andrea1
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anche gli spadoni rinascimentali a 2 mani sono stati usati pochissimo in battaglia. erano state concepite per tagliare le lunghe picche dei quadrati di fanteria, dotandone fanti scelti tra i più robusti, che allo scopo le brandivano appunto a 2 mani. ma si accorsero subito che allo scopo erano più efficenti arnesi da contadino, quali le roncole in in asta e detti spadoni vennero relegati per i decenni successivi a ruolo di rappresentanza. il nodachi pare invece venisse impiegato come una spada normale, ma a due mani, probabilmente da guerrieri particolarmente preparati. facile immaginare l'effetto contro un numero superiore di avversari con spade normali e meno preparati, quali soggetti ingaggiati da poco nei periodi delle frequenti guerre
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"Attrezzo" per incidere Nakago
andrea1 ha risposto a Brenno alla discussione in Consigli e discussioni varie
in italiano si chiamano bulini, gli arnesi usati per incidere. somigliano agli scalpelli, ma hanno la punta con la sagoma della forma del solco che si vuole incidere e un opportuno angolo di taglio in un unico senso. di solito gli artigiani usano le lime consunte, per farli. -
Come riconoscere un autentico acciaio damasco
andrea1 ha risposto a nitroz alla discussione in Consigli e discussioni varie
non è dettopuò essere che, nei secoli, i maestri forgiatori giapponesi, abbiano individuato delle peculiarità interessanti, degne di essere prodotte, a questo tipo di composizione. proprio così com'è disegnata. è improbabile che sia stato sbagliato il disegno. non dobbiamo pensare che la saldatura si qualcosa di parziale -
Come riconoscere un autentico acciaio damasco
andrea1 ha risposto a nitroz alla discussione in Consigli e discussioni varie
mmh, se in qualche caso i maestri forgiatori lo hanno usato, qualche specifico vantaggio lo deve avere, questo tipo di pacchetto. forse il fatto che, la linea di saldatura cade proprio sul filo, fa coincidere col filo stesso le parti più carburate degli strati di acciaio. l'hernandez ottiene proprio risultati perfetti col suo maglio? riesce a far sputare la calamina dagli strati meglio di percussioni localizzate e ripetute? -
Come riconoscere un autentico acciaio damasco
andrea1 ha risposto a nitroz alla discussione in Consigli e discussioni varie
a me risulta che il minerale usato in persia-india era molto ricco di fosforo, non di zolfo. lo zolfo è un fattore di fragilità nelle lame, e prima della metallurgia moderna nn mi risulta che si conoscessero tecniche per ridurlo entro i limiti per fare buone lame. il fosforo interferisce meno in questo peggioramento, e con le piegature viene espulso e ridotto a livelli che nn interferisce in modo sensibile con le prestazioni della lama. e in più conferisce proprietà antiruggine. la colonna indiana detta di asoka, risalente ai primi sec. d.c., è di ferro (non ghisa) ricco di fosforo e dopo più di un millennio nn ha ruggine, nonostante il clima monsonico. come abbiano fatto a fondere una quantità tale di ferro senza arricchirlo di carbonio, non si sa -
sicuramente le manifestazioni artistiche di alto livello si sono manifestate e si manifestano ovunque, nelle diverse culture, dalle primitive, rimaste all'età della pietra, ma capaci di raffinatissimi intagli su legno e osso, come presso i paupa-nuova guinea, amazzonia, ecc, alle più tecnologiche culture metallurgiche. è pure vero che l'acciaio ad alto carbonio non era prerogativa esclusiva di persiani, cinesi e giap. già le lame celtiche, avevano struttura composta, ed è stato rilevato che i fili avevano un tenore di C superiore a 1,2-1,5%, tecnica poi aquisita dai germani e dai vichinghi e dagli europei nell'alto medioevo, che producevano spade di elevata efficacia nonchè di pregio artistico. per non parlare poi delle lame persiane in acciaio wootz, che hanno alimentato dai tempi delle crociate fino all'assedio di vienna un supestizioso terrore, presso gli europei, per le loro non solo presunte terribili qualità di taglio. però, quando si parla di nihonto, si fa riferimento a una tradizione che ha mantenuto la continuità per un millennio nel corso del quale si sono affinate tecniche metallurgiche, fatte di mano, di occhio e di orecchio, di rarissima sofisticazione, nonchè un rigore oltre che tecnico pure di stile, altrettanto sofisticato e raffinato. per far questo, oltre alla dedizione totale degli artigiani, occorre anche tempo, generazioni, secoli. non nego che tali tradizioni ci fossero anche in altre regioni del mondo, ma sono mancati l'insieme dei presupposti che ci sono stati in giappone. nell'europa bassomedievale, per