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G.Luca Venier

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messaggi di G.Luca Venier


  1. Sarà certamente interessante esaminarla dal vivo.

    Avrai notato come, nella scheda del libro di Slough, Kanenaga sia valutato qualitativamente così:”Medium to high grade Showato/High grade Gendaito”.

    Che significa ?

    Secondo il criterio corrente di classificazione delle lame WW2, proposto e sviluppato anche da Leon Kapp nei suoi testi (Lonnie è probabilmente una delle maggiori autorità su questo specifico campo) le lame WW2 prodotte con tecnica e materiale tradizionale, ossia tamahagane, entrano nell’ampia categoria delle Gendaito. Quelle realizzate con materiale non tradizionale (e qui si apre un mondo) sono dette Showato, pur se il termine letteralmente significa solo “lama (realizzata nel periodo) Showa”. Kapp avverte che il livello qualitativo delle Showato è quanto mai ampio e va dalla lama mono barra senza hamon (definita anche Gunto) alla lama di buona qualità e realizzata tradizionalmente, meno che per il materiale impiegato. Talvolta si descrive questa lavorazione come “ibrida”.
    Dato che la stragrande maggioranza delle Showato mostra una lavorazione di livello basso, si tende generalmente ad usare il termine in senso spregiativo. Tuttavia ciò non è assolutamente corretto. Infatti vi sono esempi di Showato che hanno passato la certificazione NBTHK e che sono di ottima qualità. Quindi, in riferimento alla tua domanda iniziale, una lama realizzata con un materiale non tradizionale, o "sperimentale", che presenti comunque le caratteristiche di una lavorazione in orikaeshi e tempra in acqua, può collocarsi tra le Showato di miglior fattura. 


  2. 5 ore fa, Akagami no Mac ha scritto:

    ....... e di poter continuare ad analizzare l'oggetto in questione in un clima di pace serenità per tutti 

    Arigatou

    Naturalmente Akagami. 

    Come avevo accennato, a certe domande non esiste una risposta univoca e le varianti qualitative possono essere molte. Soprattutto coi forgiatori WW2 occorre prudenza e questa discussione lo dimostra, sulla base di esperienze dirette assolutamente discordanti tra loro. Ribadisco infatti, senza alcuna leggerezza e con puro intento didattico, che esistono anche lame a firma Kanenaga (realizzate in acciaio antiruggine) che sono prive di un vero hamon, avendo avuto modo di tenerne una in mano. 
    Ma questo è ciò che rende così complicato (ma anche affascinante) lo studio della Token.

    Questa la lama cui mi riferisco, firmata Fujiwara Kanenaga:

    Kanenaga anti rust steel.jpg

     


  3. Caro Gianfranco, forse sarebbe meglio tu rileggessi i vari interventi.

    Qui nessuno ha messo in dubbio le parole di nessuno e tantomeno ha dato del truffatore a qualcuno. 
    Sono state fatte delle domande generiche e si è cercato di dare una qualche risposta, certamente non definitiva ed altrettanto generica, ripetendo più volte che “è necessario, sempre, l’esame dal vivo”, che coi forgiatori WW2 bisogna esaminare “caso per caso” e che, in definitiva, non è possibile rispondere a certe domande senza la lama In mano.
    Inoltre si è ribadito con chiarezza che Massimo non scriverebbe mai che c’è un hamon se questo fosse solo cosmetico, e dunque non c’è traccia di irriverenza verso alcuno e tantomeno verso la spada in oggetto di cui nessuno qui ha dato, al momento, il minimo giudizio. 
    Quindi non si capisce proprio il motivo per cui tu ti debba risentire così e me ne dispiace. 
     

    cordialmente Venier Gianluca 


  4. Ad ogni modo, per giudicare la qualità di un hamon (e quindi di una Token) non basta che “sia presente”. Occorre valutarne la brillantezza, la nitidezza, la continuità, l’uniformità, la presenza di nie e di nioi, l’eventuale presenza di hataraki. Anche una lama temprata in olio può mostrare un hamon, ma non è la stessa cosa. 


