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Alberto Desideri

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  1. Wakarimasu, arigatou gozaimas! (mi c'è voluto un po' evvìa, ma poi ce l'ho fatta... )
  2. La mostra si preannuncia quasi imperdibile. Per quanto mi riguarda (ma non voglio assolutamente essere vincolante) preferirei il week-end. Non escludo comunque di poter partecipare anche di giorno feriale. Un grazie a Giuseppe Piva e agli organizzatori per la gentile disponibilità.
  3. ... ...Taishō... ossia 1912-1926... uhmmm... nell'espressione "souvenir" intravedo un modo diplomatico per dire che è una ciofeca... ... ma il fatto che sia di Kyōto... è già qualcosa... almeno non è cinese!
  4. Carissimi, avevo provato ad acquistare su e-bay questa tsuba Tsuba Size: 8.2cm x 7.7 x 0.4cm, 160g Nakago Size: 2.9cm x 0.9m Material: Iron Signature: Unsigned Technique: Shinchu zogan Decoration: Kamon Tsunagi (crest design) (notate anche che è piuttosto grande). Chi se l'è aggiudicata la paga 155 dollari (più spedizione da Tokyo). Secondo voi era presa bene per circa 120 euro? O era una ciofeca? A me sembrava interessante.. . Magari l'ha beccata qualche nostro socio! Morale: "non ci si bagna due volte nello stesso fiume", ossia "tutto scorre"...
  5. Scusate l'ingenuità , ma, davvero, come possono aver spezzato cotanta spada?
  6. Una domanda... il waki può essere sia in hira- che shinogi-zukuri: ma il tanto può essere solo in hira-zukuri ?
  7. Dunque... hira-zukuri fa propendere verso il tanto, shinogi-zukuri indica già una katana in erba... cioè un wakizashi...! ...
  8. Alberto Desideri

    presentazione

    Benvenuti a tutti!
  9. Beh, secondo me è un bel libro, che restituisce il giusto risalto alla figura del politore accanto a quella dello spadaio (scusate i termini "autarchici" ). Chiaramente una cosa è leggere un libro e apprezzarne le illustrazioni (che tra l'altro sono di ottima qualità), un'altra è pensare di mettersi a "strusciare una lama su una pietra": credo che un libro come questo contribuisca a scoraggiare ogni intervento non professionale su una nihonto, anzi dia un'idea della complessità del togi, in bilico tra volontà di valorizzazione della lama e rischio di rovinare la stessa, tra ferree osservazioni tecniche e margine di inventività del togishi. Vi sono poi dei brevi profili biografici di famosi politori (tra cui il "mitico" Fujishiro Matsuo - per intendersi, quello del Nihon Toko Jiten, uno dei libri di riferimento per gli studi sulla spada giapponese), che contengono perle le quali da sole "valgono il presso del biglietto": per esempio l'episodio (pag. 166) del giovane Takaiwa che vede il maestro Fujishiro afferrare al volo a mani nude una lama polita che stava cadendo a terra - col rischio di affettarsi le dita - "più preoccupato del quasi certo danno che la lama avrebbe subìto rovinando al suolo" [che della sua ferita]... Insomma, credo che questo libro renda giustizia alla figura del politore, e l'ammanti della stessa aura sacra che tradizionalmente pertiene al forgiatore, o almeno di quel pizzico di vetera solennità tipica delle cose giapponesi più belle.
  10. Mi sembra che questo waki non dimostri affatto la sua veneranda età! ... "Chi vive senza follia non è così saggio come crede" (François de La Rochefoucauld) ...
  11. Alberto Desideri

    higo koshirae

    Nera, austera, un vero strumento di morte!
  12. Alberto Desideri

    Descrizioni di rarità

    Beh, dev'essere un classico taiwanese... anche il Ferro che mi pregio (mi fregio? mi sfregio?) custodire hamoneggia con simile triangolare regolarità!
  13. Alberto Desideri