es., la diffusione prima della balestra e poi delle armi da fuoco, che hanno reso necessari i corsetti di acciaio integrali, hanno reso la spada di ruolo funzionale marginale, sustituita da mazze, martelli d'arme, becchi... e si perse la tecnologia delle raffinate spade composte altomedievali, divenendo lame monolitiche di medio acciaio poco temperate e poco affilate. pure in oriente si è persa la tradizione della fabbricazione di spade. il giappone, invece, col suo medioevo durato fino a oltre la metà dell'ottocento, nonchè l'influsso culturale che ripone un sacro rispetto per le tradizioni, è riuscito, pur tra molte difficoltà, a portare, a mantenere la continuità di quest'antica e raffinatissima arte spadaia fino ai giorni nostri
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già i presso i celti di epoca lateniana, è documentato la produzione di lame a struttura composta di acciai a vario tenore di C. la cosa non è peregrina, prima dell'avvento di altoforni e convertitori, per rendere omogenea all'uso la bluma, erano necessarie ripetute operazioni di forgia e ripiegatura della stessa (acciaccatura). quindi la saldatura è pratica ben nota fin dalle origini della metallurgia dell'acciaio. unire acciaio dolce e duro, aveva sostanzialmente due scopi principali: ottimizzare le caratteristiche di resistenza alla rottura all'efficacia del filo, soprattutto per le lame lunghe (le scanalature, all'uopo, sono applicazione tarda, medievale, mi pare), e risparmio del più prezioso acciaio. inoltre, per gli utensili da colpo, avere il corpo in acciaio dolce, smorza meglio le vibrazioni, e, sempre nell'ambito dell'utensileria, se la parte di acciaio duro è una lamina sottile, è più facile affilatura (in antichità fatta solo a mano, su pietre naturali mai troppo aggressive...)
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è ispirata agli arnesi agricoli. le roncole giapponesi hanno immanicatura uguale, con l'asola disassata sul dorso. arnese massiccio, più che per sgarrettare cavalli (cui è più che funzionale la naginata), la vedrei utile per squarciare armature, forse diventate più robuste con l'entrata delle armi da fuoco. non necessariamente antenata della naginata, quindi. in europa era successo qualcosa di simile, con l'avvento di armature atte a resistere alle armi da fuoco. per il corpo a corpo si era abbandonata la spada e si era adottate mazze, martelli d'arme, scuri d'arme, becchi...
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l'hai già provato nel frattempo? nn so se è una buona idea fare aria da sotto. c'è il pericolo che la bluma si vada a inglobare con la grata. in tutti i progetti che si son visti, fanno aria in basso, ma di lato. per me lo schema migliore, per un piccolo bassoforno, rimane quello di quei giapponesi postato da mauri. la forma cilindrica, metallica, con congruo refrattario all'interno, scomponibile per recuperare la bluma, mi sembra il miglior compromesso per ottimizzare la gestione, l'efficenza termica (viste le piccole dimensioni), e la qualità della bluma che si va a ottenere
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no, la silice fonde, galleggia (ganga) ed esce dalle piccole aperture laterali del bassoforno. la bluma è solo ferro variamente carburato, con, nelle afrattusità, impurità prevalentemente di carbone non assimilato nel ferro. nel bassoforno il ferro non fonde, non diventa liquido, rimane allo stato pastoso, quanto basta per aggregarsi nella massa blumosa e arricchirsi di una certa quantità di carbonio. con la fusione, che porta allo stato liquido vero e proprio il ferro (t > 1538 °c), si ha una maggior solubilizzazione del C nell'Fe (C dal 2,1 al 6% circa) e si ottiene ghisa
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non ti smontare. nessun fabbro moderno ha queste esperienze. il modello postato da mauri, a mio vedere, è quello che potrebbe fare al caso per ottenere blume acciaiose. come dice adriano, penso che sia indispensabile, anche se avrai qualche aiutante, usare ventilatore elettrico con variatore di portata. dalle foto postate da mauri, si vede che pure il fornetto giap utilizza un ventilatore elettrico e la fiamma ha colore viola-blu. quindi, la temperatura dovrebbe essere attorno ai 1400 °c il variatore di portata al ventilatore, è indispensabile per centrare la giusta temperatura. se è troppo alta, si ottiene della ghisa (ferro marcio)
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oltre la qualità del legno d'origine, è importante la dimensione del forno e la quantità di aria insufflata e... tanta esperienza. l'ideale sarebbe andare a imparare da gente che già lo sa fare. in italia mi sa che nn c'è nessuno...