  5. Questo Mon si chiama igeta e rappresenta un particolare tipo di struttura in legno a incastro, usato ad esempio in edilizia per la realizzazione di soffitti o pozzi. Si trova in decine di varianti.

    In effetti il mon in foto segue un ordine di sovrapposizione in senso antiorario, alla rovescia rispetto a quello indicato nel libro.

    Le famiglie che lo usano dovrebbero essere: Imai, Mizoguchi, Shibata di Echigo e Nagai. 
     

    Un buon testo per le firme è l’Hawley, che ha pure realizzato un bel libro sui mon. 


  6. Saremo più che lieti di vedere foto dettagliate di questa lama, come pure magari di vederla dal vivo in uno dei nostri incontri.

    Per accuratezza di informazione è bene precisare che Massimo Rossi non rilascia certificati ma schede tecniche di politura. 
    Può sembrare una differenza banale ma non lo è. 


  7. 8 ore fa, Akagami no Mac ha scritto:

     

    Quello di cui vorrei essere sicuro è come una lama del genere venga considerata nel mondo del collezionismo ufficiale di Nihonto.

    Non c’è una risposta facile. Intanto bisogna intendersi sui termini. Nihonto intesa come “spada giapponese” (prodotta in Giappone), ad esempio come le lame militari WW2 fatte a macchina, oppure come spada d’arte (Token Bijutsu) ? 

    Il collezionismo occidentale, in realtà, comprende entrambe le categorie anche se la prima si inserisce meglio nell’ambito dei “militaria”.

    Il tipo di oggetto di cui parliamo qui nasce esclusivamente come lama militare e la sua caratteristica saliente è l’impiego di un materiale che sia più resistente alle intemperie (più precisamente al salino, per le spade destinate agli ufficiali di Marina) rispetto ad altri materiali industriali. 
    Esistono naturalmente lame “realizzate a scopo militare” durante la WW2 che sono entrate a pieno diritto nella categoria delle lame d’arte ma dove possano collocarsi queste particolari di Kanenaga è arduo rispondere: va considerato caso per caso.

    La lama che ho visto io, ad esempio, certamente non era classificabile come lama d’arte. Quella che ha polito Massimo magari si. Ma non mi è capitato di esaminarla , quindi non so risponderti. La foto postata da Francesco, ad esempio, mi suggerisce un hamon molto debole, discontinuo, e una grana del metallo compatibile con una barra di acciaio colato piuttosto che forgiato. Ma sono speculazioni in base a fotografie che lasciano il tempo che trovano.

    L’ultima parola sta, in genere, alla NBTHK che si occupa appunto di definire quali siano le lame “degne di essere preservate” e quali no. Negli ultimi anni diverse lame realizzate in tempo di guerra sono state “promosse”, tuttavia non so se abbiano mai certificato una lama “inox” di Kanenaga.

    Ad ogni modo, durante la seconda guerra, non era raro che un forgiatore apponesse la propria firma sia su lame realizzate in modo tradizionale e di alta qualità sia su lame prodotte in modo più industriale. Ciò crea un po’ di confusione. Per questo l’esame caso per caso è indispensabile. 


     


  8. 24 minuti fa, Akagami no Mac ha scritto:

     

    Sai anche di cosa si tratta quando si parla di questa sua invenzione della Sutenresu to?

    E conosco una persona che pare possieda una spada di questo fabbro forgiata in "anti ruggine" (dalla dicitura del fabbro stesso sul codolo) con un vero Hamon e tracce di Hada visibili a occhio nudo , possibile ?

    Grazie ancora 

     

    A livello squisitamente tecnico non so che tipo di materiale abbia messo a punto. 
    Fuller e Gregory ne parlano ma non entrano in dettaglio, come pure lo Slough menziona il suo impiego “pionieristico” dell’acciaio (peraltro scrivendo una mezza inesattezza parlando di “stainless steel”)

    Possibile una lama “inox” di Kanenaga con hamon e hada ? Perché no. Sarei ben curioso di vederla da vicino. 


  9. Buonasera Akagami, seguendo un’etichetta di buona educazione invitiamo tutti i nuovi arrivati a presentarsi nell’apposita sezione. Grazie !

