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sandro

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  1. sandro

    Saluti e complimenti!

    Benvenuto sul forum Andy
  2. sandro

    Il castello di Hirosaki

    Non credo che si tratti di un errore di superficialità o d’ignoranza, quanto piuttosto una precisa volontà di rispettare quella che era la prassi comune di tenere le spade all’interno di una dimora. Com’è oramai risaputo, un bushi poneva le proprie lame su di un katanakake adiacente alla parete. Egli si sedeva dando le spalle a questa parete. Supponiamo che un nemico facesse improvvisamente irruzione nella stanza; il bushi si sarebbe girato immediatamente sulla sua sinistra in modo da afferrare il saya con la mano sinistra e la tsuka con la mano destra. In questo modo sarebbe riuscito ad estrarre correttamente la spada (e magari anche a colpire l’assalitore). Tuttavia, nel caso la spada fosse stata posta sul katanakake nel modo in cui noi consideriamo corretto (e che lo è quando una spada è esposta in una mostra), il bushi sarebbe stato costretto a girarsi a destra, afferrare il fodero con la mano destra ed estrarre con la sinistra (cosa alla quale non era affatto abituato, tutte le scuole di scherma e estrazione vietavano la pratica alla “mancina”). La spada era innanzitutto considerata come un’arma da difesa che doveva essere pronta all’uso nel minor tempo possibile. Spero che il mio esempio sia stato di facile comprensione
  3. Grazie infinite Gisberto per questo articolo fantastico, ancora una volta completo sotto ogni punto di vista. Un caloroso ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato con te alla sua realizzazione
  4. sandro

    Il castello di Hirosaki

    Allora, la prima katana è una Ōshū Hirosaki Jū Sadayoshi, il tantō in Aikuchi Koshirae è uno Hirosaki Jū Sukemune, la naginata una Mutsu Daijō Tachibana Morimune e la tachi una Bizen no Kuni Jū Kagemitsu. Purtroppo queste erano le uniche informazioni riportate, mi dispiace non poter essere più esaustivo di così
  5. Ciao Genfiorello. Dovresti fare delle fotografie più dettagliate della lama, altrimenti risulta ostico dare un giudizio obbiettivo. A primo impatto sembrerebbe una guntō, di quelle prodotte parzialmente con metodo industriale durante la seconda guerra mondiale. Aspettiamo, comunque, foto migliori
  6. sandro

    Salve

    Benvenuto sul forum
  7. Molti dei presenti, inizialmente, credevano che gli arcieri in questione fossero dei kannushi. A quanto sembra quello è il loro abbigliamento quando tirano in posizione statica, per il cavallo hanno un equipaggiamento diverso. Concordo con te Matteo, e con Unryu, quando dite che kenjutsu e kendō non si completano più, soprattutto in occidente. Anche in Giappone è così, ma non sempre. Dipende dal tipo di scuola che si pratica. Ovviamente, tradizioni antiche come quelle di Kashima Shintō Ryū o Katori Shintō Ryū non prevedono affatto l'allenamento dello shinai kendō così come proibivano nella maniera più assoluta gli icontri tra le varie scuole (detti taryūjiai). La maggior parte delle scuole di Epoca Edo, al contrario, basavano su questa pratica metà dell'allamento, mentre l'altra metà era dedicata al kata kenjutsu. Ovviamente, lo shinai kendō al quale mi riferisco era molto diverso rispetto alla disciplina agonistica che siamo abituati a vedere oggigiorno. Venendo alla tua domanda, Paolo, posso dirti che ero l'unico occidentale presente ma mi sono sentito perfettamente a mio agio (tranne quando tutti hanno cantato l'inno nazionale giapponese ed io ero l'unico in silenzio ). Molti maestri di altre Scuole mi hanno rivolto gentilmente la parola chiedendomi da dove venissi. Il comitato organizzativo di Hirosaki è stato molto sorpreso di vedere un italiano alla dimostrazione, a quanto pare gli stranieri presenti nel nord del Giappone sono davvero pochissimi
  8. sandro

    Il castello di Hirosaki

    Sono contento che le foto vi piacciano. Il castello è davvero stupendo, soprattutto in questo periodo che si celebra il festival del momiji. Caro Teo, proverò ad informarmi per i semi di acero
  9. Sono gli arcieri della Ogasawara Ryū Kyūbajutsu, quindi una scuola di yabusame. Vengono dalla prefettura di Kanagawa. Per ragioni logistiche non hanno potuto portare i cavalli
  10. sandro

