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heijoshin

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messaggi di heijoshin


  1. Grazie mille, sei stato molto esauriente numerouno.gif

     

    Avrei solo un'altra curiosità, quali differenze (peso, dimensioni, ecc.) ci sono fra l'omote bokuto e il bokuto normale usato da voi (ne avete uno specifico o ne usate uno "generalista")?

     

    grazie ancora ciaociao.gif


  2. innanzitutto grazie per aver condiviso questo documento. Premetto che devo ancora leggerlo, quindi se la risposta alla mia domanda fosse contenuta lì, ti prego di scusarmi.

     

    è solo una piccola curiosità di un piccolo praticante di TSKSR. mi ha sempre incuriosito il particolare bokuto della vostra scuola, potresti spiegarmi (anche sommariamente)la filosofia che sta dietro a questa scelta?

     

    mi spiego meglio (forse sarò un po' superficiale per brevità, quindi scusatemi): ogni scuola ha una propria concezione del combattimento, incarnata dalle tecniche e dai kata della scuola. sulla base di questa poi si utilizzavano specifici metodi di allenamento e usava armi specifiche per raggiungere quel risultato: per fare un esempio la jigen ryu dava molta importanza al kesa giri e aveva quindi sviluppato un sistema di allenamento (makiwara, bokuto ricavati da rami, e infinite ripetizioni del colpo) che permetteva di raggiungere poi un risultato terrificante.

     

    tornando alla mia curiosità: cosa sta dietro alla vostra scelta? è l'unico bokuto che usate, o è solo un passaggio in un percorso più articolato?

     

    scusami per la domanda ot, ma troppa era la curiosità (intesa come interesse ovviamente)...ti ringrazio in anticipo per qualsiasi risposta mi vorrai dare

     

    p.s. spero di essere stato chiaro nell'esposizione, ma sono di fretta, soooorry

     

     

     


  3. Si , è vero .

    La memoria muscolare esiste , è una definizione coniata un trentennio fa relativa alle prime fasi di un insegnamento tecnico (relativo ai lavori manuali ) , è immediatamente successiva all'imitazione , in pratica si ripete una sequenza di azioni con effetto uguale all'insegnante senza una vera e propria consapevolezza della funzione dei gesti .

    E'anche vero che in senso marziale è fondamentale nelle prime fasi , ma credo che i termini specifici che hai citato siano più corretti , sarebbe riduttivo .. La memoria muscolare funziona senza un collegamento coscente nel senso che non c'è bisogno di pianificare mentalmente i gesti , in questo senso si addice di più ad attivitè manuali in campo lavorativo non alla reattività durante uno scontro in senso marziale , perchè quel tipo reattività è molto più avanti e distante .

    Mi vengonp in mente alcune frasi dette da maestri di arti marziali usciti vincitori da scontri in modo netto .." si muoveva al rallentatore " .. Una persona non allenata ha un tempo di reazione attorno agli 0,80 - 1,2 secondi , in molti marzialisti la soglia scende a 0,2 -0,4 , in pratica è il collegamento mente/corpo che è più efficace , non è solamente semplice memoria muscolare .

     

    Interessante la differenzazione in chiavi di lettura sulla visione religiosa-scentifica relativa gli effetti sulla materia , ti quoto sulla ritualizzazione del gesto legata alla conservazione del sapere .

     

    Strano che sia un proverbio cinese , conoscevo il detto cinese " se ti insegno un lavoro un giorno ne avrò meno per me " .

