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Francesco Marinelli

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Contenuti inseriti da Francesco Marinelli

  1. Simone ci posso provare io Ci pensavo appunto ieri sera alla possibilità di tradurlo e pubblicarlo sul furum, come hai detto te, ha dei contenuti veramente illuminanti!
  2. Ringrazio Simone per l'interessante discussione postata! Da esso ho estrapolato questa pagina: http://www.bushidojapaneseswords.com/polishing_cleaning.pdf Vi consiglio veramente a tutti un'attenta lettura!!! Cito un passaggio conclusivo alquanto divertente: "In conclusion: alcohol isn't only a beautiful thing when certain fermented drinks contain it, it sometimes even can do small wonders on swords."
  3. Ciao Daniele, prova a cercare sul web " TAKAHASHI guri-bori style tsuba ", penso che tu possa trovare ulteriori info per continuare la tua ricerca!
  4. Lo so che c'è una grande varietà di nogui, questa è proprio dovuta ad una grande varietà e tipologia di lame! Ad esempio il Kinpun, sospensione di polvere d'oro, sopra citato, viene usato attualmente sulle vecchie vecchie lame! Mi dispiace Mauri ma su quel sito non c'è quel materiale!
  5. Eheheh ragazzi oggi pomeriggio sono stato a casa di Massimo, mi ha spiegato qual'è tale "materiale" e devo ammettere che ha una storia alquanto vecchia e simpatica! Mi dispiace GianC.B. ma sei fuoristrada
  6. Ti ringrazio per l'info che dona una colorazione" blu" alla parte più temperata, questa proprio non la sapevo. Dalla tua risposta "O rosso di Cinabro", sembrava che l'ossido di ferro e questo, fossero il medesimo minerale. Comunque confermo la presenza in Italia, ne ho trovato in toscana!
  7. Più precisamente quella della tua foto è l' Ossido ferrico Fe(III), (Fe2O3). Mentre la magnetite è l' Fe3O4, Ossido ferroso-ferrico (ossido del ferro (III) e (II)), Fe2+(Fe3+O2)2. Poi scusa Mauri ma il rosso di Cinabro non è solfuro di mercurio?
  8. Credo che il nugui per il sashikomi potesse consistere in una sospensione di minerali finemente triturati, come quella di calcare (tsushima), minerali di ferro (kujaku), oppure appunto quella di magnetite, in olio di choji. Mi trovo di concordare con quello sopra postato da Mauri, infatti (lo conferma anche il nome della foto) è ossido di ferro.
  9. Concordo appieno anch'io quanto sopra detto da Renato ed Andrea, non bisogna solo soffermarci sull'apparenza delle cose, od avere il paraocchi, bisogna ricercare le vere motivazioni che li hanno spinti a fare ciò e poterli dare merito per ciò che sono riusciti a fare!
  10. Capisco perfettamente lo stupore e scusatemi se le ho volute postare, ma le ritengo utili per capire meglio il concetto che ha espresso Mauri. Per quello che ho capito è "definibile" artista colui che crea qualcosa di nuovo, innovativo o comunque diverso, ma utilizzando sempre i materiali e tecniche tradizionali di partenza, mentre possiamo dire che nell'artigianato riscontriamo una serialità (come nelle O-Seppa sopra postate) che nell'arte non è