    Salve a tutti

    Benvenuto tra noi, è un piacere averti qui
  11. Grazie mille a tutti per i vostri commenti. E' per me una gran gioia apprendere con quanto interesse avete letto il mio intervento. Ho cercato di limitare al massimo le parole, anche perchè per quante ne scriva probabilmente non riuscirei a rendere le sensazioni che ho provato. Anche se sono certo che voi abbiate ben compreso il tipo di emozione al quale mi riferisco. Caro Musashi, grazie per avermi inviato a condividere ulteriormente questa mia esperienza. Nella sezioni "fiori di ciliegio" ho caricato le fotografie del castello di Hirosaki, sono certo che saranno di vostro gradimento. Una sola precisazione su un punto che, forse, non ho approfondito a dovere nel mio intervento iniziale: non considero affatto l'assenza di gare come un handicap nelle arti marziali tradizionali. Tuttavia, ritengo che anche il kendō possa essere vissuto senza praticatlo a livello agonistico. Sebbene viaggino su binari differenti, credo che kenjutsu e kendō si completino a vicenda. Così, perlomeno, è come mi viene insegnato e come cerco di viverlo
  12. sandro

    Il castello di Hirosaki

    In occasione della 35° edizione della dimostrazione di arti marziali tradizionali giapponesi, ho avuto la fortuna di visitare il castello di Hirosaki. Quest'anno ricorre il quattrocentesimo anno della costruzione. Ecco a voi alcune foto, spero vi piacciano
  13. Nel corso degli anni mi è stato domandato più volte per quale motivo avessi scelto di praticare le arti marziali tradizionali giapponesi, qual’era la ragione per cui mi dedicavo ad un qualcosa che apparentemente non poteva avere né un riscontro utilitaristico (riferendosi alla spada) né sportivo (kenjutsu e jūjutsu, a meno che non adattati al kendō ed al jūdō, non presentano gare). Quando ero un adolescente, mi bastava rispondere al suddetto interrogativo con un semplice “mi piace” oppure “è quello che facevano i samurai, voglio praticarlo anch’io”. Samurai: una parola che evocava un mondo totalmente estraneo al mio, che non conoscevo affatto, ma che suscitava emozioni difficili da esprimere a parole. Da sempre sono stato appassionato di cavalieri, spade, duelli, fortezze, assedi e quant’altro: qualsiasi elemento che evocasse epicità catturava all’istante il mio interesse. L’essere umano, per sua natura intrinseca, prova piacere nell’immedesimarsi in quelle figure che basano la loro esistenza sull’eroismo ed il coraggio. Il bushi, l’uomo d’arme per eccellenza, fin troppo bene si presta alle fantasticherie di coloro che vivono in epoca moderna a migliaia di chilometri dal Giappone. Ciò ha indubbiamente alimentato molte false credenze in merito ai guerrieri del sol levante, molto spesso divinizzati sia dal cinema che dalla cultura popolare giapponese (manga ed anime in primis tra tutti). Mi trovavo in forte difficoltà quando a porre la domanda di partenza “perché lo fai?” non erano gli amici ma persone che per le più svariate ragioni conoscevano bene il Giappone. A loro non era sufficiente fornire risposte simili a quelle cui accennavo prima. Fu proprio la sete di conoscenza che mi spinse ad intraprendere determinati studi che poi sarebbero sfociati, qualche anno più tardi, nel percorso universitario che mi ha accompagnato per sei anni. A quindici anni amavo il Giappone alla follia senza sapere pressoché nulla su di esso, né tantomeno senza esserci mai stato. Non ero che un semplice appassionato. Oggi mi prendo la libertà di dire di essere un buon studioso, che dopo un anno e mezzo di permanenza in questo paese è molto meno innamorato di quanto non lo fosse in partenza. Lo studio della cultura di un popolo comporta, inevitabilmente, la scoperta di quei pregi e difetti che lo caratterizzano. Per quel che mi riguarda, posso comunque affermare che i pregi superano di gran lunga i difetti, il che mi rende felice di vivere qui. Quella che con il passare del tempo è rimasta inalterata è stata la passione per il budō, cresciuta a dismisura man mano che prendevo coscienza di quello che stavo facendo. Da qualche anno a questa parte sono orgoglioso di poter dire di praticare le arti marziali tradizionali perché così facendo contribuisco, anche se in minima parte come singolo individuo, alla tutela di un patrimonio culturale riconosciuto a livello mondiale. La mia scelta di vivere in Giappone è dovuta esattamente al fatto di voler portare a termine quello che ho cominciato tanto tempo fa. Oggi comprendo ulteriormente la ragione per la quale ci si addestra continuamente: per essere preparati a giorni come quello che ho avuto la fortuna di aver vissuto ieri, il 6 Novembre 2011, giorno in cui si è tenuta la trentacinquesima edizione del Nihon Kobudō Enbu Taikai nel budōkan della città di Hirosaki, nella prefettura di Aomori. Qui erano riunite trentacinque scuole di arti marziali tradizionali venute da ogni parte dell’arcipelago, compresa Okinawa. L’evento è stato particolarmente significativo sia perché quest’anno ricorre il quattrocentesimo anno della costruzione del castello di Hirosaki, sia