     

     

    forse nn ho specificato bene cosa intendevo dire riguardo alla memoria muscolare (o più probabilmente uso il termine in maniera impropria, sorry)... spero di essere abbastanza chiaro e nn impreciso perchè sono cose che ho letto, ma nn è esattamente il mio campo...il cervello funziona essenzialmente come un magazzino per i dati dell'esperienza, che poi vengono riutilizzati nel caso si presenti una situazione analoga o addirittura la medesima già sperimentata...più frequentemente si ha accesso a quei dati (e più essi sono estesi) più velocemente si arriva ad un processo di decisione/azione. l'allenamento marziale fondamentalmente serve a questo: si amplia la quantità di informazioni possedute, se ne velocizza la consultazione per accorciare i tempi decisionali e di azione, che mano a mano che si acquisisce esperienza diventano sempre più automatici, quindi immediati. l'allenamento serve a coprire il più vasto numero possibile di situazioni che possono capitare per eliminare il gap che esiste fra la percezione delle informazioni, la loro analisi e la decisione di una reazione adeguata.

    l'estremo opposto è quando si dice "in quel momento mi è passata tutta la vita davanti": semplicemente il cervello stava cercando fra le informazione dell'esperienza qualcosa che servisse a fronteggiare la situazione, ma nn trovando questo qualcosa rallenta notevolmente il processo di analisi, che quindi diventa percepibile. un po' come un hd fondamentalmente...

    quindi per evitare che in combattimento succedano situazioni di questo tipo, l'allenamento deve imprimere una sorta di memoria muscolare quanto più ampia possibile, per cui l'interazione corpo-mente sia quasi immediata, per questo i tempi di reazione sono notevolmente ridotti, ma succede in ogni campo in cui una persona è particolarmente esperta.

     

    ovviamente in questo campo entrano in gioco tutta una serie di considerazioni sulla strategia e la tattica che un combattente può elaborare prima e durante un combattimento, ma questo ci porterebbe un po' fuori dalla discussione...e questo intervento lo è già abbastanza :gocciolone:

     

    in verità i due detti possono essere concatenati: nn ti spiego il lavoro, te lo faccio vedere, tu lo impari così ce ne sarà meno per me...direi che fila :vecchiocinese:


  4. la didattica e il percorso dei marzialisti è sempre vincolata dal rapporto mente/corpo , prima ci si fa le ossa , si allenano i muscoli e si allena il rapporto con la mente .

    Non si può ridurre il tutto a semplice memoria muscolare dei movimenti improntata sull'imitazione , non sarebbe possibile ne utile senza la consapevolezza di ogni più piccola fibra del proprio corpo .

    Dopotutto le chiamiamo arti marziali proprio per queste dinamiche .

     

    Spostandosi nel sociale del giappone antico , i metodi di trasmissione del gesto e la sua ritualizzazione erano necessari per sopperire alla mancanza di cognizioni scientifiche , in pratica " facendo così si ottiene questo " .

    Prendiamo come esempio le token , 1.000 anni fa erano già la massima espressione dell'artigianato dell'uomo moderno e i limiti dell'acciaio vennero ridotti e superati .

    Questo non sarebbe stato possibile all'epoca senza il loro tipo di didattica , il sapere si trasmetteva con la ritualizzazione del gesto , non sarebbe bastata la vita di un uomo per effettuare tutte le prove empiriche che avrebbero portato la tecnologia coreana ad evolversi fino al punto che conosciamo .

     

    Sempre nel sociale , dopo la restaurazione meji le cose cambiarono parecchio , è in quel periodo che è nata la convinzione tutta occidentale che i giapponesi e i cinesi fossero capaci solamente di copiare .. attualmete non ci sono differenze così marcate tra la didattica giapponese e quella occidentale , le differenze maggiori sono tutte nel rigore della selezione a cui sono soggetti gli studenti .. In pratica se sgarri sei fuori ( ed equivale ad una schedatura seria ) e in alcune materie della scuola dell'obbligo che da noi sono assenti ( es. Etica sociale )

     

    Gli artigiani occidentali del rinascimento erano molto gelosi di quello che avevano capito , i "garzoni" di bottega erano usati come tali finchè era possibile , poi imparavano per forza e , a quel punto la scelta diventava forzata - o "soci/alleati " oppure concorrenti .

