretta (nelle immagini in cui essi non brandivano armi come le yari). Di esempi ce ne sono a centinaia, ragion per cui mi limito ad esporne solo alcuni onde evitare di rendere la discussione troppo noiosa. Mi preme però sottolineare l’importanza del primo intervento del maestro Brandozzi, il quale ci mostra gentilmente uno oboegaki della Katayama Ryū dove possiamo vedere chiaramente il tipo di presa utilizzata. Volendo trovare un filo conduttore sul modo di impugnare la spada all’interno della storia della scherma giapponese, perlomeno con gli elementi analizzati sinora, potremmo asserire che la Kashima Shintō Ryū (periodo Muromachi), la Katayama Ryū (inizi dell’epoca Edo), la scherma che vediamo nei dipinti di metà epoca Edo (Akō Rōshi Uchiirie) e quella raffigurata negli ukiyoe (quindi tardo Edo e Bakumatsu) presentano tutte un tenouchi stretto.

 

Termino riportando una riga che si trova all’interno degli scritti del menkyo della Tennen Rishin Ryū:”...la presa sulla tsuka dovrà essere sempre stretta, in modo che potrete bloccare con forza gli attacchi del nemico senza il pericolo che l’impugnatura vi si frantumi nelle mani. Ciò é comune a molte scuole, poiché così viene trasmesso sin dai tempi delle grandi tradizioni di Katori e Kashima...”. Con ciò non voglio mettere assolutamente in dubbio l’autorevolezza delle parole di Ōtake Sensei, ma come ho premesso all’inizio ritengo impossibile che esista ancora una ryūha che non abbia mai alterato i suoi insegnamenti, soprattutto una con sei secoli di storia. L’evoluzione é un elemento intrinseco dell’essere umano. Vi prego di perdonare la lunghezza del mio intervento :arigatou:

Modificato: da sandro

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Una sintesi storica e tecnica da diffondere :numerouno: . Grazie Sandro. :arigatou:

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Grazie mille Sandro per l'intervento che tutti (immagino) stavamo aspettando :arigatou:

 

Non sapendo nulla di ciò che hai detto sono un po' "sconvolto", e mi ritrovo a dover rivedere un po' delle convinzioni che avevo, ma del resto fin da quando ho fatto quelle prove sapevo che qualcosa sarebbe dovuto cambiare (in meglio, ovviamente).

 

Ci sono solo due cose che mi sembrano 'strane'.

 

La prima è che sia bastata l'introduzione del bogu e dello shinai geiko per cambiare nettamente il modo di impugnare la spada anche nei kata di kenjutsu e di iai\batto. Se gli unici vantaggi di questa presa si ottengono usando tutto l'armamentario di cui sopra, perché modificare anche la tradizione riguardante il combattimento reale?

 

La seconda è un po' più estemporanea e si connette con le tradizioni marziali occidentali, in particolar modo la spada lunga come insegnata dal Fiore dei Liberi e dai maestri tedeschi quali Talhoffer, Liechtenauer eccetera. (mi rendo conto di uscire parecchio OT sia dalla discussione che dall'intero forum, ma perdonatemi un istante)

Negli insegnamenti di questi ultimi, la spada lunga\langschwert viene tenuta con le mani distanziate (anche più che in Giappone), e non è che sia qualcosa di 'moderno', come si può notare da immagini come questa:

 

300px-Talhoffer1467_25.jpg

 

(per trovarne di simili basta cercare il nome di uno dei maestri sopra citati, ce ne sono a bizzeffe).

 

Ora, io interessandomi di entrambe le tradizioni ho sempre notato diverse somiglianze fra di loro (non tanto nella tecnica 'meccanica \ corporea' ma nel ritmo e nelle tattiche comuni ai vari stili) e questa era una di esse. A questo punto mi viene da chiedere come mai in Europa usava tenere le mani distanziate. Un paio di spiegazioni che vengono subito in mente sono i guanti d'arme europei che probabilmente creavano problemi simili a quelli del bogu, ed il fatto che in Occidente si tendesse a colpire più di punta che di taglio già all'epoca...

 

Ad ogni modo ringrazio ancora Sandro (e tutti gli altri) per la discussione estremamente interessante che ne è venuta fuori :arigatou:

 

 

EDIT: Mi permetto di allungare un po' il post per condividere con voi alcune impressioni che ho avuto facendo altre prove con bokken e iaito.

Il post sulla 'meccanica' di Isononami mi ha fatto riflettere e ripensare ad alcuni degli insegnamenti ricevuti, in particolare riguardo al discorso del fulcro del movimento. Come ho risposto prima, nello stile che pratico la sinistra tira e la destra spinge intorno a un fulcro che sta circa a metà tsuka.

Mi sono reso conto che, non allenandomi da qualche mese, avevo smesso di muovermi in questo modo, semplicemente tirando con la sinistra e accompagnando 'mollemente' il movimento con la destra.

Ripescando dalla memoria muscolare il metodo che mi è stato insegnato, e confrontandolo con il mochikata stretto, ho notato pochissime differenze: l'unica veramente tangibile è il peso percepito della spada, che con le mani vicine è più leggera durante il taglio, mentre con le mani distanti è più leggera stando in chudan-no-kamae.

