Visto che in giardino si parla di emozioni... in questi D-Day di memoria verso persone sconosciute che han dato la vita per la “nostra liberazione”, vorrei condividere uno scritto di diverso tempo fa (che ho fatto mio) e che parla de ..
Il più importante tra i sentimenti dello Shintō è quello della gratitudine affettuosa per il passato, un sentimento che non ha alcun corrispondente affettivo nella nostra vita emotiva.
Noi conosciamo il nostro passato meglio di quanto i Giapponesi conoscano il proprio.
Abbiamo miriadi di libri che registrano o analizzano ogni suo evento e condizione; ma non si può dire in alcun modo che lo amiamo o che ci sentiamo grati nei suoi confronti.
Riconoscimenti critici dei suoi meriti e dei suoi difetti.. qualche raro entusiasmo suscitato dalle sue bellezze; molte denunce dei suoi errori: ecco la somma dei nostri pensieri e sentimenti verso ciò.
L'atteggiamento dei nostri studiosi nel valutarlo è necessariamente freddo.
Quello della nostra arte spesso è più che generoso.. quello della nostra religione generalmente è un giudizio.
Quale che sia il punto di vista da cui lo studiamo, la nostra attenzione si rivolge soprattutto «all'operato» dei morti, e talvolta ci fa battere un po' più forte il cuore, quando lo esaminiamo.
Dell'umanità passata in quanto "unità", dei milioni sepolti da tempo in quanto nostro prossimo non pensiamo nulla, oppure ci pensiamo con lo stesso tipo di curiosità che proviamo per le specie estinte.
Troviamo in effetti un interesse in certe vite individuali che hanno lasciato il segno nella storia.
La nostra emozione è colpita dalle memorie dei grandi capitani, statisti, scopritori, riformatori, ma solo perché, nel novantanove per cento dei casi, molto spesso non si riferisce ai nostri sentimenti altruistici.
I morti senza nome a cui dobbiamo di più non ci turbano e non proviamo gratitudine o affetto per loro.
Ci è persino difficile convincerci che l'amore per gli antenati può essere un'emozione "religiosa" reale, potente, penetrante, costruttiva in qualsiasi società umana, come certamente lo è in Giappone.
Già la sola idea è completamente estranea ai nostri modi di pensare, di sentire, di agire.
Uno dei motivi, naturalmente, è che non crediamo nell'esistenza di una relazione spirituale attiva tra i nostri antenati e noi stessi.
Se siamo profondamente religiosi, pensiamo ai defunti come separati da noi dal giudizio, come lo erano durante la vita.
E’ pur vero che tra la gente di religione cattolica si crede ancora che i morti possano ritornare sulla terra una volta all'anno, nella notte di Ognissanti. Ma anche secondo questa credenza non sono considerati legati ai vivi da un qualche nesso che non sia quello del ricordo; e si pensa a loro, come testimoniaza di folklore, più con timore che con affetto.
In Giappone, i sentimenti verso i defunti sono completamente diversi.
Sono sentimenti di amore colmo di gratitudine e reverenza.
E' probabilmente la più profonda e potente delle emozioni di questo popolo, quella che orienta la vita nazionale e forma il carattere nazionale.
Il patriottismo appartiene a essa.
Da essa dipende la pietà filiale.
In essa è radicato l'amore familiare.
Su di essa si basa la lealtà.
Il soldato che, per aprire un varco ai compagni nella battaglia, sacrifica volontariamente la sua vita al grido di «Teikoku banzai!» .. il figlio o la figlia che sacrifica in silenzio la felicità dell'esistenza in nome di un genitore indegno o addirittura crudele; il sottoposto che rinuncia ad amici, famiglia e averi, pur di non infrangere la parola data in passato a “un padrone” oggi caduto in disgrazia; la moglie che si veste ritualmente di bianco, recita una preghiera e si trafigge la gola con la spada per espiare un torto commesso dal marito verso degli estranei: tutti costoro obbediscono alla volontà di testimoni invisibili, e ne ascoltano l'approvazione.
«Non dovremmo mai essere causa di vergogna per i nostri antenati» . . . questo è (o era) un imprimatur non scritto.
Ed è in questo sentimento che bisogna ricercare il segreto dì molte stranezze del carattere giapponese. Molto più estraneo al nostro mondo emotivo dello splendido coraggio con cui affrontano la morte, o dell'equanimità con cui si compiono i più ardui sacrifici.
Il debito straordinario del presente verso il passato, e il dovere dell'affetto verso chi, in un modo o nell’altro, ha dato la vita per noi.