    In parte è così ancora oggi , ma anche a quei tempi c'era la consapevolezza che prima di tutto ci si doveva " fare le ossa " , poi volendo ci sarebbero altre dinamiche più o meno ovvie in gioco .

     

    intervento interessantissimo che tocca moltissimi punti, complimenti...aggiungo qualcosino dal mio, opinabilissimo, punto di vista:

     

    1: la "semplice" memoria muscolare come dici tu serve essenzialmente per ridurre i tempi di reazione ad una situazione di pericolo, cosa essenziale in un campo di battaglia o in un duello. se il corpo grazie ad allenamenti intensivi e continuati reagisce senza l'intervento cosciente della mente, beh direi che è un vantaggio in una situazione di vita o di morte...credo sia questo che i maestri intendevano con mushin, fudoshin, heijoshin e termini correlati (ma è solo una mia impressione, correggetemi se sbaglio)

     

    2: la "mancanza" di cognizioni scientifiche è un punto focale direi: innanzitutto bisogna precisare che è mancanza dal nostro punto di vista, per come noi intendiamo il concetto di cognizione scientifica. hai citato a ragione la fabbricazione delle spade, in cui si sono raggiunti livelli di perfezione tecnica senza però avere quelle basi scientifiche (temperatura di fusione, durezza dei metalli, ecc.) che possiamo avere oggi...questa mancanza veniva sopperita con il ricorso a spiegazioni "esoteriche" (nn mi piace il termine però è quello comunemente usato) tipo "la temperatura giusta è quando il carbone raggiunge il colore del sole al tramonto"...nn credo sia mancanza ma solo un approccio diverso. dopotutto l'universo empirico-filosofico su cui si basa l'oriente (yin e yang, i 5 elementi e le loro interazioni, ecc.) è radicalmente diverso dal nostro, quindi anche i presupposti che stanno dietro alle spiegazioni sono diversi.

    un altro esempio è la meditazione buddhista o il ki kung che attraverso l'esperienza corporea sono arrivati all'elaborazione di una psicologia della mente che ancora oggi in certi casi è molto più avanti della nostra "scienza"...e tutto questo 3000 anni prima di Cristo

    la ritualizzazione del gesto credo serva più a preservare la conoscenza più che a trasmetterla, nel senso che nn è esattamente il gesto l'importante ma il significante di quel gesto.

     

    3: nn ci sono differenze nella didattica perchè ci hanno copiato anche quella :crepapelle: ...scherzi a parte credo che ci siano meno remore e meno paranoie a copiare nelle società orientali perchè...beh taglio con la mannaia il discorso ma penso derivi da una parte dalla tendenza alla omogeinizzazione che quelle società richiedono in generale (l'originalità per noi ha un valore altissimo perchè assunta ad espressione della nostra individualità, quasi a simbolo del nostro esistere), da un'altra per unmaggiore empirismo: funziona? bene intanto copiamolo poi miglioriamolo

     

    in tutto questo mi sovviene un proverbio cinese: "perchè spiegarti una cosa, quando posso fartela vedere?"...credo calzi a pennello

     

    P.S. scusate la lunghezza, ma quando trovo interessante un argomento tendo a diventare logorroico... :gocciolone:


  5. riprendo una discussione un po' vecchia spero vogliate scusarmi...provo a portare alcune riflessioni fatte in qualche anno di pratica marziale, ma credo generalizzabili (anche se nn so quanto) ad altri campi.

     

    intanto mi pare che si stia parlando di una trasmissione del sapere tradizionale, basata sul rapporto quasi personale fra maestro e allievo, in cui è vero che l'allievo si affida al maestro, ma è anche vero che quest'ultimo nn è depositario della verità ma solo una persona che ha cominciato prima il percorso della Via. il maestro nn deve insegnare, ma aiutare a capire il che presuppone una partecipazione attiva dell'allievo.

