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TheReal O

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  1. TheReal O

    [CINEMA] Rashomon

    Sono contento di avervi stimolato la voglia di (ri)vederlo. Significa che vi ho trasmesso la mia passione attraverso la recensione, o forse ? solo merito delle foto ... vabb?, l'importante ? il risultato. O
  2. TheReal O

    [CINEMA] Rashomon

    Prefazione Cercando informazioni su questo film per la rece, mi sono reso conto di quanto questo titolo sia stato rilevante nella storia del Cinema, e tutto sommato dell?arte. Credo il pi? importante ed influente di tutto il database di Asian World. Sapevo della grandezza dell?opera ma avevo sottuvalutato l?impatto cos? gigante ed imprescindibile dell?opera. Recensire un titolo del genere comporta forti responsabilit?, sopratutto alla mia prima prova. Mi sono sforzato di fare una recensione compresibile a tutti, evitando riferimenti tecnici (a meno che necessari), ma senza essere superficiale. Scrivendo questa recensione capivo che volendo sarei potuto andare aventi all'infinito. Spero di non essere stato troppo noiso, perch? ho tagliato tanto tanto, e per renderla fruibile l?ho divisa in sezioni, cosi ognuno legger? la parte a cui ? interessato. Buona lettura. O Il trionfo veneziano Era il 1951 quando a Venezia venne premiato con il Leone d?Oro, Rashomon (1950). Questa data ? importante non solo per il premio ricevuto dal regista, che diventar? il pi? famoso regista Asiatico dei successivi quaranta anni (forse lo ? tutt?ora), ma anche e sopratutto perch? grazie a questa vittoria si aprirono le porte dell?oriente al pubblico occidentale. La strada che port? a questo risultato non ? stata facile. La Daiei, casa di produzione con ormai forti problemi economici (dovuti alla crisi del dopoguerra), fu una delle cooproduttrici del film. Il Festival di Venezia, che in passato aveva gi? ospitato altri film giapponesi, chiese al Giappone qualche titolo da inserire nella selezione. La produzione nazionale non sembrava per niente adatta ad una distribuzione in occidente, i film erano molto ?lontani?, e di difficile lettura per un pubblico diverso da quello indigino. Il film era visto con diffidenza dalla stessa casa di produzione fin dall?inizio che trovavano la sceneggiatura incompresibile, ?Ma ? il cuore umano ad essere incompresibile? rispose Kurosawa. Fu grazie alle insistenze di Giuliana Stramigioli responsabile dell?Italia Film in Giappone, che il film partecip?. Aveva visionato l?anteprima della pellicola e ne rimase molto colpita, tanto che convinse il presidente della Daiei, che invece era molto scettico. Cos? il film fu inviato in Italia, nonstante i dirigenti della casa di produzione non erano per niente convinti di questa scelta. Il successo del film fu tale da permettere all?azienda di riprendersi dalla crisi. Nagata Masaichi presidente della Daiei che aveva sempre definito questo film ?incomprensibile? si attribuir? un svariate interviste il merito di questo successo. Akira racconta che vedendolo vantarsi di questi meriti gli sembrava di rivivere le menzogne e i sentimenti da lui descritti nel film, portati al reale. Forte di questa vittoria, Masaichi cominci? a produrre ed a promuvere la distribuzione in occidente di molti film jidaigeki (film in costume, storici), convinto che il carattere esotico di questo genere fosse l?elemento che destava interessa da parte del pubblico occidentale. In questo periodo arrivarono dalle nostre parti nomi quali Mizoguchi e Kinugasa: Anche in virt? di questa sfiducia per gli altri generi considerati troppo ?Giapponesi?, molti registi (Ozu, Imamura e Naruse) che si cimentavano in opere gendaigeki (film di ambientazione contemporanea) non vennero inizialmente distribuiti all?estero, nonostante fossero le produzioni pi? numerose. Akira Kurosawa, non poteva sospettare che il suo film avrebbe potuto vincere qualcosa perch? non sapeva neanch? che avrebbe partecipato al festival