perché attraverso lo spirito di sacrificio proprio delle arti marziali il nord del Giappone sta riuscendo pian piano a riprendersi dall’immane tragedia dell’11 Marzo. L’aver preso parte ad un simile evento è stato qualcosa di meraviglioso, un ricordo che porterò con me per tutta la vita: non potrò mai ringraziare abbastanza il mio maestro, caposcuola della Tennen Rishin Ryū kenjutsu, per avermi permesso di partecipare. Siamo partiti da Tōkyō il sabato mattina e sin da subito ho cominciato a percepire l’atmosfera che si sarebbe creata da lì in avanti. Sul nostro stesso treno era presente la rappresentanza della Kashima Shintō Ryū kenjutsu, una delle più antiche scuole di scherma. Arrivati ad Hirosaki abbiamo visitato il castello nel pomeriggio, mentre alle sei di sera abbiamo preso parte al ricevimento ufficiale che i vari enti promotori dell’evento avevano organizzato. C’erano anche membri del governo, rappresentanti del ministero della cultura e dello sport. Dopo i vari discorsi formali da parte delle autorità siamo stati chiamati a turno sul palco in modo da poterci presentare a tutti gli invitati. La serata è terminata con esibizioni di shamisen tenute da ragazzi giovanissimi (c’erano anche alcuni bambini delle elementari), che attraverso la musica hanno trasmesso la loro passione per uno strumento tipico di quella terra. La mattina seguente ci siamo ritrovati tutti quanti al budōkan di Aomori, un luogo meraviglioso in cui ogni praticante di arti marziali avrebbe il desiderio di praticare. E’ una costruzione recentissima dove persone di tutte le età si allenano nel kendō, nello iaidō, nel jūdō e nel kyūdō. La sala in cui si è tenuta la dimostrazione è immensa, tanto che può ospitare cinquemila spettatori. Prima dell’inizio dell’evento tutte le scuole sono state fatte accomodare negli attigui dōjō di jūdō, in modo che ognuno potesse cambiarsi in tutta libertà (considerando che vi erano scuole di combattimento con lo yoroi che necessitavano di molto spazio per la vestizione). Nei dōjō di kendō ci si poteva esercitare e riscaldarsi in attesa del proprio turno. Ad ogni scuola erano concessi otto minuti per dimostrare le proprie tecniche. Ho assistito ad enbu eccellenti da parte di ognuno degli oltre duecento praticanti coinvolti nella manifestazione. Sono certo che tutti abbiano dato il massimo, così come credo di aver fatto io. Il maestro è rimasto molto soddisfatto, cosa che mi ha riempito di orgoglio e che mi spronerà a fare sempre meglio. Una notizia che mi ha reso particolarmente felice è stata di sapere che da Aprile 2012 il budō tornerà ad essere materia d’indirizzo nelle scuole medie giapponesi. Hanno preso parte alla 35° edizione del Nihon Kobudō Enbu Taikai, nell’ordine qui riportato, le seguenti scuole: Ogasawara Ryū Kyūbajutsu, Sekiguchi Ryū Battōjutsu, Nitō Shinkage Ryū Kusarigamajutsu, Shojitsukenri Kataichi Ryū Kenjutsu, Okinawa Gōjū Ryū Bujutsu, Kanshin Ryū Iaijutsu, Tendō Ryū Naginatajutsu, Noda Ha Niten Ichi Ryū Kenjutsu, Shibukawa Ryū Jūjutsu, Unkō Ryū Kenjutsu, Hōzōin Ryū Takada Ha Sōjutsu, Kanemaki Ryū Battōjutsu, Shingetsu Musō Yanagi Ryū Jūjutsu, Enshin Ryū Iai Suemonogiri Kenpō, Shindō Musō Ryū Jōjutsu, Wadō Ryū Jūjutsu Kenpō, Kashima Shintō Ryū Kenjutsu, Daitō Ryū Aikijujutsu, Owari Kan Ryū Sōjutsu, Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū Kenjutsu, Tenjin Shin’yō Ryū Jūjutsu, Shindō Munen Ryū Kenjutsu, Araki Ryū Kenpō, Tennen Rishin Ryū Kenjutsu, Kingai Ryū Karate Okinawa Kobujutsu, Yagyū Shingan Ryū Taijutsu, Mizoguchi Ha Ittō Ryū Kenjutsu, Shoshō Ryū Yawara, Yagyū Shingan Ryū Kacchū Heihō, Ono Ha Ittō Ryū Kenjutsu, Tōda Ryū Bōjutsu, Tōda Ryū Kenjutsu, Hachinohe Handen Shintō Munen Ryū Iai, Bokuden Ryū Kenjutsu e Yō Ryū Hōjutsu. Perdonatemi se mi sono dilungato oltre il dovuto
  14. Si Togishi, sono sempre qui
  15. Scusami Matteo, vedo solo ora la tua domanda. Allora, la lama è stata donata allo Ōyama Afurijinja (nella città di Isehara nella prefettura di Kanagawa) in occasione del trentesimo anniversario della fondazione della Associazione Iaidō di Kamakura. Lo Ōyama si trova nel parco nazionale di Tanzan Ōyama, nell’estremo sud della catena montuosa che parte dal Monte Fuji e prosegue per i picchi di Sagami. Visti dalla città di Edo, questi due monti avevano la stessa altezza e dalla baia di Sagami lo Ōyama svettava sopra tutti gli altri monti. Sembra che il nome Afuri venne dato al tempio solamente durante l’epoca Meiji. L’articolo non dice granché purtroppo, i nome di partecipanti sono quelli che possiamo vedere sulla spada
  16. Ci mancherebbe altro, per così poco! Vi ringrazio per i complimenti, ma non ho fatto davvero nulla di che. Si tratta solo di abitudine e di schemi mentali associativi. Per rispondere alla tua domanda, Jan, posso dirti che le mei in sōsho (stile corsivo, letteralmente "scrittura ad erba") si trovano in maniera abbastanza comune tra le gendaitō e le guntō. Per quel che mi riguarda, infatti, sono proprio le firme presenti su quest'ultime che molte volte mi hanno dato filo da torcere
  17. sandro