Mi viene quindi da pensare che un'altra ragione per usare il mochikata largo stia nel fatto che provoca meno fatica negli avambracci stando prolungatamente in guardia. :arigatou:

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Ciao Khuran, perdonami se non ho risposto subito alle tue domande. Il tempo che riesco a dedicare al forum, purtroppo, é molto limitato.

 

Provo a dare risposta ai tuoi due quesiti, premettendo che quanto affermo altri non é che una mia visione personale dell’intera faccenda.

 

Terminato il Bakumatsu, il Giappone divenne pian piano un paese moderno, dove non vi era oramai più nessuno che combattesse con le spade. Quello che tu definisci “combattimento reale”, oggi non sono altro che figurazioni di quello che poteva essere uno scontro dell’epoca, del quale né noi, né i nostri maestri, né i loro maestri prima ancora hanno avuto esperienza. Se intorno all’epoca Bunkyū (1860-1863) il rapporto tra shinai kendō e katageiko all’interno di una stessa scuola era di settanta per cento l’uno e trenta l’altro, a partire dalla seconda metà del Meiji la forbice si allargò ancora sino a che il combattimento in armatura divenne il novantacinque per cento dell’interno allenamento (ed in molte scuole il katageiko sparì del tutto). I giapponesi sono un popolo molto pragmatico: quando una cosa non serve più la abbandonano del tutto, oppure la modificano affinché essa sia al passo con i tempi. In epoca moderna hanno inoltre acquisito una mentalità per la quale se tutti fanno la stessa cosa allora devono farla anche loro, pena il sentirsi esclusi dalla collettività. Se ci pensi bene, ciò é in totale contrasto con il vecchio sistema feudale che presentava enormi differenze tra una provincia e l’altra, e la grande promiscuità delle scuole di arti marziali ne era un esempio. Kendō e jūdō hanno invece unificato la nazione da Hokkaidō ad Okinawa. In Giappone il tenouchi del kendō é quello ufficiale per chi pratica spada, anche se oggi tramite lo studio di documenti antichi si cerca un ritorno alle origini, come gli studi condotti dal maestro Kōno.

 

Capisco anche il tuo discorso in merito alla spada lunga. Io non sono assolutamente esperto di questo tipo di combattimento, ma a quello che so la essa dovrebbe essere più lunga e più pesante di di quella giapponese (una presa larga sarebbe senz’altro molto più comoda rispetto a quella stretta). Inoltre, potendo colpire con entrambi i lati, é probabile che una presa come quella che ci mostri favorisse un ritorno immediato dopo un primo attacco andato a vuoto. Ma su questo puoi illuminarci soltanto tu od altri esperti in materia :arigatou:

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Ciao Sandro, figurati, anzi ti ringrazio della cortesia :arigatou:

 

Capisco, in effetti il discorso torna. Certo resta una rivelazione piuttosto pesante per chi non si è mai posto la questione, ma che appunto non fa altro che stimolare a praticare con più consapevolezza e 'curiosità' :)

 

Riguardo alla scherma occidentale... non sono assolutamente un esperto ma solo un appassionato, di essa come di quella orientale.

 

Grazie ancora per la discussione e le delucidazioni. :arigatou:

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Grazie a te per la pazienza nel leggere. Vediamo se qualcun altro fornisce la propria opinione in merito :arigatou:

Modificato: da sandro

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Mi permetto di riesumare la discussione ponendo un'altra domanda, sempre relativa all'argomento.

 

Abbiamo stabilito che il mochikata largo è un'invenzione relativamente moderna, adatta all'uso di shinai e bogu.

A questo punto però mi viene da chiedere: come mai le lame giapponesi hanno, fin da periodi molto antichi, una tsuka lunga, che suggerisce appunto una presa delle mani distanziata?

Una spiegazione simile a quella data per le Daab thailandesi mi pare poco appropriata, dal momento che la sezione di tsuka che 'avanza' dalla presa è decisamente corta, sicuramente troppo perché servisse a proteggere l'avambraccio.

Che servisse a bilanciare mi sembrerebbe comunque strano, visto che si poteva ricorrere a un pomello.

Qualcuno ha la soluzione dell'arcano? :biggrin::arigatou:

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Penso che la tsuka lunga o corta sia piu dovuta alla lunghessa della lama ed al suo probabile bilanciamento.

Un pò anche una questione di moda, la stessa shinai forse è un addattamento dovuto all'uso delle protezioni per le mani, per vedere poi quale poteva essere la lunghezza della tsuka forse basterebbe vedere lo stesso nakago, anche questo cambia a seeconda delle epoche.

Nel periodo più vicino a noi abbiamo la possibilità di vedere anche foto di samurai ed a quanto sembra in questo ultimo periodo le tsuka erano abbastanza corte:

 

samurai1.jpg

 

samurai.jpg

 

Nelle foto in cui indossano armature antiche le tsuka sono più lunghe:

 

imagesCAHE04X2.jpg

 

2.jpg

 

Samurai.jpg

 

Ssamurai%20(5).jpg

 

Nello stesso film i sette samurai le lame in uso rapportate al periodo di ambientazione hanno tutte tsuka molto lunghe , non solo quiella di chi usa la no dachi.

 

seven_samurai2.jpg

 

e comunque guarda:

 

imagesCABSZDLU.jpg


"accorciati la firma". Ernst Jünger

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La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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