riscontrabile. L'abilità di questi artisti/artigiani attuali è senza dubbio molto elevata, diciamo che non sono molto "tradizionalisti" ma più un "progressisti"; io non sono certo in grado di dire se in qualche passaggio abbiano usato il laser (anche se effettivamente sarebbe stato decisamente coerente con il Koshirae! ), ma certamente hanno ottenuto un risultato di alto livello tecnico! Questi, come i loro predecessori centinaia di anni, costruisco su commissione, e spesso chi acquista "segue la moda del momento", ci sono certamente dei canoni di bellezza, ma il gusto è una cosa decisamente soggettiva, e se il richiedente, privato o mostra che sia, ha deciso così, come si dice dalle mie parti "contento lui, contenti tutti"! Per quello che mi riguarda, la loro, è una scelta decisamente particolare, che puo' non piacere, ma la riterrei, da perfetto ignorante in materia, un' opera d'arte contemporanea! In quanto sono stati utilizzati materiali e tecniche tradizionali (anche se possono essere state utilizzate nuove tecnologie per diminuire i tempi di produzione, e non sarebbero certo gli unici.......), ma per fare qualcosa di nuovo!
  11. Mauri mi trovi perfettamente d'accordo su quello che hai appena detto! Anche se bisogna ammettere, che questi sono dei veri e propri professionisti del mestiere, e che in alcuni casi, il limite tra semplice artigianato ed opera d'arte è veramente sottile. A tal proposito, vi propongo di guardare queste lame con il suo relativo koshirae, se così possiamo definirlo... (sperando di non andare in offtopic) di alcuni artigiani non proprio tradizionalisti... Queste non sono certo copie di altre opere d'arte, me bensì è stato preso spunto, vedi horimono della prima, e "koshirae" della seconda, da alcuni manga in voga in tutto il mondo, che ne pensate a tale tema?
  12. Per mettere altra legna sul fuoco vi posto un'immagine in allegato. Che ne pensate di questo "work in progress" di O-seppa e tsuba? E' un lavoro realizzato da un artigiano, attuale, giapponese, Mr. Hisashi Katayama (credo: 片山恒) Da questo sito ho tratto delle info su lui: http://www.city.seto...isetu/index.htm "Hisashi Katayama (jutsune) It was born in 1972 Okuyama City house from Hyogo We are a graduate from Hibarigaoka Senior High School in 1991 1992 Ground Self-Defense Force enlistment 2001 Ground Self-Defense Force discharge from military service We study under sword blade sculpture Yanagi-mura Senju in 2004" Dato ciò, secondo voi, è da considerarsi un'artista o un artigiano?
  13. Ma figurati Massimo nessun problema! Lo avevo immaginato
  14. Grazie mille per l'apprezzamento ma il merito va ai miei insegnati del Dojo che mi hanno fornito informazioni! Anche perchè, sia sul web (anche wikipedia per citarne una...) che sui libri, ho sempre letto molto poco a riguardo! Approfitto anche per postare il link, con alcune foto e brevissime descrizioni del Kagamibiraki che si è celebrato Sabato scorso nel mio Dojo. [ http://freebudo.wordpress.com/2013/01/16/kagamibiraki-2013/ ]
  15. Francesco Marinelli