    Enbu al Saikōji

    Grazie a te Leonardo per le parole di apprezzamento
  18. Ciao Jan, la firma si legge Kanetaka 兼髙 e risulta molto complessa da identificare perchè è incisa in sōsho. Mi auguro di esserti stato utile
  19. sandro

    Salve!

    Benvenuto tra noi
  20. sandro

    Salve a tutti

    Benvenuto sul forum
  21. Di nulla Diego, è un piacere
  22. Ciao Diego, quella in questione è una "lama votiva", ossia un oggetto che è stato donato ad un tempio in occasione di una ricorrenza particolare. Ad indicarcelo sono i due ideogrammi incisi sul bōshi 奉納 (hōnō, che letteralmente potremmo tradurre come "dono, offerta"). Quelli che vedi sotto sono i nomi di tutti i vari renshi, kyōshi ed hanshi (7°, 8° e 9° dan) di Iaidō che hanno contribuito alle spese necessarie per la realizzazione della stessa. In epoca Edo era prassi comune tra le scuole di arti marziali creare una tavola votiva in legno (chiamata hōnōgaku) sopra la quale venivano scritti, la maggior parte delle volte in ordine di grado (come possiamo vedere anche su questa lama), i nomi degli allievi per poi donarla ad un tempio come buon auspicio. Molte di queste tavole, sebbene sbiadite nei colori a causa degli anni, è ancora possibile vederle all'interno dei complessi che le hanno sempre ospitate
  23. sandro

    oss

    Benvenuto sul forum Francesco
  24. sandro

    Enbu al Saikōji

    Grazie a tutti voi per i gentili commenti, è davvero un piacere parlare di queste cose ad altri appassionati

Chi è I.N.T.K.

La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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"Una singola freccia si rompe facilmente, ma non dieci frecce tenute assieme."

(proverbio popolare giapponese)

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