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Shinmen Takezo

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  1. Shinmen Takezo

    Maiko

    Non c'é niente di cui scusarsi. Piuttosto, grazie molto per la risposta.
  2. Mi vengono, purtroppo, attribuiti pensieri che non ho espresso, né tantomeno pensato. Fraintendimenti a parte, le cose che ho (effettivamente) scritto restano "mie personalissime opinioni", delle quali non ho chiesto alcuna conferma. Visto anche il mio scarsissimo spirito polemico, non ritengo di alimentare la discussione (peraltro "fuori tema"), e mi limito a far notare a Ken la sua affermazione per cui, nell'esaminare la spada, "si usano occhi, mani, cervello e cuore (!!)". Non credo ti riferissi al muscolo. Tanto mi é sufficiente. Senza rancore, Ken.
  3. Mi rendo conto che la mia risposta possa non essere stata pienamente attinente all'argomento in discussione. Ma ho premesso che le mie non erano che considerazioni scaturenti dalla bella descrizione del Kantei fatta da Shimitsu. Mi scuso, comunque, per essere andato "fuori tema". Debbo, a questo punto, precisare, che mai ho inteso riferirmi al maneggio di una spada altrui, tantomeno in mancanza di un espresso consenso del proprietario. D'altra parte, concordo senz'altro sulla possibilità di valutare una nihonto solo attraverso un esame esteriore, senza nemmeno un contatto fisico con l'arma, ma questo richiede, a mio modesto parere, una capacità parcettiva che va ben oltre i sensi fisici, e comunque molto al di là delle capacità di un normale praticante o conoscitore della materia. Peraltro, non mi risulta che i più apprezzati adepti di spada del passato fossero necessariamente esperti di tecnica di forgiatura o di conservazione delle nihonto, e che le loro valutazioni fossero, piuttosto, il frutto di percezioni che spesso prescindevano dai sensi fisici. Ma, indipendentemente da queste mie personalissime opinioni (pur condivise), quello che con il mio precedente intervento ho tentato di evidenziare é che, a mio avviso, ed in estrema sintesi, nello studio della spada ciò che attiene alla forma non può essere disgiunto dalla funzione. Tutto qui.
  4. Molto interessante. Complimenti a Shimitsu. Leggendo, però, mi é sorta una domanda: ma é proprio escluso che una katana, sia pure antica e preziosa, possa essere maneggiata, magari in occasioni eccezionali e rarissime, come ciò che effettivamente é, ossia una straordinaria ed efficientissima arma? Dal tono devoto che sempre traspare quando si parla (o si scrive) di questi oggetti e dalle attenzioni che un semplice esame visivo comporta. sembrerebbe proprio di no. Ed io stesso, sia ben chiaro, avrei delle fortissime remore(!). D'altra parte, penso che la passione per le token non possa semplicemente equipararsi a quella per un oggetto statico, come una porcellana o un quadro. Mi viene in mente il paragone con le auto d'epoca, spesso anch'esse delicate, rare e costosissime, i cui proprietari, in genere, non si limitano ad ammirarle, ma ci vanno anche in giro, almeno qualche volta. E si potrebbero fare tanti altri esempi (violini Stradivari?). In fondo, la qualità e la bellezza di una lama stanno sì nella accurata tecnica costruttiva, nei materiali eccellenti, nelle forme armoniose; ma un Maestro forgiatore vuole sicuramente allo stesso modo (e per le lame antiche forse ancor più) essere apprezzato per la leggerezza, il bilanciamento, la scorrevolezza nello sguaino e per tanti altri dettagli che si possono valutare soltanto se la spada viene utilizzata, magari a vuoto, per eseguire un kata. Certo, dopo chiburi (scrollare il sangue), lasciar scorrere il mune e gli shinogiji (rigorosamente privi di lubrificante) di una katana d'epoca tra il pollice e l'indice della mano sinistra (nuda!) per eseguire noto (rinfoderare)... (a qualcuno é venuta la pelle d'oca?) Ma la questione (pelle d'oca a parte) é posta seriamente.
  5. Shinmen Takezo