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in base all'aspetto. il prodotto di hernandez si presenta come grumi o poco più, causa (probabilmente) il quantitativo limitato del minerale e la piccolezza del forno. poi, nel kera da tatara, le frazioni di tamahagane hanno un aspetto argenteo, luccicante, nn opaco-grigiasto come il prodotto di hernandez. chissà se la forgia catalana produceva frazioni di prodotto assimilabili al tamahagane. magari fa risparmiare una quota di carbone utile nel momento clou
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interessante il sito di hernandez, peccato che nn so l'inglese però, il fornetto mi sembra ben lontano dal somigliare a un tatara e pure il prodotto è ben lontano dal somigliare al tamahagane e neppure ai vekki blumi europei. il gas lo usa probabilmente per compensare la non sufficiente dimensione critica del forno. così piccolo, con una massa così esigua di carbone, nn riuscirebbe a sviluppare la temperatura sufficiente per la semifusione e riduzione. ma il prodotto che ne ricava, come fa ad aver le qualità di un buon acciaio? ho visto che ne ha forgiato dei tanto...
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Metallurgia Giapponese
andrea1 ha risposto a syzygy alla discussione in Consigli e discussioni varie
il tamahagane in sostanza deriva da un grosso blumo piatto, pesante diverse decine di kg, contro i pochi kg dei blumi prodotti dai bassoforni tradizionali europei. nel blumo da tatara si distingue una frazione nobile, che se ho capito bene sono le porzioni periferiche dello stesso, detto acciaio gioiello perchè di aspetto argenteo, usato per le lame, e una frazione ordinaria di aspetto grigio nerastro, destinato ad altri usi. una delle condizioni necessarie perchè l'acciaio gioiello abbia questo aspetto è l'alto contenuto di C, superiore a 1,2. nei filmati ho visto appiattire alla forgia i blocchi di acciaio gioiello, frantumarli, e ricomporli in pacchetto, per poi sottoporli alle piegature-saldature ripetute. la scelta dei pezzetti per fare il pacchetto, mi pare non dipenda dalla sostanza degli stessi, ma dalla loro forma, una sorta di puzzle per lasciare il meno possibile spazi vuoti. la schelta della qualità dell'acciaio, dipende dalla scelta dei blocchetti di acciaio gioiello. l'effetto hada non doverebbe dipendere dalla diversità di composizione delle diverse scaglie di acciaio gioiello che compongono il pacchetto originario, in quanto, dopo 12-14 piegature dovrebbero essere perfettamente amalgamate. probabilmente, dipende dall'effetto delle piegature stesse, per il contatto della superficie del pacchetto con la paglia carbonizzata e l'argilla. sempre dai filmati, si vede che la paglia di riso bruciata, in cui periodicamente si rotola il pacchetto incandescente tra una piegatura-forgiatura e l'altra, non diventa completamente cenere, ma rimane parzialmente carbonizzata. ricordo inoltre che, le paglie dei cereali, sono ricche di silice, che alla combustione rimane nelle ceneri. la silice è inoltre un elemento costituente le argille. questi accorgimenti, dovrebbero comportare un leggero arricchimento non omogeneo di C nonchè di Silicio, che danno luogo all'effetto hada
Chi è I.N.T.K.
La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.
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