di Venezia (nessuno l?aveva n? avvertito n? invitato). Apprese la notizia durante un periodo di depressione, in conseguenza a forti problemi con la produzione per i tagli imposti sulla sua pellicola successiva (L?idiota 1951). Cos? comment? l?autore stesso ?Il trionfo veneziano di Rashomon, fu l?evento provvidenziale che ha cambiato la mia vita, consentendomi di riprendere fiato e continuare per la mia strada? Breve contesto storico Dopo la sconfitta subita in seguito alle due bombe atomiche, le forze americane, sotto la gestione del generale Mac Arthur, fondarano lo SCAP (Commando Supremo delle Forze Alleate). Il Giappone cos? diventava l?avamposto asiatico anticomunista per eccellenza, ruolo di non poca rilevanaza nei giochi della guerra fredda tra USA e URSS. Il commando esercitava una forte pressione anche nelle produzioni cinematografiche. Molti film furono censurati o messi al rogo in nome della civilizzazione, e le produzioni contemporanee dovevano rispondere a determinati valori democratici (i diritti della donna, la lotta contro il militarismo, l?antifeudalesimo), senza per? cadere in ideologie ?troppo? rivoluzionarie che potevano ritorcersi contro. In virt? di questo clima politico/sociale furono molte le critiche mossa al regista nonostante la prestigiosa vittoria veneziana. Fu accusato infatti di essere un autore molto occidentalizzato (confondendo quella che invece era una forte conoscenza della nostra migliore cultura), di aver dato un?immagine troppo esotica del Giappone (senza compredere che in nessuno modo il maestro rinunciava alle tradizioni e ai costumi della sua nazione), e di aver raggiunto risultati solo grazie alla supervisione dei coloni americani (cosa del tutto lontana dalla realt?). Non sapevano quanto errate fossero queste conclusioni completamente smentite con il passare degli anni. Non a caso questo il film continu? ricevere riconoscimenti, ad Hollywood (un oscar), a Cannes e a Berlino. Come la storia dimostrer? quella fu la vittoria si di un artista capace di sintetizzare le migliori tecniche cinematografiche (apportando un enorme contributo) con la poesia e la tradizione di un nazione sconosciuta al mondo. Fu la vittoria quindi di un paese intero, una botta di orgoglio per una nazione messa in ginocchio dalla guerra, un?ottima presentazione all?occidente della loro cinetografia, dei loro modi e costumi. ?L?egoismo ? il peccato originale dell?uomo. Gli esseri umani sono incapaci di essere onesti con se stessi, non sanno parlare di se steessi senza abbellirsi.? Akira Kurosawa Recensione (ATTENZIONE CONTIENE SPOILER SPARSI) Nel Giappone del dodicesimo secolo, quattro diversi narratori offrono la propria versione dello stesso incidente: una donna viene violentata e suo marito ucciso in un bosco. I narratori sono il bandito, la moglie, il marito morto (attraverso una medium), ed un boscaiolo testimone oculare. Il film ? tratto da due romanzi di Ryunosuke Akutagawa, ?Nel Bosco? (1921) e ?Rashomon? (1927). Dal primo il Maestro ha preso la trama e dal secondo l?ambientazione (Rashomon significa, La Porta di Rasho) in cui avviene l?incontro del viandante con il monaco e il boscaiolo e lo spunto del finale anche se ne stravolger? completamente il senso. Non manca un fortissimo apporto personale, infatti la quarta testimonianza non appare nel libro, ed il finale vine radicalmente cambiato rispetto alla concezione fortemente nichilista di Akutagawa. Il film mette in scene tutta la cinicit? (sarebbe meglio dire obbiettivit?) nel descrivere la vanit? dell?uomo, quella che gli fa dire bugie su bugie per apparire migliore di quello che ? (in fondo ogni racconto a questo porta) agli occhi degli altri, ma anche e sopratutto a se stesso.Di conseguenza la bassezza del genere umano. Seguendo gli intenti del racconto originale, tutta la pellicola ? permata di questo sentimento, talmente umano che resiste anche alla morte (anche il morto dar? la versione che lo far? apparire com uomo di onore