    Maiko

    Anch'io mi associo ai complimenti per la interessante descrizione di Kikuyo. Sarei, però, curioso di sapere quale ruolo rivestano le maiko e le geisha nel Giappone moderno, che può ormai essere considerato un paese "occidentale", per certi aspetti più ad occidente degli stessi Stati Uniti. Insomma, c'é ancora davvero posto per la loro grazia, la gentilezza e la cultura in un paese appiattito sui modelli "occidentali"? Secondo una mia amica giapponese sembrerebbe di no. Ma mi piacerebbe che Kiku la smentisse.
  6. Shinmen Takezo

    Auguri Yamaarashi

    Capperi, sei un bambino!! (in senso buono, naturalmente!) Anche se sei quasi uno sconosciuto [ma "potrei anche essere tuo padre" (metaforico!!)], ti faccio tanti auguri che LA PASSIONE NON TI ABBANDONI MAI. E non solo quella per le nihonto.
  7. Comunque tenterò. Ne sarete informati.
  8. Sempre che lì ne sappiano qualcosa. E sperando che le lame siano recuperabili!
  9. Si sa che il Museo Filangieri (che si rova in Via Duomo, a Napoli) possiede alcune lame montate in koshirae? E che, peraltro, per quanto mi ricordi, erano esposte in alcune bacheche addossate al muro ed estratte dal fodero, con evidenti segni di ossidazione in atto? Mi sono sempre ripromesso di recarmi di nuovo lì, per parlare con qualche responsabile, intanto per informarmi se sanno che cosa sono quelle lame e se magari dispongono di maggiori notizie su di esse; poi per tentare di salvare il salvabile chiedendo loro quanto meno di rinfoderarle e spostarle dalla parete umida in attesa di portarle a politura. Il tempo, però, mi è sempre mancato. Chi altri ne sa qualcosa?
  10. Shinmen Takezo