     

    anche l'imitazione credo sia più un "rubare con gli occhi", un imitare col corpo per scoprire il significato dei movimenti e nn solo la meccanica. questo è un concetto che hanno anche i nostri artigiani, e credo sia legato ad un modo tradizionale di trasmettere le conoscenza. dopotutto (e qui faccio un paragone che potrebbe sembrare azzardato) una bottega per esempio di pittori del nostro rinascimento nn funzionava tanto diversamente da un dojo: gli apprendisti per i primi anni facevano lavoretti insignificanti ma propedeutici al loro sviluppo artistico che veniva seguito da chi dirigeva la bottega e dai lavoranti più anziani.

     

    gli esercizi ripetitivi servono a familiarizzare il corpo con una serie di movimenti sconosciuti, e a portarli ad un livello di interiorizzazione che ne permetta l'esecuzione senza pensarci. da lì poi il passo successivo è capire il concetto che sta dietro il movimento. è raggiungere una tecnica oltre la tecnica che permette di nn pensare all'atto tecnico in sè, ma al risultato che si vuole ottenere, minimizzando i tempi di reazione (discorso valido per le discipline marziali principalmente). è il passaggio che nei kata si ha dall'imparare il movimento al capire l'effettivo valore del movimento. che poi alla fine ti libera anche dalle regole del movimento stesso e ti permette di usarlo in assoluta libertà.

     

    a noi occidentali credo serva una spiegazione passo passo del processo, che analizzi razionalmente ciò che si vuole imparare (come ha già detto dora se nn sbaglio), mentre gli orientali per molte cosa hanno ancora un approccio trial and error, io ti faccio vedere tu prova. d'altronde nell'insegnamento tradizionale delle arti marziali il modo migliore per imparare la tecnica è subirla no? e di solito veniva mostrata una volta sola :gocciolone:

     

    hmmm ok scusate la lunghezza...questi pensieri in libertà sono il frutto di voglia di fare niente, poco allenamento e la rilettura (che nn vuol dire comprensione) del Gorin no Sho e dell'Heio Kadensho quindi siate clementi.... :pescifaccia:


  6. L'esempio di scuole rinomate fondate presso importanti templi (come quelli di Katori e di Kashima) era per spiegare come il tempio fosse tutt'altro che un mero luogo di preghiera. Le qualità guerriere vi erano spesso coltivate ed incoraggiate. I Monaci guerrieri (gli sohei) erano in fondo il corrispettivo per l'istituzione religiosa di quello che erano i fedeli samurai per il feudatario. L'addestramento quindi era del tutto similare e gli sohei erano anzi molto rinomati per la qualità delle loro virtù marziali. In questos enso esistevano ovviamente anche alcune scuole interne al tempio, che però non sono il caso del Tenshin Shoden Katori Shinto Ryu del Kashima Shinto o del Kashima Shin Ryu.

    Bisogna comunque chiarire come ogni tempio avesse il suo "corpo armato" di sohei e non esistesso un'unità militare tra i vari istituti religiosi appartenenti a grandi complessi (come il monte Hiei o Nara). Ovviamente alcuni di queste istituzioni, come l'Enryaku-ji di Kyoto e il Todai-ji di Nara erano rinomate per il loro vasto potere (frutto anche del controllo su vasti appezzamenti terrieri) e l'imponente forza militare. Gli Yamabushi, sui quali comunque circola una sorta di "aurea mitica" erano per lo più asceti, legati allo shugendo, che univa nella vita ascetica gli elementi della dottrina buddhista e del credo shintoista, cercando di raggiungere poteri superiori tramite la pratica marziale e la resistenza fisica. Anche se indubbiamente reali, furono meno "determinanti" nella storia nipponica di quanto furono invece i numerosi eserciti degli sohei agli ordini dei rispettivi abati dei molti templi dell'epoca.