    Per quanto riguarda Kanenaga, effettivamente riuscì a ottenere una sorta di tempra differenziata impiegando un materiale “anti ruggine”, superando in qualche modo l’ostacolo del cromo presente normalmente negli acciai inossidabili. Sicuramente una bella performance per quanto riguarda lo studio dei materiali tuttavia si tratta comunque di lame perlopiù di produzione industriale e non catalogabili, in genere, tra le lame d’arte. Vi saranno magari delle eccezioni.
    Personalmente mi è capitato di vedere da vicino un tanto di Kanenaga, dove peró l’hamon era solo “cosmetico”, ossia realizzato tramite hadori, e non vi era traccia di forgiatura. 
    Ho però sentito che qualcuno ha visto un autentico hamon in lame di questo fabbro-ingegnere ma non è dato sapere se si tratta di tempra in olio o in acqua: ad ogni modo su lame presumibilmente mono barra (l’altro problema degli acciai inox è che non si possono forgiare se non in particolari condizioni e con tecniche abbastanza laboriose).

    Comunque, se non vi è un vero hamon, non si tratta di vere Nihonto nell’accezione del termine impiegata nel tipo di studio che facciamo. 

     


  10. Giusto per sfizio ho provato a convertire in yen qualche cifra battuta.

    Per il daisho koshirae (solo koshirae, va sottolineato) siamo a 46 mln di yen

    Per Yukihira di epoca Shinto, 5,7 mln

    Per il wakizashi shinogi zukuri di Heianjo Nobuyoshi (che non è certamente un nome famoso) 2,7 mln

    Per la katana mumei attribuita a Kashu Kagemitsu (lama certamente interessante ma, ad ogni modo, mumei e attribuita a forgiatore non “stellare”), 4,2. Giusto per fare un confronto c’è attualmente sul mercato un interessante tachi mumei attribuito allo stesso autore (ubu, ben 82 cm di nagasa, nakago kiji momo, quindi probabilmente una lama destinata ad un tempio) offerta per 800.000 ¥.
     

    Per chiunque abbia un po’ di dimestichezza con le quotazioni giapponesi degli ultimi anni appare evidente che siamo di fronte ad una notevole gonfiatura dei prezzi. 
     

    Meditiamo. 


  11. Credo che questi risultati inquadrino uno dei consueti “momenti emblematici” di questo mercato. Mi sa che qualcuno in occidente ha interesse ha “riaccendere” le quotazioni dal momento che la tendenza in Giappone è stata generalmente al ribasso negli ultimi tempi. Son curioso di vedere il prossimo DTI.

    Yukihira della fine del ‘600 a quella cifra è davvero sorprendente ma probabilmente, data la particolare firma, forse c’è qualcosa che ci sfugge.

    Strano che non abbiano battuto la ko Ichimonji ma, forse, il motivo è che sta in shirasaya. La lama in realtà pare molto bella e il sugata è da manuale. 
     

    Qualcuno sa che significa il kinzogan “unotsu” che sta sul tanto attribuito a Uda ?

    Comunque che nessuno di noi si sia portato via Sadamune firmato per quei quattro soldi mi pare proprio una vergogna....

     


  12. L’articolo di Roatti è certamente ben fatto e sintetico. Tuttavia, a chiunque desideri lanciarsi nell’acquisto di una lama militare giapponese, consiglio caldamente di procurarsi per tempo e studiare a fondo il testo “Military Swords of Japan, 1868-1945”, Fuller e Gregory, Arms and Armour Press Limited, London, 1986. Non è difficile da trovare e il costo è relativamente modesto. 

    Per aggiungere due note a quanto già scritto, il mekugi a vite non fa troppo testo in quanto in tempo di guerra se ne vede di tutti i colori, specialmente quando una guerra la si sta perdendo. Si son viste lame militari giapponesi adattate nelle maniere più strane, sul campo. Tsuka ito realizzati con nastro adesivo, same di tela catramata, etc. come pure mekugi “doppi” di cui uno di bambù e uno a vite. 
    Da tenere in considerazione anche la relativa “libertà” concessa dalle autorità militari giapponesi nelle scelte di equipaggiamento della spada da portare con sè in azione. Ecco quindi che si possono trovare i mon di famiglia, realizzati squisitamente, aggiunti ai fornimenti di fusione standard o addirittura tsuba “fuori ordinanza” e sistemi personalizzati di aggancio alla cintura. Per non parlare, poi, del mondo delle lame ad “uso civile”
    Di questo eclettismo dovuto alle necessità se ne sono approfittati poi i falsari, ovviamente. 
     

