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isononami

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  1. Una sintesi storica e tecnica da diffondere . Grazie Sandro.
  2. ecco il secondo video citato in precedenza
  3. Sicuramente Saizo il tuo riferimento al testo di Otake sensei è stato appropriato perchè credo che molte considerazioni odierne sulla utilità di una maggior spaziatura tra le mani nel tenouchi abbiano origine proprio dalla utorevolezza del Katori Shintō Ryū e dei suoi rappresentanti. Innanzitutto propongo due video http://www.youtube.com/watch?v=LItdqWDK5E8 (sposto il video nel successivo post perchè richiesto dall'editor) Il primo vede in azione Nakayama Hakudō sensei, forse uno dei maggiori esperti di iaidō (e non solo) nelle epoche Taishō e Shōwa. Non è difficile notare come tutti i kirioroshi (makkō o kesa) siano effettuati con le mani ravvicinate. Nel secondo video una ragazzina delle scuole elementari, in una gara di tameshigiri, taglia con le mani ravvicinate. Ora provo a modificare la domanda: quali sono i vantaggi che derivano da una impugnatura a mani distanziate? Se fosse solo per l'effetto leva avrei qualche dubbio perchè nella meccanica del movimento le mani avrebbero due modi di lavorare: 1. una tira, l'altra spinge intorno ad un punto fisso che può essere situato nel mezzo della tsuka, oppure 2. una svolge il ruolo di perno mentre l'altra tira/spinge per eseguire il taglio. In entrambi i casi, due modi non riscontrabili nei video postati. Nel periodo in cui studiavo Katori Shintō mi veniva detto che la mano sinistra copriva lo tsukagashira (e quindi le mani erano distanziate) per effettuare più facilmente colpi di tsuki, con la mano sinistra che spinge la tsuka; esistono altre motivazioni oltre questa e quella riportata da Otake sensei?
  4. In attesa dell'intervento di Sandro, ritengo che non sia il caso di estendere a tutte le koryu quanto è affermato da Otake sensei, comunque parere rispettabilissimo. E' chiaro che ciò che lui ha scritto è sicuramente valido nel Katori Shinto Ryu ed ha un certo senso logico, anche se l'effetto "leva" valido per le due mani come potrebbe essere applicato ad i tagli con una sola mano, tipica dello iai? Detto questo, come dalla immagine seguente tratta da un densho Katayama, il tenouchi poteva era diverso e non ne farei un valore assoluto se non nell'uso strategico del momento. Sempre nella Katayama, a volte si invertivano le mani ponendo la sinistra sotto la tsuba. Altro non dirò, neanche sotto tortura ....
  5. Ringrazio Sandro per aver evidenziato alcuni aspetti fondamentali della questione, aspetti che condivido in pieno. Omettendo le altre parti del post - che tuttavia approvo completamente - ne ho estratto i più significativi. Aggiungo solo due sintetiche considerazioni. In diverse Ryū la consapevolezza di integrare la parte tecnica con una definibile etica in senso lato nella formazione completa dei vari adepti, specie se destinati a rivestire ruoli sociali (di clan) elevati, ha portato i vari capiscuola del tempo ad attingere alle fonti più varie, sulla base delle proprie predisposizioni o disponibilità: Zen, Buddismo Shingon (o di altre linee), Confucianesimo, Taoismo, ecc. molto spesso in una forma di sincretisco tipico della cultura giapponese. Nell'epoca Meiji, la necessità di creare un modello unificante che vedesse nell'Imperatore il collante sociale della "nuova" Nazione, ha utilizzato la figura del Samurai come "esemplare" del bravo giapponese, ricostruendone spesso un'epopea fatta di coraggio, lealtà, spirito indomito, ecc. Diciamo che questa immagine è giunta a noi nel secondo dopo guerra con il Gendai Budō, ma non dimentichiamo che le prime "vittime" sono stati proprio i Giapponesi i quali, tranne che in alcuni casi di ricerca critica e storica, ancora ne sono imbevuti.
  6. Grazie mille per i tuoi auguri, Sandro. In passato sono sempre stati di buon auspicio.
  7. scusate per la dimensione dell'immagine...ma non sono molto pratico :-( Sono previsti altri appuntamenti in Italia, sempre nel mese di Ottobre: * 13-14 a Milano (Andrea Re) * 20-21 a Roma (Maurizio Germano) * 27-28 a Trieste (Luisa Raini, da confermare).