    Tsuba Higo

    Ciao Lorenzo, alla prima tsuba è stata attribuita quella datazione dal venditore stesso (non so se avesse qualche certificato), che tra l'altro è anche l'artigiano che ha fatto il set, o meglio sono due fratelli venditori/artigiani di Kumamoto appunto... Ti passo poche altre info in mp
  16. Francesco Marinelli

    4960simo post

    Ben tornato Lorenzo!
  17. Il daidai è veramente un frutto alquanto atipico e molto affascinante per quello che mi riguarda! Sarei curioso di poterlo assaggiare... Sisi infatti Matteo, dato cio', li ho dato una motivazione sul perchè della sua importanza nella simbologia shinto appunto!
  18. Francesco Marinelli

    Kagamibiraki

    Kagamibiraki 鏡開き "Schiudersi al nuovo anno" Kagami significa specchio ed hiraki (biraki) significa apertura, con il senso anche di svelare, venir fuori; lo specchio sta a significare la nostra vera natura. Il nostro auspicio è che ogni anno, il nostro sè riflesso si avvicini sempre di più alla nostra originale natura. Kagamibiraki è una celebrazione tradizionale che risale al 15esimo secolo, adottata nel 1884 dal Maestro Kano Jigoro, che ne istituì la celebrazione nel Dojo del Kodokan di Tokyo. Si tiene all' inizio dell' anno, e per l'occasione viene preparato il cosiddetto Kagami Mochi, riso glutinoso pestato e lavorato in forma rotonda, a ricordare la forma di uno specchio. Le decorazioni fatte con il Kagami Mochi risalgano al periodo Nara (710-784), ma la forma odierna risale al periodo Muromachi (1333-1573). Vengono disposti due Mochi, uno più grande sotto ed uno più piccolo sopra, a simbolizzare l'abbondanza. Queste forme di riso saranno spezzate nel giorno del Kagamibiraki. Le forme di riso spezzato simboleggiano l'apertura dello specchio. Poichè all'interno del Kagami Mochi dimorano i Toshigami (divinità che vengono a far visita il nuovo anno) il Mochi non sarà mai tagliato con il coltello. Sopra il Kagami Mochi viene posizionato un arancio amaro detto Daidai (橙). Recentemente viene usato un mandarino, ma il daidai è un agrume un po' diverso. Il suono daidai significa anche "di generazione in generazione". E non è solo il gioco di parole; il daidai può rimanere sull'albero senza cadere anche per 5 anni mutando i suoi colori da verde ad arancio nelle stagioni. E' simbolo quindi di continuità. Fra il machi ed il daidai si trova uno spiedino con dei kaki essiccati ed infilati, kushigaki (串柿). L'albero dei kaki è simbolo di longevità. Vengono infilati 2 kaki, poi viene lasciato un po' di spazio ed infilati 6 kaki, e dopo aver lasciato un po' di spazio ancora altri 2 kaki vengono infilati, per rispettare il detto "Soto ha niko niko naka ha mutsumajiku" (外はにこにこ仲むつまじく) che significa "fuori il sorriso e dentro l'armonia", ma che puo' anche essere letto come fuori 2 ed all'interno 6. In antichità, il Kagami Mochi era molto più semplice e veniva fatto con il Mochi, che rappresenta appunto lo specchio, daidai che rappresenta il gioiello e kushigaki la spada, i tre tesori sacri. Le due forme di Mochi e il daidai sono solitamente appoggiati su un vassoio detto Sanbou (三方), in genere utilizzato per le offerte alle divinità od a personalità di cui si ha grande considerazione. Ha forma quadrata, ma è forato in tre lati (da questo il nome sabou, che significa tre direzioni). Sopra il vassoio viene messa una carta detta Shihoubeni (四方紅). E' la carta che si usa per le offerte, è di colore cremisi ed è piegata nelle quattro direzioni a richiesta di salute e prosperità. Scende davanti al Kagami Mochi la carta piegata a forma di saetta, che si chiama Gohei (御幣) quando è rossa e bianca e si chiama Shide quando è solo bianca. Si vede spesso scendere dagli Shimenawa (corde intrecciate) sulle porte dei templi. Simboleggiano le piantine di riso (ine), e sono usate come decorazione per chiedere un anno di buon raccolto. Il colore rosso del Gohei è come un amuleto contro gli spiriti maligni. Ougi (扇) è il ventaglio che si apre dietro al Kagami Mochi. Si chiama anche Suehiro. Sta a significare la richiesta di felicita eterna. Fra i due mochi, si trova Ushiroji, una felce sempreverde, precisamente si tratta di Gleichenia japonica. Ushiroji significa "bianco dietro", proprio perchè la felce è più chiara dietro. La felce è rappresentativa di un cuore puro, ed è la pianta che rappresenta la lunga vita. Le sue foglie nuove crescono senza perdere le vecchie. Per questo è considerata una pianta simbolo di prosperità. Poichè ha una forma simmetrica, uguale a sinistra ed a destra, è la foglia alla quale si chiede l'armonia di coppia. Anche il gambero rosso puo' essere utilizzato nella decorazione del Kagami Mochi. I gamberi rossi (Ise-ebi) sono simbolo di longevità (si dice infatti "vivere finchè i fianchi non si piegano come i gamberi"). Anche l'alga Konbu è presente, come in molte altre occasioni augurali. La parola Konbu deriva di YoroKOBU che significa essere felici. Infine, troviamo anche Yazuriha, foglie di un grande albero sempreverde, il