    Riguardo al mio libro, per contratto non posso occuparmi di vendita. Per fortuna il libro è distribuito da un buon editore con un'eccellente catena distributiva (le messaggerie) e il testo sarà disponibile nelle principali librerie d'Italia. Già adesso, che pure è in stampa, ho potuto scoprire che su alcune "librerie online" è già in pre-vendita.

     

    Cordiali ed Aiki saluti

    Roberto Granati

     

    grazie mille della spiegazione...spero proprio che il libro sia disponibile alla primavera del budo perchè ci sarò...


  7. Ancora oggi non meraviglia che prestigiose scuole siano nate e tuttora siano rappresentate a livello "istituzionale" presso alcuni templi come quello di Katori o quello di Kashima nella prefettura di Chiba.

     

    Una piccola domanda su di un concetto che nn ho capito: le scuole che "nascono" in un tempio sono da associare al fenomeno degli sohei? oppure il fondatore della scuola ha semplicemente utilizzato il nome del tempio in cui aveva raggiunto l'illuminazione?

     

    Per semplificare quindi, gli sohei erano dei veri e propri eserciti organizzati che facevano capo ai complessi templari più grossi (tipo Nara e Kamakura) mentre gli yamabushi erano dei gruppi più ristretti e autonomi? per caso c'entrano qualcosa con quei gruppi di monaci itineranti da cui si travestivano sempre gli Yagyu per attaccare Itto Ogami (lo so l'esempio nn è dei più acculturati ma era per rendere l'idea :gocciolone: )?

     

    alla fine sono tre domandine, nn una... :whistle:


  8. Il bokuto in mano a dieci anni ... forse il figlio dell'imperatore o dello shogun, magari un'altra mezza dozzina di bambini in tutto il giappone, ma tutti gli altri (quando sopravvivevano, l'infanticidio era comune in giappone come in tutto il resto del mondo di quei tempi) rimanevano con la madre fino a 3 o 4 anni quindi venivano affidati al monaco o prete locale per avere i rudimenti della religione, della cultura e della scrittura (nal 1700 in giappone l'alfabetizzazione era vicina la 95%), appena erano abbastanza grandi da tenere una zappa in mano si dovevano procurare il pane per loro e la loro famiglia.

     

    Continuo a trovare poco probabile un'allenamento intensivo che durasse piu di due o tre settimane per quel periodo, oltre non saprei dire, cercero' delle fonti storiche ma sono abastanza certo di quello che ho scritto.

     

    ti ricordo solo che persone come Ueshiba, Kano e Mochizuchi (e si parla di '800-'900 e nn di '600) hanno passato la maggior parte del loro tempo in un dojo studiando più di una tradizione marziale...direi che forse proprio shogun e imperatore erano quelli che meno praticavano per un motivo o per l'altro

     

    anche nuoto (come faceva notare sandro), tecniche di respirazione, equitazione penso si possano ascrivere all'allenamento, poi che TUTTI i samurai vi ci si dedicassero mi sembra improbabile, altrimenti nn ci sarebbero state quelle individualità che anche nei contemporanei suscitavano ammirazione...mezza dozzina francamente mi sembra un po' pochino (anche se capisco che magari hai minimizzato di proposito), soprattutto se pensi alla proliferazione di ryuha (soprattutto nel perido Edo che paradossalmente era un periodo di pace) che presuppone nn solo un numero di praticanti abbastanza alto, ma anche che questi praticanti raggiungessero un livello tale da essere autorizzati a lasciare il dojo, insegnare e fondare una propria tradizione

     

    cmq se trovassi le fonti a supporto della tua teoria sarei molto interessato...e naturalmente farei seppuku per rimediare alla mia ignoranza :smile:


  9. NO! ... almeno non credo, i samutai (letteralmente servitori) erano per lo piu' adibiti a compiti logistici, avevano poco tempo per allenamenti intnsivi, si sfruttavano le naturali doti del singolo.