  8. Sperando di fare cosa gradita aggiungo altre informazioni storiche tratte dal nr.12/1997 della rivista giapponese "Hiden Budō & Bujutsu" che ha pubblicato un interessante articolo a firma di Kenji Shimazu (caposcuola della Yagyu Shingan Ryu), del quale viene riportata una sintesi: Katayama Hōki no Kami, dopo aver studiato in profondità il jūjutsu del Kashima Shindō Ryū ed aver rielaborato in seguito un nuovo schema, cambiò il nome Katayama Shindō Ryū in Eishin Ryū ed aprì un dōjō ad Edo. Nella società del tempo l’Eishin Ryū era ben noto come il Torite jūjutsu di Kashima, ma questa arte era stata trasmessa solamente ad un numero limitato di persone. Da Edo la scuola fu portata nella regione del Tōhoku ad opera di un personaggio, Takahashi Izumi Masayoshi (Shōken) Ryūsai, del quale non si conoscono molti particolari della vita, frutto di una sorta di segretezza che ha circondato la sua esistenza. Secondo una tradizione orale Takahashi Ryūsai si era nascosto nel feudo Date (nel Sendai); quando due ufficiali del Bakufu da Edo andarono a cercarlo, tutte le persone di quella terra si rifiutarono di collaborare e di fornire informazioni utili a svelare il suo nascondiglio. Gli ufficiali, fallito il loro tentativo, abbandonarono le ricerche e tornarono ad Edo. Takahashi Ryūsai in quella occasione provò un sentimento di gratitudine, modificò il proprio nome ed insegnò alla popolazione locale il bujutsu sotto forma di autodifesa (goshinjutsu). In base a questa storia, la popolazione locale di Wakuya (Miyagi-ken) continuò a mantenere uno stretto riserbo sulla storia personale del loro maestro e neanche si hanno informazioni sull’attività degli allievi. Ma perchè ufficiali del Bakufu andarono a cercare Takahashi Ryūsai e perchè la gente del posto lo protesse? A questi legittimi interrogativi è possibile fornire alcune risposte. Sulla base di racconti di alcuni ronin di Mito, i Mito Rōshi, sembra che Takahashi Ryūsai sia stato coinvolto negli avvenimenti noti come Sakuradamongai no hen, che portarono all’assassinio del Tairō (Primo Ministro) Ii Naosuke, difronte la porta Sakurada del Castello di Edo, nel marzo 1860. Takahashi Ryūsai, stimato per la sua abilità, collaborò all’assassinio del Tairō, portò a termine i suoi obblighi e dopo scappò nella regione del Tōhoku, ove si nascose nel tempio Kokei-ji nel villaggio di Semine, prefettura Miyagi. Lì entrò nel Buddismo, divenne un monaco e si dice che si adoperò con zelo al servizio di preghiera per le anime. Un certo giorno, improvvisamente nella sperduta campagna del Tōhoku si presentarono due persone incaricate dal Bakufu di dare la caccia a coloro che erano stati coinvolti nell’assassinio del Tairō Ii. Ma, conosciuta la situazione, la popolazione locale continuò a tenere segreto il luogo ove era nascosto Takahashi Ryūsai. Inoltre, esistono ancora documenti che chiariscono le connessioni tra Takahashi Ryūsai ed il villaggio di Semine, conservati dalla antica famiglia locale Sakamoto. Questi documenti, scritti direttamente da Takahashi Ryūsai, sono datati 4° mese del 3° anno Ansei, ovvero Aprile 1856, di quattro anni antecedenti gli avvenimenti del Sakuradamongai no hen, prima menzionati. La tradizione orale narra delle giudiziose soluzioni che Takahashi Ryūsai forniva nelle numerose circostanze in cui veniva consultato per risolvere difficili questioni e problemi vari della popolazione. Pertanto, in base a questi densho, prima che fossero avvenuti i fatti citati, tra Takahashi Ryūsai e la gente di Semine si era creato da lungo tempo un profondo legame di fiducia. E' comprensibile, quindi, la riservatezza della popolazione e lo scrupolo nel proteggere una persona stimata e fidata, tanto che, al fine di aumentarne la sicurezza, Takahashi Ryūsai venne trasferito dal Kokei-ji al tempio Zenkoku-ji di Wakuya che si trova nella città di Monougunkanan-chō, prefettura di Miyagi. Anche la gente di Wakuya mostrò la stessa collaborazione e premura nel mantenere segreto il nascondiglio. Takahashi Ryūsai, provando un sentimento di gratitudine per la protezione ricevuta, cambiò completamente il nome Eishin Ryū che si era diffuso a Edo in Umemoto Ryū. Il jūjutsu Katayama Shindō Ryū di Katayama Hōki no Kami, che aveva avuto una modificazione nella denominazione, da Takahashi Ryūsai venne insegnato ad Iwai Yūsai Katsuaki. Iwai Yūsai, ricevuto il titolo di kaiden, apportò alcune innovazioni allo schema originale. Ma preoccupato di non creare problemi al suo maestro, cambiò nuovamente il nome della scuola in Tenjin Myōshin Ryū e lo trasmise alla gente dell’area di Wakuya.