Daphniphyllum macropodum, simile al rododendro. Il suo significato augurale sta nella particolarità del fatto che le sue foglie vecchie non cadono in autunno, ma candano in primavera solo dopo che le foglie giovani sono nate. Yuzuriha infatti significa "foglie che trasmettano la loro eredità". L'arrivo del nuovo anno è legato ad antiche credenze secondo le quali le divinità fanno visita per assicurare buoni rapporti durante l'anno. In preparazione della loro visita, la gente pulisce e decora le proprie case per accogliere nel miglior modo le divinità. Anche se oggi molti dei significati di queste osservanze sono dimenticati, molti dei rituali restano nella loro forma esteriore. Il simbolismo dello specchio, centrale nel Kagamibiraki, risale al mito della creazione del Giappone (insieme alla spada ed al gioiello). Lo specchio da la possibilità all'uomo di vedere la realtà così com'è. Alla spada sono state date qualità spirituali, tanto che esistono spade leggendarie, per esempio la Ama no Murakumo (天叢雲剣), letteralmente "Spada del Paradiso". Nel giorno del Kagamibiraki le armi venivano pulite e rese luccicanti, un metodo per chiarire i propri pensieri e fortificare la propria dedizione nell'anno nuovo. Le armi venivano messe vicino al Kagami Mochi (che veniva detto anche Gusokumochi, Mochi delle armi). Mangiare insieme il Mochi (ne esistono varie ricette) è un atto di comunione di intenti ed ha sempre rappresentato l'idea di rinnovo e buon auspicio, quasi come se con l'inizio dell'anno si rompesse la terra per prepararla alla semina. Un nuovo anno pieno di fresche possibilità, un inizio pulito, un'opportunità di dedizione.
  19. Grazie a tutti! I consigli li prendo veramente molto volentieri, ti mando un pm per quello Gianluca! Penso che per la parte mune , ed anche shinogi che infatti non sono riuscito a fare... potrebbe essere decisamente utile! Anche se la mia difficoltà più grande è stata nel piallare, per "sbozzare" ovalmente la parte del manico, spesso mi si ci "inceppava" e facevo delle tacchette nel legno, non so se mi spiego, che poi dopo ho dovuto riprendere a carta vetrata, ma non volendo assottigliare troppo gli spessori, in dei punti i piani non sono così perfetti! Comunque nel complesso sono più che soddisfatto di questa prima arma lunga realizzata.
  20. Ringrazio ancora Sashimi per tutte quelle importantissime informazioni, mi sono finalemente messo anch'io alla costruzione di una naginata! Per le varei misure ho avuto la fortuna di poter misurare, e di fare un vero e proprio carta modello, di una naginata in legno dei primi del '900, appartenuta ad una famosa famiglia samurai, presente nel dojo in cui pratico. Per costruirla ho usato un "tronco" di frassino, un tavolone con corteccia stagionato, che mi sono preventivamente fatto piallare all'altezza voluta, e fatte segare le due "linee" per il manico, per semplificarmi un po' il lavoro. Poi usando la mascherina ho segato, col seghetto alternativo, la parte della lama; a questo punto ho usato una pialla per "arrotondare" i lati... che macello ovalizzare il manico!!! E poi via di scartatrice per rendere tutto uniforme, creare una sorta di mune alla lama e ovviamente renderlo liscio! Per ultimare il tutto gli ho dato della cera naturale per mobili antichi, mi ci sono sempre trovato molto bene ed ha anche un ottimo odore, cosa che non disdice!
  21. Ciao Luca benvenuto in INTK!
  22. Ancora grazie Paolo per i chiarimenti ed a Ivan e Mauro per i complimenti Eheheh Mauro se sarai presente al prossimo incontro INTK, sarei felice di mostrartela!
  23. Grazie mille Paolo per tutte queste precisazioni! Una domanda forse stupida, ma il processo di elettrolisi, ha bisogno dell' ausilio dell'energia elettrica, già nel 19°sec. sapevano utilizzare gli artigiani tale tecnica? Poi tale processo che tu sappia, può essere applicato anche solo a dei dettagli dell'oggetto in esame? Io sapevo che doveva essere immerso tutto il pezzo in una cella elettrolitica, possibile? Grazie ancora per l'attenzione!

Chi è I.N.T.K.

La I.N.T.K. – Itaria Nihon Tōken Kyōkai (Associazione italiana per la Spada Giapponese) è stata fondata a Bologna nel 1990 con lo scopo di diffondere lo studio della Tōken e salvaguardarne il millenario patrimonio artistico-culturale, collaborando con i maggiori Musei d’Arte Orientale ed il collezionismo privato. La I.N.T.K. è accreditata presso l’Ambasciata Giapponese di Roma, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Japan Foundation in Roma, la N.B.T.H.K. di Tōkyō. Seminari, conferenze, visite guidate a musei e mostre, viaggi di studio in Europa e Giappone, consulenze, pubblicazioni, il bollettino trimestrale inviato gratuitamente ai Soci, sono le principali attività della I.N.T.K., apolitica e senza scopo di lucro.

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"Una singola freccia si rompe facilmente, ma non dieci frecce tenute assieme."

(proverbio popolare giapponese)

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