    Per esempio molte techiche del judo derivano dalla fanteria, generalmente persone che portavano pesi e camminavano molto, sfruttando la forza delle gambe; molte tecniche del karate invece vengono dalle milizie locali, generalmente composte da contadini con una struttura muscolare piu' eterogenea, l'uso di armi era riservato appunto a quelle persone seneza grandi capacita' muscolari che cercavano di sopperire con l'uso di armi o lo sfruttamento della forza ed irruenza del competitore.

    Sebbene esistano i suburi, questi sono relativamente nuovi, servono per dare la muscolatura giusta a chi non ce l'ha, in antichita' si faceva gia' abastanza fatica a vivere, i compiti per tutti i livelli di lavoro erano ardui e necessitavano di tempo, il divertimento o le attivita' collaterali erano un lusso di una manciata di persone, e queste raramente si mettono a fare del culturismo.

    Solo dopo l'unificazione delle scuole e dei metodi si e' resa necessaria una muscolatura ad oc, soprattutto perche' la maggior parte di chi puo' e vouole fare arti marziali non fa lavori che gli permettano un grande sviluppo muscolare, prima si sfruttava cio che si aveva e basta, lo stesso musashi era tanto famoso soprattutto perche' era piu' grande e muscoloso di praticamente tutti i suoi aversari.

    So per certo che in genere le milizie per una battaglia venivano preparate un poche settimane (due o tre, qualcosa di piu' in inverno), era impensabile che un'orda di guerieri si mettessero a mangiare a sbafo per mesi in una societa' contadina come il giappone. feudale.

     

     

    beh i suburi nn sono poi così recenti tutte le scuole ne avevano di vario tipo...da qualche parte ho letto che la Jigen Ryu (mi pare, quella dell'ultimo samurai per intenderci) praticava 4000-5000 kesagiri al giorno...avendo come bersaglio gli alberi...ora se questo nn è allenamento fisico. Certamente i suburi hanno il compito principale di sciogliere le articolazioni e facilitare il rilassamento, però l'uso dei suburito mi pare possa essere più collegato ad un potenziamento fisico.

     

    E poi scusa una classe guerriera che cos'altro doveva fare se nn prepararsi alla guerra e quindi allenarsi? E' vero che dal '600 in poi questa esigenza nn è più prioritaria, però nn credo che tutti i samurai trascurassero l'allenamento. D'altronde se a un bambino di 10 anni metti in mano un bokuto è ovvio che a 20 ha già la muscolatura adatta, ma nn ci nasce mica con quella muscolatura :smile:

     

    Si dice sempre che per maneggiare la spada nn bisogna usare la forza, ma questo nn significa che nn bisogna averla :hehe:


  10. Una domanda .

     

    È vero che , in giappone , esiste un museo degli irezumi con esposte le " pelli " di persone decedute che diedero il loro consenso all'esposizione ?

     

    nn ne sono sicuro ma può darsi...so per certo che c'è la foto di un irezumi di Horyoshi II (o forse III? boh nn ricordo...) che gira solo in versione "scuoiata", perchè il tizio che ce l'aveva è morto prima che lo si potesse fotografare...beh dopotutto è un bel modo di sopravvivere a se stessi no? c'è chi va al GF, chi colora le fontane di rosso...


  11. Scusate la banalità stasera mi sono già beccata della str... ma pazienza, il problema del tatuaggio è questo: visto che gli esseri umani si evolvono possono cambiare anche determinate esigenze di vedersi e di mostrarsi agli altri. Il problema dei tatuaggi in genere e che se poi si cambia ottica, modo di pensare, modo di vedere diventa un problema rimuoverli. Qualcosa di importante e significativo a venti anni diventa irrilevante a 40 o 50 e non per problemi di invecchiamento, perché c'è anche quello, ma anche di punti di riferimento. Può diventare doloroso e costoso rimuoverlo con una plastica. Per il resto non mi permetto di dare giudizi di valore non dico neanche se mi piacciono o non mi piacciono onde evitare ostracismi. Nella cultura araba (molti arricceranno il naso, vero Musashi, mio caro?) i tatuaggi si fanno con l'Henné, durano anche ai lavaggi circa 20 giorni un mese e poi si rimuovono gradualmente... Mi sembra che ci sia una maggiore possibilità di tornare sui propri passi. Vi saluto, miei Signori, senza fare polemiche, quelle canine bastano e avanzano. Dora :brooding:

     

    beh per me il bello del tatuaggio è proprio questo...devi fare una scelta ponderata perchè te lo porti tutta la vita, è per questo che è nato...e poi oltre all'apparenza estetica (che nella tradizione giapponese direi che è più che evidente, forse un po' meno in altre culture) ti stampi addosso un significato profondo, un valore in cui credi ed è su quello che devi fare la tua scelta...è un po' come un matrimonio con te stesso, finchè morte nn vi separi :hehe:

    il tuo discorso vale sicuramente per chi si tatua la stellina, il delfino (con tutto il rispetto per chi fa una scelta del genere) per il tatuaggio fa figo...una volta stancatisi del disegno nn rimane nient'altro

    alla fine il tatuaggio è solo un simbolo, solo reso moooooooooolto artistico...e chi nn ha bisogno di simboli nella vita?


  12. L'organizzazione di per sé è molto difficile, però l'intento è nobile.

    Dopotutto ci sono Ryu di cui si sa poco, praticati solo in pochissimi Dojo; poi ci sono appassionati che vorrebbero saperne di più ma senza riuscire a reperire molto. Così il bello sarebbe incontrarsi per trasmettersi esperienze e conoscenze che ognuno ha ricevuto nella propria sede.

    Ma, ora che ci penso, non dovrebbe esserci una sorta di federazione nazionale adibita a questo? Badate bene, non è ironico e non mi riferisco ad alcuna organizzazione, ma lo dico proprio perché credo non ci sia una cosa del genere e sarebbe davvero una cosa interessante.

     

    hmm credo che i problemi organizzativi sarebbero molto maggiori dei benefici...su cosa dovrebbe decidere? chi è autorizzato a decidere chi entra nella federazione? in base a quali criteri? nn dimentichiamoci che le federazioni sono organismi "politici", che prendono decisioni serie e ufficiali (nel senso che agli occhi di un estraneo rappresentano la posizione univoca dei federati e dell'arte che rappresentano) e la miriade di federazioni esistenti riflettono la difficoltà di trovare punti di contatto su molte cose...e poi nel campo delle arti marziali ci sono un sacco di mistificatori e buffoni che prenderebbero pretesto per creare la propria federazione antagonista come è già successo.

     

    dopotutto cmq la federazione già c'è per quanto riguarda ed è la Nihon Kobudo Renmei che registra tutti gli appartenenti alle varie scuole...anche se nn credo tu probabilmente intendessi questo :gocciolone: ...hmm scusate sembra uno sfogo ma in effetti era solo una considerazione, sorry

     

    MODIFICA: la cosa importante me la sono dimenticata...anche a me piacerebbe praticare assieme un giorno, quindi consideratemi dei vostri


  13. @gigetto -> Il mondo è bello proprio perchè varia (fortunatamente)

    Non sono d'accordo che chi si fa un tattoo è esibizionista, perchè tu puoi vedere una persona in pantaloncini e maglietta, o in giacca e cravatta e non notare nulla di "strano", poi sulla schiena magari ha un irezumi enorme. Fortunatamente dietro il 99,9% dei tatuaggi che una persona sceglie di fare c'è molto di più che una stupida forma di esibizionismo (cosa che forse non succede con i piercing). Poi non penso di essere diverso da nessun'altra persona solo perchè ho 3 tatuaggi sul mio corpo (tutti con uno specifico significato). L'unico problema sta nella gente inetta che non riesce (per qualche motivo a me sconosciuto) di accettare che un'altra persona sia tatuata. Poi ripeto può non piacere, come a me non piaciono i piercing, ma non direi mai a uno con un piercing che se lo è fatto solo perchè è esibizionista! Sicuramente in futuro ne farò altri...