e di valori). La perdita di fiducia nel genere umano ? sottilineata dai commenti del monaco e del viandante, che descrivono il mondo come un inferno in cui vivere, pieno di cadaveri (a quanto pare intorno alla porta di Rasho prolificano cadaveri non seppelliti)e senza speranze. In forte contrapposizione a questo pessimismo, il finale. ? uno dei momenti pi? tipici ed eloquenti per quanto riguarda la visione morale di Akira di quel periodo (infatti non previsto nel racconto originale che rimanave maolto pi? pessimista e buio, non a caso lo scrittore si suicider? a trentacinque anni nel 1927). Il boscaiolo, umiliato dal viandante perch? scoperto del furto del prezioso pugnale della donna violentata, si offre di adottare il bambino abbandonato dicende: ?ho sei figli, uno in pi? non fa la differenza?, in risposta a questo gesto il monaco illuminato di speranza riaquista la fiducia nell?uomo. Un momento estremamente universale (senza confini) ed eterno (senza tempo) toccante quanto poetico e preciso nella sua rappresentazione. ?L?egoismo ? un difetto che ci portiamo dietro dalla nascita, il pi? difficile da estirpare. Questo film ? una pergamena, la pergamena dell?io, che si srotola davanti ai nostri occhi.? Akira Kurosawa (Akira Kurosawa durante le riprese del film) Tre ? il numero ricorrente della narrazione, tre sono le voci del coro (composto da tre figure simbolo: l?idealista ?il monaco-, l?uomo semplice ed ignorante che non si capacita del misfatto ?il boscaiolo- il pragmatico che commenta e detta opinioni ?il viandante-.), tre ambienti (Rashomon, il tribunale, il bosco), tre protagonisti (il bandito, il marito e moglie), tre testimoni (il boscaiolo, il polizzotto che cattura il bandito e il monaco). In questo incastro quasi geometrico la musica propone delle variozione sul tema del Bolero di Ravel, composte da Fumio Hayasaka.Contrariamente a quanto pu? sembrare, da questa bizzara combinazione scaturisce l?elemento sonoro ideale per la scansione del testo, ripetitivo (ogni volta si racconta lo stesso episodio anche se da versioni diverse) e costante. Da abile conoscitore della cultura occidentale, Kurosawa mette in piedi il film utilizzando la tecnica del flashback, e montando di seguito i vari racconti dei personaggi. Come in Quarto Potere, per ogni personaggio narrante, viene messo in scena il flashback della vicenda narrata. Nonostante l?uso del flashback fosse ormai assodato nelle produzione Hollywoodiane (questa su tutte), Akira va oltre, creando falshback ?illusori?, ?finti?, ?spiazzanti?. Il traguardo guadagnato ? tanto importante che si pu? parlare di un utilizzo di questa tecnica ?prima o dopo? Akira Kurosawa. ?...una miserabile imitazione di Rashomon? Ingmar Bergman (definendo un suo film, La fontana della vergine) Come in Welles, ? evidente il forte uso del grandangolo con una profonda messa a fuoco, utilizzato sopratutto per le scene del presente, quelle di Rashomon (cos? ? chimato il luogo dov?? incentrato l?incontro dei narratori) appunto. Mentre per le scene del processo la macchina da presa diventa la giuria, quindi l?interlocutore a cui i testimoni si rivolgono di volta in volta. Ferma, fissa davanti a loro. Piatta su una scenografia spoglia. I flAshback infine sono rappresentati da un forte dinamismo, macchina in movimento in mezzo alla natura (elemento fondamentale e vivo), lunghi carrelli (memorabile la corsa del bandito verso i sue sposi). La decisa e differenziata demarcazione stilistica di questi tre ?momenti temporali?, aiutano una esposizione comprensibile allo spettatore, ma non per questo chiara nella realt? dell?accaduto. Come in Pais? (opera gi? allora celeberrima in Giappone, di Rossellini), Kurosawa non da una verit? assoluta, ma tante verit? relative, senza cercare di raccontare e svelare tutto. Una nota aggiuntiva (ma ce ne sarebbero tante) voglio dedicarla alla figura della moglie. Splendida nella sua poliedrica rappresentazione. Forte e decisa, ma allo stesso tempo fragile