    Documentario Sui Sky

    Il documentario si può scaricare con emule. Ne esistono diverse versioni (anche 16:9 preso dal canale ARTE) in tutte le lingue principali e con diversi montaggi a seconda del canale e dell'epoca in cui sono stati 'presi'. Ultimamente ho trovato un benemerito/a (tale ArmonicA) che lo ha reso disponibile con l'audio in italiano. Si scarica con molta lentezza, ma, come mi pare siano tutti abbastanza concordi, ne vale la pena. Peccato che alla fine sulla lama si veda l'incisione di un drago (mi pare) che compare improvvisamente senza che se ne faccia cenno, nemmeno a quando e come è stata realizzata.
  11. P.S.: conoscete qualche palestra dalle mie parti?...(Napoli e zone circostanti... ) In risposta a shimitsu masatsune. Per il kendo a Napoli, ti segnalo la "A.S. Vai mo'", che si trova a Soccavo (Na), Via Palazziello, 75. Ci insegna la M. Mafalda Chiaro, 5° dan. Il telefono é un cellulare, per cui, non essendo stato autorizzato, credo opportuno non renderlo pubblico; se me lo chiedi, te lo passo via e-mail. Mi raccomando. Questo recapito è il frutto di una lunga e tormentata ricerca!!! Infatti, credo che il fatto che si pratichi il kendo nella zona di Napoli lo conoscano solo quei pochissimi che frequentano il dojo, il quale si trova all'interno di un circolo del tennis!!!!!!!!! Il nome del dojo non richiama certo il rigore marziale giapponese, ma le persone mi sono sembrate degne. Anzi, ti prego di tenermi informato degli esiti ove mai decidessi di contattarli. Ho anche quest'altro recapito: Massimo - Palestra Matierno - Fratte; é un allievo del M° Infranzi di Cava de' Tirreni. Anche di lui ho il cell. Spero che questi dati possano esserti utili. P.S.: Oops! Mi accorgo solo ora del tremendo ritardo nella risposta, ma chissà che possa essere ancora utile.
  12. Sarei anch'io interessato all'acquisto.
  13. Aggiungo ancora qualcosa prendendo un brano da un articolo apparso liberamente sul sito www.tokitsu.com "Questo è un racconto di Ogawa Chutaro 9° dan di Kendo che assisté ad un incontro definito storico” “Quando avevo ventisette anni ho assistito al BUTOKUDEN di Kyoto ad un combattimento tra due celebri maestri: Takano Sazaburo e Naito Takaharu” I migliori maestri di Kendo dell'epoca ritenevano questi due maestri tra i più grandi dell'era moderna, e consideravano come impossibile di eguagliarli nelle condizioni attuali. “Le punte degli shinai dei due maestri si toccavano appena. Tutti e due si misero subito in Chudan. Dopo di che il maestro Takano, salutò leggermente e prese la guardia Jodan, sollevando il suo shinai sopra la testa. Questa guardia Jodan era magnifica⿦. Il maestro Naito mantenne il suo shinai in Chudan, puntandolo verso gli occhi del suo avversario. Da questa posizione continuava a lanciare potentemente il suo KI offensivo, e similmente anche il maestro Takano emetteva il suo Ki mantenendo la guardia Jodan. Gli spettatori non fiatavano neppure e nella sala c'era un silenzio assoluto, interrotto solamente dai potenti Ki dei due contendenti. Il combattimento si svolgeva sileziosamente. Passarono prima trenta secondi⿦, poi un minuto⿦nessuno dei due si muoveva. Tutto d'un tratto con un gran rumore secco, lo shinai del maestro Takano colpì il KOTE del maestro Naito, che restò immobile, senza essere per nulla scosso dal colpo subito. Il maestro Takano riprese la guardia Jodan, il maestro Naito continuò a restare in Chudan. Dopo aver fatto la finta di colpire Kote, il maestro Takano colpì MEN, poi continuò a colpire per altre cinque volte il maestro Naito alla testa ed al polso. Ogni volta il rumore dei colpi risuonavano secchi nella sala, ma il maestro Naito rimaneva imperturbabile, come se gli attacchi del maestro Takano non esistessero neppure. Un attimo dopo l'arbitro arrestò il combattimento, i due maestri si separarono. Il maestro Naito non aveva dato neppure un colpo”. Questa è la descrizione di un combattimento modello, eseguito dai due più grandi maestri dell'Epoca dove il maestro Takano ha colpito ripetutamente per cinque volte il maestro Naito alla testa ed al polso, mentre quest'ultimo non ha effettuato alcun attacco. Perciò, apparentemente, Takano avrebbe dovuto largamente riportare la vittoria. Continuiamo la lettura del racconto di Ogawa: “Durante questo combattimento, ogni volta che il maestro Nakano voleva colpire il polso o la testa, il maestro Naito proiettava il suo KI. Se il maestro Takano avesse colpito dopo aver messo il maestro Naito in una situazione difensiva con la proiezione della sua volontà d'attacco, questi colpi sarebbero stati validi. Ma ogni volta che il maestro Takano ha voluto attaccare, il maestro Naito ha annullato il KI d'attacco del maestro Takano con il suo KI. Per questo motivo tutti i colpi di quest'ultimo sono stati annullati, benchè avessero ben colpito l'avversario. Non c'era alcun vuoto nella guardia, né nello spirito del maestro Naito. Il maestro Takano ha colpito là dove non esisteva il vuoto. Ha semplicemente colpito ed