  9. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    Il titolo in giapponese è il seguente 片山流神亀蛇秘伝 che in base ai furigana del densho viene letto "Katayama Ryū kōkahi hiden"
  10. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    a GTO il densho contiene complessivamente 24 immagini/tecniche; per bloccare un avversario oltre/insieme al sageo si usavano altri due aggeggi.
  11. Foto molto bella, grazie!
  12. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    ...sembra di si ... effettivamente la resistenza delle parti sollecitate deve essere notevole
  13. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    ... ed ecco le immagini Katayama belle, no?
  14. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    alla tua domanda rispondo: che io sappia no, anche se esiste un kata ( 闇之坐捜 yami no ya sagari del gruppo Gokui) nel quale viene usato il sageo così kata inchuken 陰中剣 della scuola Shojitsu Kenrigata Ichiryu, derivata in qualche modo dalla Katayama Ryu; anzi il kata è quasi identico: il kojiri scandaglia lo spazio nel buio, se urta qualcosa si taglia immediatamente.
  15. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    Anche nella Katayama Ryu il sageo veniva usato per "legare" l'avversario, rimanendo allacciato al kurigata. Appena capito come funziona, inserirò un'immagine estratta dal densho relativo. Sarà divertente ....
  16. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    Gli interventi di Shiken e GTO sono estremamente chiarificatori e ... tombali, se consideriamo alcune proposte odierne relative al ninjutsu. PS - .... e Sando, e Saizo.
  17. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    Anche questo video è stupendo; lo spirito generale delle tecniche mi ricorda qualcosa :). Grazie Beno,
  18. isononami

    Yagyu Shingan-ryu

    Molto interessante!
  19. Piacere mio, Serpiko74. Ho capito la domanda. Dunque, nel seguente link un esponente della scuola Kage Ryu (il cui fondatore è stato un allievo di Katayama Hoki no Kami Fujiwara Hisayasu) si esibisce in alcuni tagli con il daisho. E' possibile vedere qualcosa. http://www.facebook.com/#!/video/video.php?v=109353475798843 Eravamo nel giardino interno del palazzo della famiglia Tachibana che per decenni ha governato il feudo Yanagawa, nel Kyushu. Spero sia interessante.
  20. Bella domanda! Per quanto è di mia esperienza, nei kumitachi si usa quasi sempre il daisho in legno, ma nulla vieta di eseguire i kata in coppia con lo iaito. Ho forti dubbi sull'uso di shinken, se non nella pratica individuale del kata. Almeno così avviene nll'Hoki/Katayama Ryu.
  21. Buonasera Leonardo, ricambio con piacere i saluti; la descrizione è molto chiara ed interessante e "visualizza" l'utilizzo del wakizashi con la mano sinistra. Nella Katayama Ryū esiste un kata di iai in coppia (tipo kumidachi) chiamato "Koe no nuki" nel quale l'attacco dell'avversario viene parato con il waki e la tsuka del katana incrociati, deviazione verso la propria sinistra e fendente circolare alla tempia sinistra dell'avversario con il waki nella mano destra. Sempre nella Katayama sono elencati 7 kata di nitō (omote, ura, henka) che ancora non conosco se non nelle denominazioni ed in brevi descrizioni. Tra tutte le koryū credo che il Tenshin Shoden Katori Shintō Ryū sia quella che ancora oggi contempli un uso del nitō (ryōtō) piuttosto approfondito. PS - colgo l'occasione per inviare un affettuoso saluto a Sandro, sempre gentile nei miei confronti.
  22. Buongiorno a tutti, ho letto solo adesso il topic e mi permetto di aggiungere alcune considerazioni sull'utilità di indossare, seppure occasionalmente, il wakizashi durante la pratica dello iaido. La mia convinzione scaturisce innanzitutto da una motivazione "storica" esemplificata banalmente in questi termini, per i quali vi chiedo comprensione : l'uso del katana nasce nell'ambiente professionale del samurai, il quale, per mestiere e per status, indossava anche il wakizashi. Perciò indossare oggi il daisho, seppure occasionalmente, aiuta a rivivere quel contesto nel quale le tecniche sono nate (peso, lavoro del corpo, interazione tra i due "attrezzi", ecc.). La seconda motivazione, IMHO non meno importante, è che nell'Hoki Ryu - scuola che studio - i movimenti di nukiuchi e noto sono comprensibili chiaramente solo se si pensa di avere il wakizashi nell'obi. Inoltre, nella scuola Katayama Ryu - dalla quale è derivata l'Hoki Ryu - l'uso del kodachi/wakizashi è previsto esplicitamente in molte tecniche comprese nei due mokuroku, di base e complementare. In conclusione, indosso spesso il daisho, sia nella pratica individuale che negli enbu, e lo consiglio agli allievi di Hoki/Katayama Ryu. Mi fa riflettere il fatto che in alcuni metodi/scuole di iaido il wakizashi possa snaturare le tecniche studiate.

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La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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