e delicata. L?immagine di lei che si protegge dietro le spalle del bandito, affondando le sue unghie sulla pelle di questo ? diventata un simbolo. Tanto che verr? ripresa questa inquadratura per fare la copertina di Basic Instint. Ecco le foto in questione: La coppia (Toshiro Mifune e Machiki Kyo) sono diventati il ?sedutture? e la ?violata? per eccelenza nell'immaginario cinematografico. Da manuale di arte e poesia ? la rappresentazione dello stupro. Fatta intuire con un simbolismo delicato. Lei che si scaraventa contro l?aggressore con un pugnale, con energia, e lui che la schiva, giocando con lei come il gatto con il topo. Danno vita ad una danza dell?amore in piena regola (come gli animali), infine lui la prende e la bacia. Durante questo bacio lei cerca rifugio nel cielo, intravisto attraverso i rami, la luce la abbaglia, la avvolge. Nel momento in cui capisce che deve concersi, lascia cadere il prezioso pugnale, che si infila soffice nella terra. Le mani sul corpo dell?aggressore. Ellisse. Il film ? diventato tra le opere cinematografiche pi? importanti in assoluto. Siamo davanti ad una vera miniera di invenzioni stilistiche, tecniche e dialettiche che influenzerrano il Cinema (quello mondiale). ?Ogni immagine di questo film reca l?impronta di una genio? Michlangelo Antonioni Commento personale Dire che questo film mi sia piaciuto ? poco. Nonostante abbia amato molti altri film di Kurosawa, ? con questo che ? scoccata la scintilla. Ora adoro questo regista. La caratterizzazione dei personaggi ? fantastica e curatissima. Le interpretazioni sono perfette, su tutte quelle dei tre personaggi coinvolti nell?incidente cio? la moglie (Machiko Ky?) il marito (Masayuki Mori) e il bandito (Toshir? Mifune). La ricercatezza del bello ? totale Ogni versione mi ha coinvolto, ci credevo. Realizzate tutte con un occhio attento. Costringendo i tre attori su citati a cambiare l?interpretazione del personaggio (per quanto riguarda i comporatamenti e le dinamiche) ad ogni flashback. Si stenter? a credere che la donna che piange, sia la stessa dell?ultimo racconto. Nonostante il film abbia ormai compiuto i suoi 55 anni di vita, non ho accusato in nessun momento il peso del tempo. I ritmi narrativi sono vivace e modernissimi. Le scene d?azione coinvolgenti, ben calibrate e ?spettacolari? (nella loro semplicit?). La poesia tipicamente giapponese, come lo sono i riti della medium, o le solite diversificazioni sociali che risaltano. Il ruolo della donna. Sono tutti specchi di quel Giappone (sia quello medievale in cui ? ambientato, sia quello contemporaneo al film e a noi) che personalmente adoro, e di una rappresentazione cos? lucida di questa Giapponesit? (concedetemelo ^^) non potevo rimanere impassibile. Alla luce di tutto questo mi chiedo come ? possibile che un film di questa importanza non sia stato pubblicato in Italia (parlo del dvd, perch? esioste una VHS scandentissima e vecchia), anche se ho molta paura di quello che pu? fare un doppiaggio. CREDITI Giappone, 1950 Durata 88' Attori: Toshiro Mifune, Machiko Kyo, Masayuki Mori, Takashi Shimura, Minoru Chiaki, Kichijiro Ueda Regia: Akira Kurosawa Produttore: Jingo Minoura Produttore esecutivo: Masaichi Nagata Sceneggiatura: Akira Kurosawa e Shinobu Hashimoto [Direzione della fotografia: Kazuo Miyagawa Musica: Fumio Hayasaka Scenografia: So Matsuyama Montaggio: Akira Kurosawa Bibliografia per la recensione: Aldo Tassone: Akira Kurosawa (ed. Il Castoro); D. Dordwell, K. Thompson: Storia del Cinema e dei Film (ed. Il Castoro); M. R. Novielli: Storia del Cinema Giapponese (ed. Marsilio)
  3. TheReal O

    Sakamoto A Roma

    Quando? Quando? :hiya: O

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La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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"Una singola freccia si rompe facilmente, ma non dieci frecce tenute assieme."

(proverbio popolare giapponese)

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