il colpo ha semplicemente toccato, è tutto. Se si colpisce a proprio piacimento, senza poter creare un vuoto nell'avversario, questo colpo non ha efficacia e non costituisce un vero colpo. Nello stesso modo, se si colpisce nel momento che non si deve colpire - è il caso di questo combattimento- è colui che ha colpito che ha perso in qualità. Questo è un punto difficile del Kendo Ogawa cita un commento di Sosuke Nakano 10°dan. “Il combattimento tra Naito e Takano è stato il combattimento del KIAI e della tecnica. Takano ha eseguito il suo combattimento con la tecnica, mentre Naito ha combattuto con il KI. E' stato un combattimento modello magnifico, al di la di tutte le descrizioni, Sono stato scioccato di constatare che la distanza è così grande tra il combattimento con la pienezza del KI e il combattimento con la sola tecnica”. Qual è il senso di questa affermazione? Effettivamente come dice Ogawa, questo è un punto difficile del Kendo. E' anche un punto che pochi dei giovani Kendoka giapponesi comprendono oggi. Questo significa che il Kendo tende anch'esso ad allontanarsi dal Budo? La domanda che i si può porre a questo punto é: si tratta di modalità di confronto peculiari del kendo, dovute al fatto che ci si avvale di un'arma, potenzialmente letale anche prescindendo dall'abilità di chi la usa? Forse la forma stessa della spada (vera o finta che sia), con la punta rivolta verso l'avversario, consente di convogliare e concentrare il ki? E' possibile ottenere il medesimo effetto usando le mani nude, ossia senza un vettore di per sè tagliente come un rasoio ed appuntito come un parafulmini o, meglio, un'antenna? La questione é aperta. Personalmente sono scettico verso coloro che dimostrano di ottenere effetti sugli avversario senza nemmeno toccarli, semplicemente proiettando il loro ki, come è possibile vedere anche in vari filmati sulla rete. Ma percepire ed anticipare le intenzioni dell'avversario, "sentendo" la sua volontà di attacco (sakki, in lingua giapponese) mi pare tutt'altra cosa (ricordate la prova della minaccia col bastone nascosto dietro la porta d'ingresso ne "I sette samurai" di Kurosawa?).
  14. Ho praticato per alcuni anni lo stile del Maestro Kuroda, che è molto peculiare; prevede, ad esempio di allenare il suburi con le braccia completamente stese (ma non rigide). Secondo qualcuno, la continua ripetizione dell'esercizio condotto in questo modo potrebbe produrre una stimolazione abnorme del complesso sistema ghiandolare posto sotto le ascelle, la quale a sua volta determinerebbe lo sviluppo delle qualità "chiaroveggenti" di cui parla Kuroda. A prescindere dal possibile riscontro di queste teorie, resta il fatto che la ricerca nello sviluppo del ki, o, comunque, di fattori extra-corporei, i quali se correttamente coltivati possono progredire indipendentemente dall'età del praticante, è di gran lunga preferibile alla acquisizione di capacità tecnico-atletiche, necessariamente destinate a decadere col passare del tempo. Questo è il motivo per cui, personalmente, trovo del tutto irrilevante cercare di stabilire oggettivamente quale sia il miglior metodo "marziale" in termini di efficacia; mi sembra, invece, assolutamente determinante comprendere che ciò che consente reali progressi nella pratica di queste discipline sia la ricerca di una forma di integrazione psico-fisica che può essere adattata a qualunque metodo o stile si pratichi. Ho assistito, per esempio, a sedute di allenamento di kendo condotte da maestri ultraottantenni, con difficoltà di movimento (dovute all'età avanzata) tali da dover essere aiutati per annodare i legacci dell'armatura ed essere accompagnati sull'area di pratica. Una volta impugnato lo shinai ed assunta la posizione di guardia, però, diventavano assolutamente intoccabili. E non perché acquistassero una improvvisa agilità, anzi rimanevano il più delle volte completamente fermi e pressavano l'avversario invisibilmente col proprio ki. Esistono anche diversi resoconti di combattimenti condotti in questo modo. Questa è la mia idea di Budo.
  15. Sono certo che qualcuno di voi conoscerà il M° Kuroda, ultimo esponente di una famiglia di apprezzati budoka praticanti lo stile della propria famiglia. Infatti, il Maestro pratica lo stile Komagawa kayshin ryu di kenjutsu e il Tamiya ryu di iaijutsu, oltre ad uno stile di jujutsu anch'esso proprio della famiglia, i quali fanno complessivamente parte delle cosiddette koryu. Mi fa piacere di mettere a disposizione dei frequentatori di questo forum la traduzione in italiano di una sua intervista pubblicata su "Aikidojurnal" nel 1993 dalla quale traspare la concezione di questo adepto sulle discipline di combattimento, che io, dal basso della mia piccola pratica (che pure dura da oltre trentanni), ampiamente condivido. Sarebbe bello che costituisse lo spunto per una discussione. Intervista_estate_1993.doc

Chi è I.N.T.K.

La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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