     

    +rep :ok:


  14. intervengo un po' in ritardo sulla questione tatuaggio=criminalità...allora da come ho capito io la storia l'equazione deriverebbe anche dall'usanza di tatuare i criminali per far sì che venissero riconosciuti come tali in giro per il paese (un po' com'era il taglio del naso, lingua, orecchie nell'Europa di antico regime), anche se ovviamente non si trattava del tatuaggio con soggetto ma di qualcosa di più veloce e stilizzato (tipo una linea nera sul braccio) diverso a seconda del crimine...

    credo che l'associazione con la yakuza derivi dal fatto che loro hanno cmq continuato a farseli anche dopo la messa fuorilegge nel periodo Meiji...una cosa abbastanza recente dopotutto.

    per quanto riguarda i samurai...beh è innegabile che i koryu di norma non accettino persone tatuate, perchè non ritenute consone allo spirito del bushi, forse le cose stanno un po' cambiando ultimamente e soprattutto nei confronti dei non giapponesi...cmq se praticate kendo, siete tatuati e volete allenarvi nel dojo della polizia di Tokio, beh...SE vi permettono di farlo aspettatevi un trattamento SPECIALE... :ghigliottina:


  15. ciao a tutti, nn mi pare nessuno l'abbia ancora segnalato quindi posto questo link

     

    http://int.kateigaho.com/2007/11/2007_autu...contents_1.html

     

    è un numero di una rivista di cultura giapponese con un ampio servizio sul budo (dal kyudo al karate al kenjutsu) e c'è pure un'interessante intervista al forgiatore Toshihira Osumi

     

    non è una rivista specializzata in arti marziali sia chiaro, però l'ho ordinata e secondo me ne vale la pena anche per le foto presenti.

     

    ciao ciao


  16. Dove a Torino? Io sapevo che c'era solo qualche praticante che aveva visto qualche kata in Giappone... Non si tratta del nito del kendo, vero?

     

    no il nito del kendo non c'entra con l'Hyoho Niten Ichi Ryu fondata da Musashi, sarebbe come dire che il kendo deriva direttamente da uno dei ryuha di kenjutsu...alla fine ogni scuola aveva le proprie tecniche con due spade, era una cosa diffusa.

     

    tra l'altro nel curriculum dell'Hyoho Niten Ichi Ryu i kata con tachi e kodachi dovrebbero essere pochi, tipo solo 5 mi pare, però se sbaglio correggetemi pure ehn...


  17. anche nel libro "Lo spirito Guerriero del Giappone" di Harrison si parla del kiaijutsu come di un'arma capace di paralizzare...e già a quell'epoca (a cavalloo fra '800 e '900) i maestri giapponesi dicevano che i maestri del passato erano molto più forti :happytrema:

     

    tra l'altro anche il maestro Kase alcune volte ha dimostrato l'applicazione del kiai/espirazione in rapporto ad un'altra persona, facendola svenire.

     

    penso che il rapporto tra respirazione (da cui poi credo derivi fisicamente il kiai) e funzioni corporee sia molto interessante e molte volte tralasciato da parte dei praticanti di arti marziali.


  18. Continua a provarci, anche se le soddisfazioni economiche sono veramente scarse. Io, pur avendo adesso un ottimo lavoro, mi pento ancora di non aver continuato. La ricerca storica, in ogni campo, perlomeno per me, è la cosa che da più soddisfazione.

    Un saluto

     

    eh lo so...in effetti nn è il ritorno economico che sto cercando, speriamo di riuscire a combinare qualcosa di buono :gocciolone:

Chi è I.N.T.K.

La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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