    Descrizioni di rarità

    ... ...Beh, il topic è succulento (niente da invidiare ai copriletti), tuttavia hai esordito con una vetta credo ineguagliabile, e ciò potrebbe scoraggiare ulteriori ricerche... Personalmente sono annichilito, attonito e allo stesso tempo pieno di ammirazione per la perla che hai tirato fuori dal cilindro!
  14. ...quindi, se ho ben compreso la spiegazione di Kento, il nakago non è mai stato sostituito e ri-saldato... e questo restituisce "interezza" alla lama, forse anche con un vantaggio in termini "meccanici" (resitenza/compattezza)...?
  15. Senz'altro, possono essere eventi di grande interesse... quello che critico è l'esagerazione nella quantità e i pretesti spesso lontani da scopi eminentemente culturali. In altre parole, sarebbe auspicabile meno quantità e più qualità. Sì, ma con qualche milione di sterline in meno!
  16. Sono totalmente d'accordo con Ken. Gli storici dell'arte definiscono questo fenomeno del "mostrismo": le mostre fanno girare soldi poiché attraggono visitatori e creano indotti (non solo turistici: pensate per es. alle assicurazioni e alle ditte di spedizione specializzate nel trasporto di opere d'arte, le case editrici che stampano cataloghi, le agenzie pubblicitarie, etc.), e i politici e gli amministratori (inclusi i direttori dei musei) possono pavoneggiarsi: "hai visto quante mostre organizzo=hai visto com'è vitale il mio museo?"; fa molto più scalpore una rassegna pubblicizzata su manifesti e media rispetto a un riallestimento (es. una nuova illuminazione) o un restauro avvenuti nel silenzio. A tal proposito, è chiaro che uno sponsor che offre soldi per una mostra (o un restauro, etc.) vuole la massima visibilità, vuole che la gente sappia che "il tal pezzo è stato restaurato con i soldi della tale Società" oppure "la Banca Tal dei Tali promuove la cultura con la mostra su ...". Capite che questo è il mondo dell'effimero, mentre cultura sarebbe soprattutto coltivare per poi veder crescere nelle generazioni future (la Yourcenar parlava - ma lei si riferiva ai libri - di una necessità di ammassare e far provvista nei "granai della Cultura" in vista dill'inverno dell'Ignoranza che vedeva avanzare minacciosamente - Paolo citava sarcasticamente il Grande Fratello!!!) Dunque: quando va bene le mostre sono scientificamente valide ma rimangono eventi eventi effimeri; quando va male sono sprechi di soldi e tempo. Ma, senza falsi moralismi, chi è senza peccato scagli la prima pietra: quante volte siamo andati in una città italiana col pretesto della mostra di turno, e magari abbiamo snobbato la collezione permanente che comunque avrebbe meritato la nostra attenzione (e il nostro supporto: non ci dimentichiamo che un museo modula gli orari e i servizi - e riceve i fondi dalle istituzioni - anche in base al numero dei visitatori). Quante volte ho accolto persone venute apposta a Firenze (magari per la prima volta) per vedere la mostra di turno a Palazzo Strozzi e poi tornare via, ignorando Bargello, Palazzo Pitti, Museo dell'Opera del Duomo, per citare alcuni musei importantissimi ma non conosciutissimi come gli Uffizi (per i quali sarei tentato di aprire un altro capitolo, completamente OT). Nel caso dello Stibbert, questo museo patisce una collocazione decentrata (e mal servita dai mezzi pubblici), soffre del fatto che a Firenze vi sono molti musei blasonati del Rinascimento che sfiancano il visitatore, al quale non restano energie per visitare altre collezioni, soffre della cronica mancanza di fondi poiché è sotto l'egida del Comune di Firenze e non dello Stato (la Soprindenenza Statate, bene o male, dispone di più fondi ed è "specializzata" in musei, laddove l'Amministrazione comunale è troppo impegnata a spendere per riparare le buche nell'asfalto), e per altre ragioni che qui non sto a precisare, si arriva alla situazione di cui sopra... Ma al fortunato che "conquisti" la collina di Montughi, dove sorge la villa/castello neogotico di Frederick Stibbert (e il parco, costellato di finte rovine, laghetti, statue, persino un tempietto egizio - un percorso simbolico iniziatico...) si schiuderà il sogno di questo gentiluomo di fine Ottocento che tentò di ricreare il suo Medioevo fatto di armi e cavalieri, il suo Oriente fatto di scimitarre persiane e lacche giapponesi. Il suo approccio non era "storico-scientifico" (o almeno non solo), ma direi in primis sentimentale, e romantico come poteva essere per un uomo dell'Ottocento. Viveva dentro di lui il bambino che si abbandona sognante ai miti e alle favole insieme al collezionista avidamente enciclopedico, il quale non si stanca mai di meravigliarsi della varietà dei manufatti che i sapienti artigiani di ogni luogo hanno saputo fare in ogni tempo. Scusate il post un po' lungo e il lieve OT.
  17. Trovo gli horimono postati molto eleganti (a prescindere o forse proprio per il fatto di essere traforati)... mi sembra che impreziosiscano la lama. Altre volte, gli horimono non incontrano il mio gradimento... dipende!
  18. Di ritorno dalla splendida Torino, posto un'immagine "di fortuna" della sala con le belle armature giapponesi al MAO... Trovo che il museo, nonostante alcune lacune (per quanto ci riguarda, brilla per la sua assenza la spada giapponese) offrra una delle collezioni di arte orientale più belle e variegate che abbia mai visto, specialmente per quanto riguarda la scultura buddhista. La qualità delle opere è spesso altissima, l'allestimento e l'illuminazione sono molto suggestivi... vale senz'altro un viaggio nel capoluogo piemontese, che comunque ha tantissime altre attrattive da offrire (musei, negozi, passeggiate, cucina, ospitalità!)

Chi è I.N.T.K.

La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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"Una singola freccia si rompe facilmente, ma non dieci frecce tenute assieme."

(proverbio popolare giapponese)

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