    Comunque, in questo caso, l’elemento che innanzitutto stona è la mancanza di filo. Si può star certi che nessuna shin gunto sia uscita dall’arsenale senza un filo più che tagliente; anche se la lama fosse stata ricavata da una balestra di camion.  
     

    Per rispondere a betadine, il mercato dei falsi militaria è sempre fiorente e difficile da controllare. Le spade giapponesi, dal momento in cui negli anni’80 sono diventate sempre più “di moda”, hanno visto una progressiva levitazione dei prezzi tale da andare, alla fine, oltre le possibilità del collezionista medio. Ecco che, di fronte ad una crescente domanda di “spade giapponesi a poco prezzo”, sono saltate fuori anche le offerte poco genuine. 
    Cosa che accade puntualmente anche oggi.

    Giusto o sbagliato che sia, tutte le lame “da guerra” realizzate in modo non tradizionale sono illegali in Giappone. Non possono essere registrate e vengono dunque distrutte (o tenute nascoste). Quindi i più grandi studiosi e collezionisti di questo tipo di oggetto sono principalmente statunitensi, dato che negli USA ne hanno letteralmente a camionate. Fuller e Gregory sono un’autorità nel campo ma anche Leon Kapp ha recentemente pubblicato un libro con molte foto interessanti. Quest’ultimo, tuttavia, riguarda solo le lame militari realizzate con metodo tradizionale, dunque si parla di “vere Nihonto” e non di militaria. 

     


  13. 53 minuti fa, betadine ha scritto:

    Grazie per la condivisione e per le precisazioni sulle repliche ottocentesche.

    Affinché non vi siano fraintendimenti sui termini, rammentiamo che tra i forgiatori dell’Ottocento impegnati a realizzare repliche (non necessariamente utsushi) di lame Koto c’erano anche Naotane, Kiyomaro e Suishinshi Masahide (solo per elencare i più famosi). Quindi la terminologia che ho usato non va intesa in senso spregiativo. 


  14. Grazie Giulio.

    Può essere interessante fare una trasferta.

    Tuttavia non mi farei troppe illusioni. La quasi totalità delle “antiche” collezioni di armi, comprese alcune in Giappone peraltro, contengono “grandi nomi” dall’attribuzione quantomeno discutibile. 
    Purtroppo il fatto che questi lasciti siano stati tramandati magari per 10 generazioni conferisce un’aura di sacra genuinità che difficilmente si riesce a scalfire senza nel contempo recare “offesa” ai diretti interessati. Un problema che riguarda, giusto per fare un esempio, le raccolte dello Stibbert, di Cà Pesaro e di Solingen, che pullulano di “repliche” ottocentesche di scuole prestigiose del periodo Koto. Repliche che sono magari, oggigiorno, ugualmente di gran pregio ma che, in ogni caso, dovrebbero essere collocate cronologicamente al loro posto nei cataloghi ufficiali pubblicati. Ciò è difficilissimo che accada, prova ne sia il nuovo catalogo dello Stibbert che contiene gli stessi errori di attribuzione di 30 anni fa. 

     


  15. Da quel che vedo le zone cerchiate in rosso sembrano più degli ashi. Tutta la linea di tempra, su base suguha, è molto vibrante di piccole variazioni e vi si vede....un po’ di tutto. La parte in ko gunome midare mi pare, tuttavia, un’altra.

    La zona cerchiata in verde non è un chikei. È un difetto della forgia, probabilmente uscito fuori dopo le varie politure cha la lama ha subìto. Considerata l’età di questa spada, è un dettaglio più che perdonabile e trascurabile. 
    Su queste lame i chikei appaiono spesso di colore scuro e sono generalmente piccoli e corti. Non facili da individuare. 

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La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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